Quando tre anni fa ha varcato per la prima volta la soglia dell’Università di Palermo, forse qualcuno si è messo anche a ridere. All’epoca, Giuseppe Paternò, di primavere ne aveva 94, e chissà come deve essersi sentito, in un’aula popolata da ragazzi che da poco erano diventati maggiorenni.
Una vita trascorsa alle Ferrovie dello Stato e un grande sogno tenuto a lungo nel cassetto: laurearsi in storia, la materia che da sempre lo appassionava e che, in un certo senso, ha vissuto in prima persona. Paternò c’era quando Benito Mussolini governò l’Italia. C’era quando i fucili sparavano durante la Seconda Guerra Mondiale. C’era quando i partigiani e gli alleati liberarono il Paese, quando la Repubblica prese vita dal referendum, quando le lotte sociali tentarono di cambiare volto alla società.

In un triennio di studi ha rivissuto tappe importanti della sua intera esistenza, fino al momento conclusivo, quello della proclamazione. “Signor Paternò Giuseppe – annuncia il Rettore – la Commissione ha approvato il suo esame di laurea con la votazione di 110/110 e lode”. Un percorso accademico costellato da successi. Due sole, nell’intero percorso accademico, sono state le prove nelle quali è sceso sotto al 30 o al 30 e lode. 28 esami sostenuti e una media finale del 29,8. Numeri da capogiro. L’ultimo atto è una tesi sui luoghi della città. Luoghi storici, ovviamente, come il palazzo Steri, sede del Rettorato universitario.

Festeggia il traguardo record insieme ai due figli e ai quattro nipoti, senza alcuna intenzione di fermarsi. Quando gli viene chiesto se crede sia il momento di dedicarsi ad una laurea magistrale, si ferma un attimo. “Beh, ma poi arriverei a 99 anni – dice pensieroso – Ma sì dai, perché no?”. Invita poi i giovani a studiare, a seguire la propria passione e a non farsi demoralizzare dagli ostacoli che si incontrano durante il percorso. Lui, che il diploma lo ha preso a 31 anni perché in gioventù era stato costretto a lavorare per portare qualche soldo a casa, di complicazioni ne deve avere passate tante. Ma la voglia di raggiungere l’obiettivo si è dimostrata più forte della fatica. Ed oggi Giuseppe Paternò è finalmente Dottore.

Esce dall’università con il tocco sulla testa, vestito di un elegante abito blu e quasi aggrappato al braccio del Rettore. In mano ha un grande mazzo di fiori e saluta il pubblico composto da amici e familiari, che lo accolgono con un applauso fragoroso. “È un esempio straordinario per la nostra università”, commenta il Rettore. Ma Giuseppe Paternò, in realtà, è molto di più. È la prova che i limiti siano spesso soltanto mentali e che, con la giusta determinazione, anche un traguardo all’apparenza irraggiungibile possa diventare realtà.