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March 18, 2025
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Il secondo Trump rivoluziona l’ordine mondiale a suon di America First

Nei primi 60 giorni di questo mandato, tutto è stato messo in discussione. Le conseguenze sono ancora indecifrabili

Stefano BetterabyStefano Bettera
Trump, ‘Kiev deve essere seria sulla pace, non ha le carte’

Donald Trump/ANSA

Time: 3 mins read

I segnali sono inequivocabili. Il braccio di ferro mondiale sui dazi, le pretese muscolari su Canada, Groenlandia e Golfo del Messico, le trattative sull’Ucraina che hanno seguito la via del rapporto personale e preferenziale con Vladimir Putin in un perfetto stile imprenditoriale che esclude i partner “non necessari” come l’Europa, un tempo alleato fraterno, oggi un fragile e inconsistente fardello da umiliare senza troppa cortesia. La seconda presidenza Trump è un monito al mondo, d’ora in vanti sarà Americanexit.

Gli USA vanno da soli e chiunque si opporrà a questo sogno muscolare di restaurazione della potenza americana è avvertito: il presidente e i suoi fedelissimi non faranno prigionieri. E così è stato. I primi decreti firmati sanciscono l’uscita dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e la grazia per i “patrioti” che avevano assaltato Capitol Hill il 6 gennaio del 2021. E ancora, fine degli accordi sul clima di Parigi e lo smantellamento di USAID, con lo stop agli aiuti americani alla cooperazione internazionale. Poi, basta cedimenti all’ideologia “woke” e stop feroce all’immigrazione clandestina. Non sono mancati appunto gli attacchi all’Unione Europea “nata per fregarci”, nella dichiarazione del presidente, e il braccio di ferro con il presidente ucraino Zelensky nel duro faccia a faccia alla Casa Bianca. Ma, soprattutto, Trump rappresenta il rilancio di un sogno: l’America può tornare grande, essere ancora il luogo dove i sogni si realizzano, dove le speranze diventano occasioni concrete, dove c’è ancora ricchezza per tutti. È in questa luce che occorre guardare alla decisa e velleitaria strategia commerciale dei dazi, nella speranza di tutelare e rilanciare il mercato interno americano ma i cui effetti reali restano ancora un mistero.

I dazi così imposti preoccupano non poco la finanza di Wall Street. Questa è forse l’unica “voce” che il presidente americano ascolta davvero e che potrà ricondurlo a un maggiore realismo. Non è un caso che proprio dal Wall Street Journal, da sempre l’anima del liberismo economico americano, si sollevino costantemente voci critiche verso le scelte del tycoon e che forse potranno essere l’inizio per il ritrovato spirito di un Partito Repubblicano capace di tornare ai propri valori fondativi. Vedremo.

Per il momento, è sull’impegno di rilancio del sogno americano, su questa promessa, più di ogni altra che Trump è riuscito a costruire un dialogo credibile con gli elettori. Un pifferaio magico? Può darsi. Ma sufficiente deciso per conquistarsi la fiducia di milioni di americani e rilanciare il primato della sua nazione nel mondo. La competizione con Cina, India, Russia ed Europa soprattutto, la nostra Europa, è iniziata. Non solo ad armi pari, ma con la presunzione, tutta americana, di essere ancora i più forti. Si riparte da qui. Piaccia o no. Perché il secondo Trump, come fenomeno storico, non è circoscrivibile solo al contesto americano. La sua rielezione inaugura invece una rivoluzione antropologica, un mondo nuovo che impone di rileggere l’attualità con categorie culturali, politiche altre rispetto al passato. Allo stesso modo, l’Americanexit non riguarda solo la costruzione dell’impero americano. Quella era un’aspirazione più che altro del globalismo democratico. Americanexit è prima di tutto un modo di interpretare l’ordine mondiale dalla prospettiva degli interessi statunitensi, di cui MAGA, Make America Great Again, è l’acronimo. America first, appunto. Ma non solo. Meglio sarebbe dire America e basta. Un cambio di rotta che ridefinisce anche quel blocco occidentale, fino a ieri omogeneo, che vedeva come partner fedeli e paritari, i due continenti di qua e di là dall’Atlantico. Due facce della stessa civiltà, separate dall’Oceano. Un’alleanza, una comunanza di destini che oggi traballa, fino forse alle stesse fondamenta.

Dunque, cosa rimane di quei valori fondamentali che ci hanno legato per secoli e, in qualche modo, hanno permesso un certo primato dell’Occidente sul mondo? Di fronte allo tsunami trumpiano, continueremo a conferire lo stesso significato e valore a principi quali la democrazia, la libertà, i diritti, la giustizia, l’equità? Nel mondo nuovo trumpiano tutto è in discussione e l’approdo di questo viaggio resta al momento indecifrabile. Benché già dall’alba se ne può individuare qualche tratto e su questo ragionare.  È necessario e urgente riflettere se ci sono ancora e quali sono le basi del nostro vivere comune, della nostra civiltà. Prima fra tutte la qualità del termine libertà. Un dono prezioso, una conquista sofferta e fragile, non più scontata. Questa è la priorità.

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Stefano Bettera

Stefano Bettera

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