Dal 15 gennaio 1993 Sergio De Caprio è il carabiniere più famoso d’Italia. Quel giorno, con il grado di Capitano ed insieme alla sua squadra investigativa CRIMOR – composta da agenti “straccioni” come lui stesso li definiva – arrestò il boss mafioso Totò Riina, latitante da 24 anni.
Non so quanti di voi, cari connazionali nati e cresciuti negli USA, conoscano Sergio De Caprio, ora Colonnello. Suppongo abbiate ricevuto informazioni filtrate e o manipolate dalla nostra stampa italiana e dal “potere corrotto” che questo Combattente ha sempre analizzato, mappato e colpito.
L’arresto del boss Riina gli ha dato sicuramente notorietà!
Su di lui sono stati scritti libri: il primo nel 1995 Ultimo, il Capitano che arrestò Totò Riina di Maurizio Torrealta e a maggio 2019 Pino Corrias ha pubblicato il suo libro intervista dal titolo Fermate il Capitano Ultimo! di cui cito un passaggio: “Com’è che per 23 anni nessuno è stato capace di catturare il re dei Corleonesi, mentre Ultimo, con i suoi uomini, ci è riuscito in sei mesi? Iniziò subito a girare la velenosa insinuazione che la cattura di Riina fosse il frutto di un accordo segreto[…]”
Hanno anche prodotto una saga televisiva dal 1998 al 2018, interpretata dall’attore italiano Raoul Bova, che ha amplificato esponenzialmente il mito dell’eroe.
Tuttavia il Colonnello De Caprio non si è mai fatto illusioni sul suo destino. Consapevole che i troppi onori portano sempre guai, ha subito le minacce dei cattivi, le invidie dei buoni e le velenose frustrazioni dei mediocri.
Dopo l’arresto di Totò Riina, non si sono fermate le sue indagini e per vent’anni ha fatto tremare i palazzi del potere. Fino a quando il potere si è vendicato accusandolo per screditarlo professionalmente e umanamente. Ma gli oppressori e i suoi nemici non si sono limitati a questo. Infatti, con l’unico scopo di indebolirlo ed isolarlo, per ben due volte hanno smembrato la sua squadra investigativa e gli hanno tolto la scorta!
Non c’è risarcimento possibile per ciò che ha subito.
È da 26 anni che nasconde il suo viso dietro un passamontagna per garantirsi l’invisibilità e poter fare i pedinamenti, condannandosi a una vita da braccato e a un’esistenza sempre in pericolo.
Eppure, anche adesso che per l’ennesima volta le istituzioni lo hanno abbandonato, il Capitano Ultimo continua a difendere i valori che per lui rappresentano, o meglio che dovrebbero rappresentare, le istituzioni stesse.
Continua Pino Corrias nel suo libro:
“Lo hanno accusato di avere inscenato la cattura di Riina, assecondando l’accordo tra Bernardo Provenzano e i carabinieri: il vecchio boss fuori controllo in cambio della tregua.
Lo hanno accusato di non avere perquisito la villa di Riina, dando il tempo ai mafiosi di ritirare e nascondere le sue carte.
Lo hanno accusato di avere partecipato alla trattativa Stato-mafia che ha garantito la sopravvivenza dei Corleonesi dopo le stragi.
Lo hanno accusato di avere una squadra di carabinieri a sua immagine e somiglianza che finisce per rendersi troppo autonoma rispetto alle alte gerarchie e alle procure.
Lo hanno accusato, al contrario, di essere uno strumento in mano a Henry John Woodcock, il pubblico ministero «che ha intercettato mezza Italia» con inchieste spericolate.
Lo hanno accusato per alcune delle sue indagini finite con l’assoluzione degli imputati dopo i tre gradi di giudizio, come se lui fosse il titolare del processo.
Lo hanno accusato di avere danneggiato gli affari di Finmeccanica e dunque dell’Italia, durante l’inchiesta che generò l’arresto del suo vertice.
Lo hanno accusato di avere attaccato la Lega di Bossi, Maroni e Salvini e di averla danneggiata con l’arresto del tesoriere Belsito e di essere troppo intrusivo nelle indagini.
Lo hanno accusato di avere attaccato il mondo delle cooperative, quando ha indagato sulla Cpl Concordia e di avere arrestato il suo presidente, assolto a Napoli, condannato a Modena.
Lo hanno accusato di avere complottato contro Matteo Renzi.
Lo hanno accusato di essere un carabiniere esagitato, esaltato, anzi un carabiniere eversivo.”
E lui, il Capitano Ultimo, si esprime molto chiaramente in merito: “Se arresti zingari e tossici va bene, di più no perché diventi un pericolo per le lobby e cominciano i guai. Ma quello che mi fa più male è la rappresaglia contro i miei uomini. Era già accaduto dopo Riina. Lo hanno rifatto vent’anni dopo.”
Il Colonnello, come tutti gli Uomini e le Donne che hanno scelto questa missione da combattenti sul campo, è sempre stato consapevole delle possibili conseguenze, soprattutto quelle scaturite dall’aver avuto successo lì dove altri non avevano o non volevano agire.
Il libro da lui stesso scritto Lotta anticrimine – Intelligence e azione più che un libro è una traccia, un riferimento per quelli che verranno e che avranno il privilegio di continuare una lotta che non deve finire!
Il Popolo italiano, i civili che lo sostengono, attuano la loro protesta contro lo Stato che, con il ritorno della sinistra al governo, gli ha tolto nuovamente la scorta.
Siamo persone comuni che, attraverso pacifiche affermazioni, manifestano il proprio sostegno e ringraziamento, non solo verso il Colonnello De Caprio ma anche verso coloro che, pur non essendo noti o conosciuti come lui, scelgono di sacrificare la propria esistenza per difenderci.
L’insegnamento più ammirevole del Capitano Ultimo è di aiutare i più deboli, motivo per il quale ha fondato un’associazione.
Il suo messaggio più forte è di non arrendersi al sopruso ed è per questo che è nostra intenzione far arrivare potente il messaggio agli oppressori che una voce civica e civile esiste e non abbassa lo sguardo, rassegnandosi.
Perché si chiama Ultimo? Concludo questo mio intervento facendo parlare direttamente lui, il nostro Capitano:
“Mi chiamo Ultimo perché sono cresciuto in un mondo dove tutti volevano essere primi. Detestavo quelli che a scuola si sedevano al primo banco per mettersi in mostra. E detesto quelli che hanno continuato a farlo nella vita.”
#iostoconcapitanoultimo