La sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia, dedicata alle nuove tendenze del cinema mondiale, ha da sempre agito come talent scout dei cineasti emergenti. Ancora una volta si conferma tale con una pellicola proveniente dalla Croazia, girata da Ognjen Sviličić, definito il “Mabuse del cinema Croato”, ovvero colui che fa risorgere i registi. Infatti prima di dedicarsi alle proprie pellicole – quali Sorry For Kung Fu e Armin entrambe presentate alla Berlinale – affiancava altri registi in qualità di script doctor esaltandone il risultato finale.
Il film che presenta a Venezia Takva Su Pravila (These Are The Rules) ritrae una coppia di genitori equilibrati, pacati, attenti con il loro unico figlio: Ivo e Maja vivono una vita ordinaria in un tranquillo quartiere di Zagabria. Ma una notte il figlio, Tomica, viene violentemente aggredito per strada da un suo coetaneo e riporta gravi ferite. La coppia di genitori, davanti a un evento imprevisto di questa portata, si trova costretta a mettere in crisi e riconsiderare i valori su cui hanno basato una vita, vedendo crollare il mondo di false sicurezze in cui hanno sempre creduto.
La VOCE di New York ha intervistato Ognjen Sviličić.
Cosa si prova ad essere il "Mabuse" del cinema Croato?
Il termine viene dal film di Fritz Lang, il cui personaggio resuscitava i morti. Nel mio caso una critica cinematografica del mio paese mi ha ribattezzato il Mabuse del cinema proprio perché quando aiutavo i miei colleghi più anziani, che avevano bisogno di idee nuove per i loro film, i risultati erano efficaci. Sono stato molto fortunato [ride].
Questo ha influenzato il modo di realizzare i tuoi film?
No, a dire il vero quando scrivo per gli altri mi piace sbizzarrirmi anche con l'azione, e mi sento libero di scrivere qualsiasi cosa. Quando dirigo i miei film non amo le scene troppo affollate e opto per piccoli set e pochi personaggi. Tendo ad essere minimalista.
Cosa ha ispirato These Are The Rules, nella sezione Orizzonti al festival di Venezia?
Ho sempre avuto la sensazione che la società in qualche modo supportasse la barbarie. Abbiamo delle istituzioni alle quali dovremmo rivolgerci quando c'è violenza ma non viene mai fatta giustizia. Si finge che ci siano delle regole e che le persone le seguano. La regola della società è che non ci sono regole. La società è crudele. Quando ho realizzato questa verità ho cercato la storia più adatta per raccontare questa situazione. Mi ha ispirato un fatto di cronaca che ha fatto scalpore in Croazia: un ragazzo è stato picchiato a morte. Purtroppo queste cose capitano spesso ma non viene dato il giusto peso.
Pensi che il fenomeno del bullismo si sia esasperato negli ultimi tempi?
Credo di sì. Fa parte della natura umana essere violenti. Durante il Medioevo le persone bruciavano, stupravano, uccidevano. Talvolta ho la sensazione che alcune persone sentano la mancanza di questi atti di barbarie ed è per questo che c'è questo ritorno alla violenza: c’è il desiderio di esporre i corpi dei propri nemici ad un pubblico.
Ritieni quindi che dal momento che non ci sono più regole nella società, ognuno debba farsi giustizia da solo?
Sì, questa è un'ottima domanda, ma in qualche modo mi stai chiedendo se la mia è un'incitazione all'anarchia [ride]. Forse in qualche modo sì, ma il mio intento era di far capire che se la società non funziona ci dobbiamo creare le nostre regole e seguirle. Poi, proprio come il padre del film, le scelte possono essere dettate dalla coscienza, non necessariamente dal senso di vendetta. Perciò credo che le regole dell'animo umano siano più importanti di quelle dettate dalla società.
Credi che i genitori siano responsabili dell'odierna gioventù bruciata?
Non credo che la gioventù attuale sia corrotta, penso che non conosca nulla di meglio, perché i media bombardano i ragazzi con frivolezze. I genitori sono responsabili nella misura in cui non si parlano più con i figli. Non fanno più domande, lasciano piena libertà, quasi come se ora fossero i figli a dettare le regole.
Nel film i personaggi dei genitori vengono ritratti come una coppia estremamente equilibrata nel dolore, fa parte della cultura croata oppure è stata una tua licenza poetica?
C'è sicuramente qualcosa della cultura croata che tende a fare in modo che le persone mantengano la calma nei momenti di difficoltà. Fa parte della cultura dei Balcani. Ma io a mia volta non volevo mostrare i genitori in lacrime, perché sentivo che sarebbe mancato il groppo alla gola al pubblico.
Come hai lavorato con gli attori?
Entrambi sono bosniaci, Jasna Žalica e Emir Hadžihafizbegović – con il quale avevo già lavorato nel mio film precedente, Armin, che era stato a Berlino. Li ho scelti perché credo che fossero in grado di rappresentare persone comuni, senza "recitare" con eccessive espressioni e movenze. Non ci tenevano ad apparire al meglio o essere carismatici, come sovente accade agli attori.
Anche la fotografia ha dato un'importante impronta di realismo…
Sono contento che trapeli il grande lavoro della direttrice della fotografia, Crystel Fournier, la quale è francese e venne a Zagabria per la prima volta con la libertà di lavorare come meglio le congegnasse. Dal momento che non è croata volevo che vedesse la mia terra con altri occhi. Inoltre è un piacere lavorare con lei dal momento che non fa la diva. Lei lavora in silenzio e quando le luci si accendono è tutto perfetto.
C'è già una distribuzione per il film?
Sì grazie alla co-produttrice francese uscirà in Francia con la Urban.
Stai lavorando già su qualche altro progetto?
Ho scritto un romanzo chiamato Testa del pesce grosso che uscirà quest'autunno in Croazia e forse prenderò qualche spunto dal mio libro per un nuovo film.