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August 28, 2014
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“Il padiglione USA all’EXPO 2015 sarà luogo di dibattito”. Intervista con l’architetto James Biber

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 4 mins read

Gli Stati Uniti saranno tra le 147 nazioni che parteciperanno a Expo Milano 2015, l’Esposizione Universale che si terrà nel capoluogo lombardo da maggio a ottobre 2015. Abbiamo avuto l’opportunità di fare una chiacchierata con James Biber, l’architetto newyorchese che sta progettando il padiglione americano. Ci ha spiegato qual è il concetto dietro il suo design e il motivo per cui gli americani dovrebbero approfittare dell’EXPO per visitare l’Italia.

Qual è l’idea su cui state lavorando per il padiglione americano?

Volevamo che fosse un invito ad entrare. I padiglioni sono spesso scatole chiuse: c’è una porta per entrare e una porta per uscire. Noi volevamo evitare tutto questo. Ci saranno diversi livelli a disposizione dei visitatori per vivere il padiglione USA. Ci sarà chi farà la fila per vedere un grande spettacolo multimediale, ma si potrà anche passeggiare sulle rampe della passerella e fare un’esperienza più sociale, godere della grande varietà di media, degli interni dell’orto verticale e dei giardini esterni. E poi sul tetto ci sarà uno spazio ancora più flessibile dove ci saranno film, conferenze, cocktail lounge ed eventi serali. Il padiglione è strutturato su tre grandi livelli molto diversi tra loro.arch

All’esterno questo enorme orto verticale dimostrativo accoglierà incredibili spettacoli aerei. È il contenuto stesso dello spazio ad essere complesso. L’edificio in sé è principalmente dedicato all’agricoltura americana e in particolare all’agricoltura americana che realizza strutture semplici, oneste, aperte e di facile comprensione. Non si tratta di una dichiarazione di complessità o confusione, né ha l’obiettivo di impressionare il mondo. Le esposizioni universali tendono ad essere come un campo di calcio in cui ogni paese cerca di sembrare più potente dell’altro, ma credo che questo gioco abbia ormai fatto il suo tempo. Vogliamo che questo edificio sia più trasparente, aperte e invitante di quanto si è fatto finora.

Che esperienza ha il tuo studio con l’architettura sostenibile?

L’architettura sostenibile è parte di ciò che abbiamo sempre fatto. Siamo sempre stati impegnati nella costruzione di strutture permanenti, edifici pensati per durare e che richiedano il minor uso di energia e manutenzione possibile.

E in questo specifico edificio, oltre l’orto verticale, cos’altro c’è che può essere definito sostenibile?

Sul tetto, per esempio, c’è una tettoia di vetro fotovoltaico che produrrà energia per aiutare a gestire il sistema di raffreddamento dell’aria. Monterà anche un vetro speciale che si potrà scurire nei giorni più soleggiati e che potrà essere aperto nelle giornate più calde. Altri ambienti saranno raffreddati attraverso correnti d’aria naturali. L’uso di energia è minimo. L’acqua viene riciclata. Devo tuttavia ammettere che si tratta di un edificio provvisorio che servirà solo per sei mesi, e questo non è molto sostenibile. Ma abbiamo fatto in modo che gli ascensori e le scale mobili possano essere riutilizzati; ci siamo accordati con il fornitore che ci ha dato il legno per la passerella in modo da non comprare il materiale ma prenderlo in prestito così che dopo sei mesi possano riprenderselo e rivenderlo. Stiamo inoltre cercando di individuare un luogo in Italia per installare in modo permanente l’orto verticale. Il vetro elttrocromico sul tetto verrà restituito al produttore, tutto l’acciaio viene riciclato, non c’è cemento se non nelle fondazioni. Ogni singolo pezzo di materiale verrà riciclato: vogliamo buttare via il meno possibile.

Ci hai detto che il padiglione sarà principalmente dedicato all’agricoltura americana che non è proprio famosa per essere sostenibile. Volete dare il messaggio che l’agricoltura americana può essere diversa?

L’agricoltura deve cambiare a livello mondiale. Al momento non abbiamo la capacità di nutrire tutti gli abitanti del Pianeta abbastanza bene. E presto ci saranno altri due miliardi di persone da sfamare. Il padiglione vuole essere una discussione, vuole aprire un dibattito su come nutrire il Pianeta nel futuro. E ci sono tante risposte, così come ci sono tante domande. Noi non cerchiamo di prendere posizione su queste risposte, ma cerchiamo di proporre le domande, in modo che una vera discussione possa avere luogo. Ci sono alcuni problemi, come ad esempio gli OGM, che sono percepiti in modo molto emotivo, ma penso che sia necessario che tutti avviino una discussione sul significato di queste cose. L’idea stessa di monocoltura è un grosso problema. Anche se l’agricoltura industriale è parte integrante del modo in cui operano le aziende agricole americane, molte cose oggi vengono riesaminate. Anche da parte del governo e delle grandi aziende agricole.

Hai fiducia nel potere di eventi come l’Expo per creare questo tipo di dibattito?

Credo che eventi come l’Expo possano pubblicamente sollevare domande in un modo che, in discussioni su scala più ridotta, potrebbe perdersi. È davvero un forum internazionale e siamo anche in un panorama di competizione internazionale. Tutti i paesi devono dare il meglio e coinvolgere le loro menti più brillanti in questa discussione. Dove altro puoi avere sei mesi di discussione su temi tanto importanti?

Ci saranno effettive possibilità di avere questo tipo di dibattito con altri paesi durante l’evento?

Sì, parte del nostro team sta lavorando per organizzare forum e dibattiti.

Perché gli americani dovrebbero andare a visitare l’Expo e il padiglione americano?

Dovrebbero venire a visitare l’Italia per l’Italia in sé. Non hanno bisogno dell’Expo per andare in Italia. Ma per chi ama il design – e Milano è davvero una città di design – e per chi conosce il Salone del Mobile, l’Expo sarà come un Salone lungo sei mesi: un vero concentrato di design e alimentazione. Quindi se amate il design e se vi piace il cibo – e a chi non piacciono design e cibo? Chiunque ama almeno uno dei due – questo sembra proprio il momento perfetto per una visita. Personalmente amo Milano e penso che anche i newyorchesi l’ameranno. È una grande città, è molto commerciale ed è davvero densa e veloce. Si va a Milano per le stesse ragioni per cui si va a New York: è una grande esperienza. Io ci sarò!

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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