La foto che ritrae il presidente del consiglio Giorgia Meloni al tavolo dei leader europei invitati lunedì 17 febbraio a Parigi da Emmanuel Macron – per discutere che fare dopo l’affondo del presidente americano Donald Trump che vorrebbe arrivare alla pace in Ucraina discutendo solo con il leader russo Vladimir Putin e tenendo a margine ucraini e ben lontano gli europei – racconta perfettamente lo stato politico-esistenziale in cui si trova Giorgia Meloni.
È lì, seduta al tavolo tondo (arrivata con un’ora di ritardo), chiusa nella giacca, con le spalle curve, lo sguardo triste più che pensieroso, e sprizza cattivo umore senza nasconderlo, mentre gli altri leader abbozzano un sorriso al fotografo chiamato a immortalare il momento. Non è certo l’immagine della Giorgia Meloni sorridente ed elettrizzata che spesso negli ultimi due anni ha magnificato il lavoro suo e del suo governo, in filmati sui social ma tenendosi lontana da scomode domande.
Ha tutte le ragioni per manifestare apertamente malumore Giorgia Meloni. Sul fronte interno ha deciso di stare il più lontano dai riflettori perché le è difficile dare risposte esaurienti su due casi: il rilascio dal carcere del libico Osama Almasri riaccompagnato a Tripoli su un volo di stato, in barba all’ordine di cattura del Tribunale penale internazionale; la storiaccia dell’uso di un software spia creato da una azienda israeliana e in uso esclusivo a enti governativi italiani per intercettare un giornalista e un attivista, azione almeno nel caso del direttore di Fanpage espressamente vietata dalla legge.
Adesso il presidente Giorgia Meloni sta vedendo andare in frantumi il progetto politico che ha coltivato a partire dall’8 novembre 2024, giorno in cui gli americani hanno consegnato la Casa Bianca a Donald Trump: accreditarsi subito con il nuovo presidente, da qui la scelta di essere presente all’insediamento, preceduta da un viaggio frettoloso nella residenza di Mar a Lago prima del giuramento, vagheggiando l’obiettivo di entrare nell’inner circle di Trump, di potere in qualche modo rappresentare la nuova linea politica americana all’interno dell’Unione europea, sognando un posto da mediatore tra Usa e Ue in quella stagione che sta per aprirsi in cui gli Stati Uniti useranno i dazi come clava politica nei confronti di amici ed alleati storici.
Sarà interessante allora vedere che cosa dirà Giorgia Meloni sabato pomeriggio nell’intervento che le è stato riservato alla riunione del Cpac (la Conservative Political Action Conference, di fatto il seminario che raccoglie i conservatori americani). Si limiterà a magnificare la vicinanza tra il suo partito – Fratelli d’Italia – e il trumpismo in tema di idee e valori tenendosi a distanza dalle questioni politiche che bollono in pentola? O invece entrerà nel merito dell’azione politica di questi giorni? In questo caso dovrà scegliere sulla questione guerra se stare dalla parte di Donald Trump che pensa di chiudere il conflitto parlandone direttamente e solo con Putin, lasciando ai margini l’Europa, e offrendo all’Ucraina la sola strada del prendere o lasciare quel che viene deciso a Mosca e Washington. Il rischio di una scelta di questo tipo è evidente: mettersi ai margini dell’Europa, passare per una voltagabbana con Kiev e mettere in un cassetto qualsiasi sogno di avere un ruolo leader nel futuro rapporto euroatlantico.
Come hanno detto alcuni Fratelli d’Italia molto vicini al presidente del consiglio italiano, Giorgia Meloni sta surfando sui problemi politici aspettando l’onda giusta L’importante è che il presidente del consiglio sappia che in quell’attività ci sono sempre due rischi. Non riuscire ad agganciare l’onda e restare a galleggiare sulla tavola in mezzo al mare. Oppure, non valutare appieno la forza e l’intensità dell’onda sulla quale si sale e rovinare pericolosamente nel frangente con il rischio di essere sbattuti violentemente sul fondo del mare e di annegare.