Chiara: Hai letto? Aumentano i suicidi degli adolescenti nelle riserve dove vivono gli indiani.
Benito: Isolati e disoccupati… molti non accettano una grama vita in quella limitata società.
Chiara: Da dicembre a marzo se ne sono uccisi centotre. Due avevano dodici anni.
Benito: Colpa dei genitori in quei due casi. Non hanno tempo per loro. Non sanno amarli. Gli indiani, lo sai, sono sempre ubriachi.
Chiara: Bevono per dimenticare il genocidio che continua da secoli.
Benito: Ci risei col genocidio. Una parola usata troppo spesso. Si ammazzano perché sono stanchi di vivere.
Chiara: Secondo te, il suicidio è un atto di coraggio o vigliaccheria?
Benito: Al solito ci sono due teorie. Sempre due.
Chiara: Qual è la tua?
Benito: Dimmi prima la tua.
Chiara: Lo sai. Amo la vita. Non saprei distruggerla.
Benito: Vedi? Questa volta son d’accordo con te. Voglio arrivare a cento anni con te. Ma molti dicono che il suicidio è una prova di coraggio.
Chiara: Coraggio?
Benito: In quegli ultimi istanti, non so immaginare quel che penseranno. Alla famiglia? Al dolore fisico? Alla possibilità che non riescano e siano poi gravemente feriti e menomati? Ci vuol coraggio per tentare quell’atto. Il coraggio della disperazione.
Chiara: Disperazione. Che possiamo fare per dare speranza ai giovani?
Benito: Ieri lo sapevi. Hai detto che la soluzione è: “buone scuole, lavoro sicuro, salari onesti.”