In Italia esistono realtà ben più vecchie dell’Italia che ci raccontano un modo di essere, un’identità. E’ il caso della Confraternita della Misericordia, comunemente detta la Misericordia, probabilmente il primo caso al mondo di associazione di laici dediti all’assistenza dei bisognosi. Perché la solidarietà, l’aiuto verso il sofferente, l’empatia sono sentimenti che gli italiani riconoscono e condividono, anche se gli egoismi della vita quotidiana spesso sembrano farceli dimenticare.
Per saperne di più abbiamo intervistato Maurizio Naldini, uno dei settantadue capi di guardia che da sempre guidano le attività della Misericordia. Naldini è “responsabile della cultura e comunicazione” con tre pubblicazioni e 15 eventi di rilevanza compreso il raduno di tutte le misericordie d’Italia che si è concluso a giugno in san Pietro dal Santo Padre. Giornalista professionista, inviato speciale, inviato di guerra poi per sei anni professore a contratto a Scienze Politiche a Firenze, una trentina di volumi, molti premi giornalistici. Moglie, tre figlie, sei nipoti e un altro in arrivo. E poi c’è un cane.
Il modello di confranternita nasce a Firenze e da lì raggiungerà tutta la Toscana, poi l’Italia e si svilupperà anche nel mondo? Perché proprio da Firenze?
E dunque, nel 1244 arriva in Firenze un domenicano, Pietro da Verona, che poi passerà alla storia della chiesa, e non solo, col nome di San Pietro Martire. Il suo impegno era contro gli eretici catari, che in città erano detti “patari”, numerosissimi, specie fra gli aristocratici e quindi fra coloro che in seguito saranno chiamati ghibellini. Pietro da Verona formò gruppi di combattenti che presero il nome di compagnie della fede. In pochi mesi, questi cittadini armatisi per l’occasione ebbero ragione degli eretici, e deposta la spada per lo più cinsero il rosario. Nacquero così varie confraternite, quella dei laudesi ( cantavano le lodi all’alba e al tramonto) quella che si occupava di orfani, quella che proteggeva le vedove, e infine – la Misericordia appunto – quella che seppelliva i morti, per lo più forestieri o nullatenenti che altrimenti non avrebbero potuto riposare in terra consacrata. In seguito la Misericordia ampliò i suoi servizi aprendo i primi ospedali, aiutando i malati, impegnandosi a prevenire le continue epidemie di peste, dando da mangiare agli affamati, assistendo i carcerati, accompagnando al patibolo i condannati a morte, sostenendo le loro famiglie e così via. In pratica nel corso dei secoli ha svolto un ruolo che oggi diremmo di welfare, pur nel mutare continuo di realtà politiche nel corso di 770 anni.
Nasce a Firenze, poi a Lucca, Prato e in tutta la Toscana perché per agire gratuitamente verso il prossimo occorreva non solo una grande fede, civiltà ed altruismo, ma anche una condizione economica invidiabile. E la Firenze della metà Duecento era senz’altro la più ricca città dell’ Occidente, ma anche quella dove l’organizzazione del comune, poi dello stato, era più avanzata che altrove. Oggi le Misericordie in Italia sono circa 900 e 3mila nel mondo. Solo nell’ex URSS dopo la caduta del regime comunista ne sono nate un centinaio.
Di cosa si occupa oggi la Misericordia?
Oggi la Misericordia si occupa dei problemi di sempre – le sette opere di carità evangeliche

Confratelli della Misericordia trasportano una barella a Firenze
– ma anche dei problemi dell’oggi. Così, oltre agli ambulatori sparsi in tutta Firenze dove si paga meno del ticket delle Asl per visite specialistiche, e non si paga niente se non si ha denaro, viene dato di che mangiare a circa duemila persone, sia aiutano quanti sono in mano agli usurai, si danno case in affitto a prezzi poco più che nominali, si va nelle abitazioni a cambiare il letto agli infermi non autosufficienti, eccetera. I soci in città sono 12 mila. I confratelli attivi circa 3 mila.
Ci sono molte belle storie di aiuti, di supporto ai cittadini. Ce ne puoi raccontare qualcuna?
La storia di Firenze si intreccia continuamente con quella della sua Misericordia che, non a caso, ha meritato il titolo di Arciconfraternita. La Misericordia contribuisce con cospicui lasciti per la costruzione della cupola del Brunelleschi. Ai primi del ‘400 introduce l’ anagrafe in città registrando tutti coloro che vengono battezzati. Ma soprattutto pensa ai deboli e sofferenti. Per esempio, la Misericordia è sempre in prima linea durante le epidemia di peste, ma lo è ancora con le epidemie di colera che durano fino al tardo Ottocento. Dal punto di vista storico – il nostro archivio risale ai primi anni del ‘Trecento e conserva documenti rarissimi che sempre più interessano gli studiosi – a me sembra rilevante che quando Lorenzo dei Medici rubò letteralmente la cassa per le doti alle giovani povere ( senza dote la donna non aveva riconoscimento civile e neppure poteva entrare in convento ) per poter finanziare la sua guerra dell’alabastro contro Volterra, fu la Misericordia che se ne fece carico fornendo la dote alla fanciulle povere.
Quali sono le caratteristiche dell’abbigliamento, che nel corso degli anni hanno contraddistinto i confratelli?
In origine i confratelli vestivano una tunica rossa cinta dal rosario, e portavano sul volto una “coffa” che impediva di essere riconosciuti. Ciò perché i sofferenti non avessero a riconoscere e ringraziare nessuno, se non la Misericordia che agisce allora come oggi, unicamente, a Lode del Signore.
Chi ne ha fatto parte e chi continua a far parte della Misericordia?
Tutti i Medici, da Lorenzo il Magnifico in poi, i Lorena, ma anche personaggi come Amerigo Vespucci, i pittori e gli architetti del Rinascimento, alcuni re d’Italia, pontefici, si sono uniti agli artigiani e alla gente comune orgogliosi di far parte della Misericordia. Oggi, ugualmente ne fanno parte operai, gente comune, principi, sacerdoti ( primo fra tutti il cardinale di Firenze), professionisti. Eppure, quando si forma il gruppo per un servizio, a guidarlo è sempre e soltanto il più anziano come iscrizione al sodalizio. E quindi anche i principi serviranno gli operai in pensione se questi sono iscritti da più tempo. Il tutto per ricevere, come unica ricompensa, il secolare saluto “iddio te ne renda merito”.
Vorrei anche che tu ci raccontassi qualcosa della tua esperienza di giornalista reporter nel mondo. Hai viaggiato in lungo e in largo, come sei stato accolto generalmente come italiano?
Di solito, in un luogo di forti tensioni se non di guerre, gli Italiani sono accolti meglio di altri. Per la loro umanità, disponibilità, attenzione verso il dolore e verso il prossimo. E ciò per un passato anche lontano, quando i nostri connazionali, fossero pure invasori, non abusarono – come fecero altri – degli sconfitti.
Infine, una battuta veloce. Cosa ti piace più e di meno dell’Italia di oggi?
Non mi piace la furbizia, né gli astrattismi e l’ideologia che portano a non fare i conti con la realtà, che ci impediscono di essere pragmatici e concreti. Mi piace, invece, la dimensione umana, che difficilmente ci permette di passare oltre quando di fianco a noi qualcuno cade, e supplica perché ha bisogno.