Dopo il primo scambio di appartamento, c’è stato il secondo. Poi il terzo. Adesso Mary Ann è in Italia, a casa mia, e io sono qui con lei. Mary Ann si è iscritta in una scuola perché vuole imparare la lingua che porta nel cuore, la lingua dei suoi nonni. Il suo tablet è pieno di immagini che ritraggono i suoi parenti: avi di Collesano, Cefalù, e della costa campana. A Milano trova una piccola New York dice, dove i milanesi si vedono poco, anche se ci sono, e la gente del sud Italia è dappertutto. Nella classe della sua scuola milanese ci sono ancora russi, argentini, cinesi, iraniani e indiani. Hanno tutti lo stesso programma: trasferirsi in Italia.
Trovo nei newyorkesi, almeno in quelli che ho incontrato, una forma di pragmatismo che si confonde con un certo idealismo, ma anche con la continua ricerca di una filosofia personale: anche Mary Ann, che ha i piedi ben piantati a terra, ha trovato la sua personale strada verso la felicità e, la sua passeggiata liberata in Italia, è diventata la sua filosofia.
Da New York a Milano, poi Stresa, Bergamo alta con la sua eleganza romanica e barocca, e il lago d’Orta con la sua isoletta silenziosa e dolcissima.

Io, da Milano a New York, da New York ad Hampton Bay, a circa un’ora da New York, dove l’amica americana ama nuotare, da New York a San Antonio in Texas per vedere le differenze di vita, opinioni, aperture e chiusure, e ancora da New York ai laghi del Connecticut.
Quel pragmatismo, commisto all’idealismo, si mischia ancora all’eleganza. La passeggiata della mia ospite, adesso amica, si libera tra i mercatini dei Navigli milanesi, borse vintage di Coco Chanel e cappellini di paglietta di Dior.
Anche le mie camminate, a volte, diventano passi semplici tra cose e cosucce materiali, camminate femminili tra banchetti vanitosi di chincaglierie e occhiali anni Settanta trovati nei Thrift shop di Park Slope, a Brokklyn.
– Milano seduce – dice ancora Mary Ann.
– New York seduce – dico io.
Da dove viene questa seduzione? Arriva dalla leggerezza che si acquisisce camminando liberamente, quella stessa leggerezza che diventa dono, che permea l’asfalto delle città rendendolo chiaro, purifica l’aria e il cielo, si confonde con la pioggia ininterrotta rendendola lieve.
Un luogo, forse, non è più seducente di un altro, lo si vede come luogo ideale quando quello diventa spazio di libertà. È così che New York e Milano, assieme, diventano negli occhi di chi percorre le loro vie, luoghi di grazia, sogno, e soprattutto rivelazione.

La rivelazione giunge con lo smarrimento ma anche con l’attenzione: gli occhi si appoggiano sui colori dell’ultima cena leonardesca, o sui riflessi d’acqua della funivia che giunge a Roosevelt Island. Gli occhi si appoggiano su una guglia altezzosa del Duomo di Milano, o sui cavi forzuti che assemblano pezzi di ponte sull’Hudson o sull’East river.
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