Quando i numeri parlano, diamo loro la precedenza sul commento.
Con l’83% dei voti scrutinati, Trump ha ottenuto 73.407.735 voti, pari al 50,7%, mentre Harris ne ha raccolti 69.074.145, pari al 47,7%. Trump conquista così la maggioranza del voto popolare, un traguardo che al GOP mancava da 20 anni.
Nelle elezioni del 2020, Biden aveva raggiunto 81.283.501 voti, pari al 51,3%, contro i 74.223.975 di Trump, il 46,8%. In Senato, il GOP detiene attualmente una maggioranza di 53 a 47. Alla Camera il conteggio non è chiuso, ma i Repubblicani sembrano favoriti e potrebbero conservare la maggioranza numerica e lo Speaker.
Andiamo al dettaglio della distribuzione dei consensi. Il margine di voti tra le donne per Harris è inferiore rispetto a quello ottenuto da Biden nel 2020: Harris ha vinto tra le donne con 7 punti di vantaggio, contro i 12 di Biden. Le giovani sotto i 30 anni avevano sostenuto Biden con un margine di 32 punti, ridotto a 18 per Harris, segnando un passaggio di 14 punti verso Trump. Tra i giovani uomini, nel 2020 Biden distaccava Trump di 15 punti; nel 2024, la situazione si è ribaltata, con Trump avanti su Harris di 14 punti, un salto di 29 punti per il repubblicano.
Tra gli elettori non bianchi, la candidata nera Harris ha goduto di un margine di 35 punti su Trump, contro i 48 di Biden nel 2020. Tra i neri, il margine per Harris è stato di 67 punti, in calo dagli 83 di Biden. Trump ha ottenuto il 16% dei voti neri complessivi e, tra i maschi neri, il margine è stato del 24%. Tra gli ispanici, il vantaggio di Harris si è dimezzato a 14 punti rispetto ai 28 di Biden. Trump ha raggiunto il 42% del voto ispanico complessivo e il 47% tra i maschi ispanici. Tra i votanti della classe lavoratrice, il vantaggio di Trump si è triplicato, passando dai 4 punti del 2020 ai 12 attuali.
Questi sono solo alcuni dei risultati dell’analisi dei dati di “AP VoteCast” riportati da FreePress, ma rendono bene l’idea. La conclusione è chiara: il partito Democratico ha subito una sconfitta epocale, ma se saprà imparare la lezione, reinventandosi sostanzialmente, potrebbe avere un futuro. Oggi, il partito DEM appare come una tabula rasa di idee, travolto da un elettorato che lo ha sbeffeggiato premiando il personaggio più osteggiato dai media mainstream, più di Reagan, più di George W. Bush. Che ruolo avrà Harris in questa eventuale resurrezione?
Paradossalmente, è proprio lo stato disordinato delle proposte politiche dei vertici democratici, inquinati da una componente ideologica marxista (Ocasio-Cortez e Bernie Sanders) a dare ad Harris l’occasione di diventare una Kamala 2.0. Se possiede delle vere doti politiche – finora mai emerse anche a causa di un ambiente californiano troppo favorevole – dovrà ora metterle alla prova. I ripensamenti della sua campagna nei primi 100 giorni non sono stati la causa della disfatta, ma forse i semi di una possibile riabilitazione: il sì al muro di Trump, la pistola sul comodino, l’addio al “defund the police” sono elementi che ben si inseriscono in un programma di buon senso. Averli ceduti a Trump, che con questi argomenti ha riconquistato il centro del ring e la maggioranza sorprendente del voto popolare, è stato il suicidio politico dei Democratici.
Ora Biden è fuori dai giochi; gli Obama si sono screditati nel tentativo di rimuoverlo e non sono riusciti, con il loro appoggio tardivo e superficiale, ad aiutare Harris; i Clinton sono reliquie politiche, come Nancy Pelosi, di un’altra era; Chuck Schumer ha perso la leadership al Senato. Restano, come monumenti grotteschi della disfatta, le bandiere hollywoodiane delle Taylor Swift, delle Beyoncé, dei George Clooney…
La lotta per la successione alla leadership nazionale dei Democratici è aperta. Kamala 2.0, se ci sei e credi davvero nella tua nuova versione centrista, è il momento di farti avanti.