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December 10, 2014
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Clarissa Marchese, la Miss Italia italoamericana

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 8 mins read

L’occasione è la serata da Eataly per celebrare le bellezze italiane. E lei, Clarissa Marchese, con il suo metro e settantotto d’altezza, i lunghi capelli corvini e lo sguardo caldo del Sud, di quella bellezza è una più che degna espressione. Vent’anni, nata a Sciacca e cresciuta a Ribera, studentessa di Logopedia all’Università di Parma e, da settembre, detentrice del titolo di Miss Italia, Clarissa arriva a New York con in tasca un buon inglese e la doppia cittadinanza, entrambi regali della madre, cresciuta negli Stati Uniti.

E se la Miss è italoamericana, La VOCE di New York non può certo lasciarsela scappare. Sperando in un’intervista, la cerco tra i corridoi del negozio che inizia a riempirsi del pubblico accorso per il concerto dell’orchestra del Teatro Regio di Torino. Dopo qualche giro a vuoto, la trovo che posa per il fotografo davanti al banco delle carni. L’accostamento è di dubbio gusto, ma lei sembra a suo agio e non smette di sorridere nonostante l’aria condizionata debba essere una tortura per spalle e schiena lasciate scoperte dalla lunga scollatura del vestito rosso fiammante.

Troviamo un angolo di tranquillità, nascoste dagli scaffali della pasta e Clarissa mi racconta della sua visita in Nord America iniziata il 2 dicembre dal Canada e proseguita tra New Jersey e New York. Qui ha in programma alcuni photo shoot, eventi in collaborazione con Rocchetta, sponsor ufficiale di Miss Italia, e un denso calendario di appuntamenti tra cui un incontro con il sindaco de Blasio, che però resta ancora da confermare: “Ho sentito che sono arrivati in città William e Kate e quindi immagino che abbia qualche impegno in più che si aggiunge alla sua rubrica…”, scherza.

Clarissa, sei stata eletta Miss Italia da meno di tre mesi. Come è stato questo primo trimestre da reginetta? 

lidia

Miss Italia 2014 posa con Lidia Bastianich, una dei proprietari di Eataly New York

In tre mesi mi è totalmente cambiata la vita. Io ero una studentessa e adesso invece mi trovo catapultata nel mondo del lavoro. A vent’anni sono tutte esperienze nuove anche perché legate a un mondo di cui non avevo mai pensato di far parte, quello dello spettacolo. Ho capito che per me Miss Italia sarà una palestra di vita. Insieme allo staff di Miss Italia che mi segue stiamo cercando di capire quale strada intraprendere per mettere meglio in risalto le mie potenzialità

Qualcosa di questi tre mesi che ti ha particolarmente colpita?

Beh, ovviamente l’emozione dell’incoronazione non la potrò mai dimenticare. Ma quello che mi colpisce giorno dopo giorno, al di là delle singole esperienze, è l’accoglienza, l’umanità che le persone mi manifestano. Per esempio adesso che sono stata in Canada, ho capito che l’istituzionalità di Miss Italia all’estero è sentita molto di più. Loro sono fieri di essere rappresentati da me e per me questo è un onore. Immagino che anche questo viaggio negli States mi riserverà altrettanto piacevoli sorprese.

Ci sono anche delle responsabilità nel ruolo di Miss Italia?

Io lo sto vivendo veramente come un lavoro e il lavoro per me significa professionalità e quindi responsabilità. Quando parlo del fatto che loro si sentono rappresentati da me, quella è già di per sé una responsabilità molto grande. Molti italiani vedono nell’istituzione di Miss Italia una rappresentanza e quindi c’è una responsabilità intrinseca nel ruolo.

Cosa pensi dell’immagine che viene data della donna nel mondo contemporaneo e in particolare in Italia? La senti stretta o ti ci rivedi?

Secondo me continuare a parlare della figura della donna che emerge è mettere in risalto un problema che non sussiste. Se a priori si pensa che la donna e l’uomo stanno sullo stesso piano, non c’è bisogno di sottolineare che la donna debba affermarsi.

E il modo in cui i media mostrano la donna? 

Forse rispetto agli anni passati le cose vanno un po’ meglio. Credo che in passato si sia cercato di più di strumentalizzare il ruolo femminile restringendolo all’ambito fisico, dando più importanza a quello che può suscitare la presenza scenica. Non credo sia più così. Forse anche grazie alle tante campagne di sensibilizzazione contro la donna oggetto.

E tu nel tuo ruolo ti senti più valorizzata per quello che sei fuori, per quello che sei dentro o non te la poni questa domanda?

In verità me la sono sempre posta e per questo motivo non avevo un grande interesse per il mondo dei concorsi di bellezza. Però è anche vero che Miss Italia, pur essendo un concorso di bellezza e quindi puntando sull’estetica, rispetto agli altri concorsi rappresenta qualcosa in più e negli ultimi anni ha cercato di sottolineare questo aspetto. Nel decidere di partecipare a questo concorso ho valutato diversi aspetti. Io ovviamente sfrutto la mia immagine e questo bisogna dirlo, perché è sempre un concorso di bellezza. Però per andare avanti e anche per vincere bisogna affermarsi soprattuto con la personalità. Anche perché nel concorso stesso ci sono tante prove in cui devi mettere tanta personalità, tanta determinazione a tanta forza ed è quello che mi ha portato a vincere. Mi sono messa alla prova. Per quanto concorso di bellezza sia, per me ha rappresentato soprattuto una prova di carattere.

E adesso che sei Miss Italia, la finirai l’università?

Io parlo sempre di obiettivi e la laurea è un obiettivo. Miss Italia è stata un po’ una sorpresa. Però anche lì, quando ho deciso di partecipare, poi il mio obiettivo era vincere. E ci sono riuscita. Si punta l’obiettivo e bisogna raggiungerlo, facendo sforzi e sacrifici.

clarissa marchese

Miss Italia, Clarissa Marchese, posa con alcuni dei musicisti del Teatro Regio di Torino

Tu sei siciliana e la comunità siciliana è molto grande in Nord America. Hai incontrato i tuoi compaesani? Hai sentito un particolare calore da parte loro?

Molto. I miei compaesani in Canada sono stati davvero molto accoglienti. E mi ha particolarmente colpita la visita a Casa d’Italia in Canada che è una struttura che tiene vivo il ricordo della collettività di immigrati. Quello che mi colpisce è che questi italiani che sono dovuti partire probabilmente per via di una condizione difficile che vivevano in Italia si sono sentiti accolti da una terra straniera ma allo stesso tempo hanno lasciato un pezzo di cuore in Italia e sono ancora molto legati al paese d’origine. Allora noi che continuiamo a vivere in Italia perché abbiamo avuto la fortuna di poter restare dobbiamo ricordarci di loro perché loro sicuramente si ricordano di noi e sono molto legati a noi.

E a proposito di siciliani in America, anche tua madre è cresciuta negli USA…

Sì, lei è nata ad Elizabeth nel New Jersey. I miei nonni erano arrivati dalla Sicilia, quindi lei era la prima generazione nata in America. I miei nonni erano sarti, mio nonno era anche un sarto importante, tanto che un giornale di moda americano pubblicò un articolo quando morì. E fu proprio perché mio nonno morì quando mia madre aveva 17 anni che mia nonna decise di tornare in Sicilia dove mia madre ha poi conosciuto mio padre e.. insomma è rimasta in Sicilia. Però grazie a lei ho acquisito la doppia cittadinanza, ho il passaporto americano e parlo un buon inglese perché lei ci ha tenuto molto che imparassi l’inglese fin da piccola.

Ti sei fatta raccontare qualche storia di famiglia? Cosa ti dicono di quel periodo?

Io chiedo sempre a mia nonna e  mia madre di raccontarmi. Entrambe mi dicono che c’erano due realtà contemporanee completamente diverse. Mia madre mi racconta che quando lei aveva tre o quattro anni negli Stati Uniti avevano già tutti la macchina, avevano il frullatore. Quando poi invece tornava in Sicilia a trovare i nonni, non c’era una macchina in giro… Due realtà completamente diverse. Poi l’altra cosa che mi ha colpito sono i sacrifici che i miei nonni hanno dovuto affrontare per potersi stabilire qui, avere una vita, un lavoro.

E a tua madre manca l’America?

Siiiì.  Mettendomi nei suoi panni penso sempre a questa ragazza nata qui, andata a scuola qui, con tutti gli amici eccetera, che si è ritrovata poi catapultata in un piccolo paese della Sicilia… le chiedo spesso: ma come hai fatto? E lei in effetti mi dice che non è stato facile, anche per la lingua perché lei parlava un po’ di italiano a casa ma la sua lingua era l’inglese.

E la tua esperienza dell’America? C’eri già stata prima di questo viaggio?

Sì, ero stata con la mia famiglia anni fa. E poi a 18 anni ho passato quasi tre mesi qui a New York e ovviamente ho visitato i relatives, ehm.. scusa [ride] i parenti nel New Jersey.

Ed è stata un’esperienza positiva? Ti piace New York?

Io in realtà sono venuta a 18 anni anche per vedere se potevo trovare qualche potenziale strada per una vita stabile qui. Però ho capito che tra lo stile di vita americano e quello italiano c’è una differenza sottile ma per me fondamentale: qui le persone comuni vivono per lavorare noi invece lavoriamo per vivere. Io non ci riuscirei. Per me, sì, il lavoro è vita, il lavoro nobilita l’uomo, tutto quello che vuoi, però bisogna anche sapersi vivere le cose belle. Per me la famiglia è fondamentale… non posso levare tempo alla famiglia per riuscire a fare carriera, carriera, carriera.

Io studio Logopedia all’Università di Parma e quello è certamente un obiettivo che voglio perseguire, ma ci sono anche altri progetti che ognuno di noi deve pensare di poter fare nella propria vita. E per me la famiglia è un obiettivo primario. Per come ho vissuto io questi tre mesi a New York ho avuto l’impressione che la vita fosse troppo frenetica e non lasciasse spazio a quelle piccole cose che per me sono fondamentali.

E gli americani come li hai trovati? Più freddi, come dicono molti?

Assolutamente no. Mia madre è americana, nella mentalità, nel suo essere. Quindi sono sempre stata abituata a stare a contatto con questa loro personalità e l’ho ritrovata in tutto e per tutto in quei tre mesi e ogni volta che torno la rivivo. Sono delle persone magnifiche, sono molto spontanei, senza maschere, naturali e per me è una cosa bellissima.

E i tuoi parenti siciliani?

Una delle cose che mi fa più ridere è che loro, venendo dalla Sicilia, parlano proprio siciliano e allora tendono ad americanizzare parole siciliane. Giusto poco fa, mentre venivamo qui, il signore che ci ha accompagnato a un certo punto ha detto “ammo a parcare la machina”: parcheggiare diventa “parcare” o “loccare” per chiudere la macchina. Sono espressioni che mi fanno ridere da morire.

Concludiamo con una lista di preferiti. Hai detto che New York ti è piaciuta ma non ci vivresti. Allora qual è la tua città preferita?

Roma.

Il personaggio dello spettacolo preferito?

Adoro Gerry Scotti perché è un personaggio eclettico. Bravissimo presentatore, molto umano. Mi piace.

Musica?

Ascolto molta pop music. La mia preferita è Rianna, molto moderna, molto per i giovani.

Film preferito?

Le ali della libertà  con Morgan Freeman che è il mio attore preferito.

Libro?

È un libro storico di Camera e Fabietti sull’antica civiltà romana che mi affascina moltissimo.

Un personaggio femminile a cui ti ispiri?

Nel campo dello spettacolo ti direi Anna Valle, nella sua semplicità, visto che anche lei ha vinto Miss Italia. Però non posso non nominare anche Rita Levi-Montalcini.

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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