Jacksoniani di tutto il mondo unitevi. C’è un filo rosso che lega l’Americanexit di Trump alle dichiarazioni pro-AFD di Musk e a leader come Milei, Orban e la stessa Meloni. Questo filo rosso è la figura di Andrew Jackson, uno dei più carismatici presidenti della storia americana che per il neoeletto alla Casa Bianca rappresenta un faro e un orizzonte. Trump oggi reinterpreta il patriottismo jacksoniano in modo post-moderno, post ideologico e muscolare.
Capire questo spirito è fondamentale per interpretare il cammino delle nuove destre planetarie alla corte del tycoon. Già durante il suo primo mandato, Trump appese alle pareti della White House un ritratto del suo predecessore: un semplice gesto che era un programma prima ancora culturale che politico. Eroe militare, coltivatore, avvocato, giudice ma anche schiavista, Jackson era stato eletto grazie a un’insurrezione populista di altri “uomini del popolo” che non appartenevano alla tanto detestata élite politica di Washington. I Jacksoniani incentrano la loro vita sul dovere verso la famiglia e la propria comunità, sull’onore, un potente senso della libertà e un pragmatico e diretto spirito popolare e nazionalista, tutto americano e lontanissimo dai sofismi europei, che diventa un approccio alla politica interna e internazionale.
Esattamente come Jackson, Trump pospone qualunque interesse a quello di una comunità ristretta, quella che si riconosce nel sogno della rinascita americana, il famoso MAGA, e che condivide lo stesso stile di vita, nel totale rifiuto di quel multiculturalismo tanto in voga negli ultimi decenni sulle sponde democratiche e liberali planetarie. Nulla di tutto ciò ha a che fare con il ritorno del fascismo ma piuttosto con la costruzione di solide e virili relazioni di fiducia personale tra il presidente americano e chi riconosce come simile, affine. Legami di stima e amicizia con altri leader che parlano la stessa lingua e hanno lo stesso immaginario identitario riadattato agli schemi del mondo moderno. Moderna è anche la rivisitazione della visione neo-jacksoniana. Un inedito fondamento ideale, più che ideologico, per una rinascita americana e un mondo nuovo lontano da quella aspirazione imperialista al centro della politica estera delle amministrazioni precedenti.
Per Trump vale solo l’America first che diventa, appunto Americanexit, disinteresse di fatto per tutto ciò che è fuori dal perimetro del valori jacksoniani. È altrettanto interessante quanto questo riallineamento stia allontanando gli Stati Uniti dalla Gran Bretagna, fino a ieri partner privilegiato di qua dall’Atlantico. Una distanza siderale separa il jacksonismo trumpiano dai conservatori inglesi. Soprattutto oggi con la nuova leader Kemi Bradenoch, donna, nera e immigrata di prima generazione. Li accomuna solo un deciso patriottismo, ma, al di là delle congratulazioni di rito, l’argomento Trump è uscito in fretta dai radar dei tory. E anche questa marcata distanza, che diventerà forse voragine, determinerà il mondo nuovo visto da destra e, forse, la fine dell’Occidente come lo conoscevamo.