Nel deteriorarsi apparentemente inarrestabile del quadro generale delle relazioni internazionali, il rifiuto di interloquire con il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, espresso dagli attori principali dei due conflitti più strategici in corso – Israele e Ucraina – è un pessimo segnale. Per capire cosa sta accadendo, si richiama un minimo di background.
Per quanto riguarda Israele, la decisione del 2 ottobre che vieta l’ingresso a Guterres ha radici lontane, tanto che il Segretario Generale da tempo lamenta il rifiuto di Netanyahu di rispondergli al telefono. Gerusalemme ha accusato il responsabile Onu di aver tollerato o coperto il coinvolgimento di personale e locali dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unrwa) nei fatti del 7 ottobre 2023 e nell’attività di Hamas, e di non aver attivato la missione Onu di interposizione al confine libanese (Unifil) nei confronti di Hezbollah. Il passo attuale avviene perché Guterres non avrebbe condannato “unequivocally” i missili iraniani contro Israele. In realtà è una specie di trappola nella quale cade il Segretario Generale, perché ne elide la capacità d’intermediazione e lascia mani libere a Netanyahu.
Per quanto riguarda l’Ucraina, il 25 ottobre Zelensky ha rifiutato ad António Guterres l’incontro chiestogli nel rientro dal vertice Brics di Kazàn’, motivandolo con la sua assenza al Vertice sulla Pace in Ucraina di Bürgenstock, lo scorso giugno. Guterres ha osservato di non poter mancare vertici rappresentativi come quello Brics (dove ha incontrato Putin), al che gli si è ricordato che a Bürgenstock c’erano 93 paesi e 8 organizzazioni internazionali. La decisione ucraina è l’ultimo episodio di un rapporto peggiorato dopo l’incontro bilaterale dell’8 marzo 2023 a Kyiv , dove Zelensky precisò che il suo paese “difendeva i fini e i principi della carta Onu”.
Gli scenari aperti dalle dure prese di posizione israeliana e ucraina mettono Guterres con le spalle al muro, anche perché l’ingombrante silenzio Usa durerà al massimo una settimana. Poi l’antimultilateralista e antiglobalista Trump profitterebbe delle difficoltà del Segetario Generale per rilanciare la sua aggressione all’Onu, o Harris, nonostante la tradizione democratica multilateralista e filo Nazioni Unite, dovrebbe tener conto delle posizioni dei governi ai quali le amministrazioni democratiche hanno fornito aiuto politico e militare.
Guterres, in scia a taluni suoi precedessori, sembra ignorare i contenuti del suo mandato. Nell’intervento a Kazàn’, riferendosi al Summit of the Future di settembre, ha ricordato la roadmap per “il rafforzamento del multilateralismo, e l’avanzamento di pace, sviluppo sostenibile e diritti umani”, aggiungendo di “vedere quattro aree per l’azione”: nell’elenco la pace figura buon’ultima, dopo finanza, clima, tecnologia. Eppure l’Onu è stato fondato innanzitutto per pacificare le relazioni fra gli stati membri. Basta leggere i primi due articoli della Carta fondativa, rispettivamente Scopi e Principi. Nel primo, economia sociale e diritti umani sono richiamati solo al terzo comma, dopo due commi su pace e sicurezza. L’articolo 2 guarda solo a sicurezza, pace, sovranità. Al Segretario Generale, per i poteri conferiti dalla Carta, spetta fare proposte sulla pace. Se dà priorità ad altro, e viene ostracizzato dai contendenti, difficile che possa esercitare il suo compito di honest broker. Intanto l’addensarsi delle condizioni per il conflitto diretto Israele Iran, e l’ingresso sul campo ucraino di armati nordcoreani proiettano scenari raccapriccianti.
A questo proposito, rispetto ai due casi in esame, si rende opportuna una distinzione. Di fronte agli eccessi delle azioni di Israele contro Hamas e Hezbollah, comportanti morte e distruzione per civili, è comprensibile che il Segretario Generale si lasci andare a critiche verso chi, pur esercitando l’autotutela legittima, sia ritenuto colpevole di interpretarla in modo sproporzionato.
Nessuna comprensione può invece essere invocata verso un Segretario Generale che va a rendere omaggio a un ricercato dalla Corte Penale Internazionale in quanto “allegedly responsible for the war crime of unlawful deportation of population (children) and that of unlawful transfer of population (children) from occupied areas of Ukraine to the Russian Federation (under articles 8(2)(a)(vii) and 8(2)(b)(viii) of the Rome Statute).”
Basti ascoltare le parole semiderisorie che Putin pronuncia a Kazàn’ in coda all’intervento di Guterres per acquisire la dimensione dell’errore strategico commesso dal capo della diplomazia Onu.: “Viviamo in una grande famiglia. In una famiglia purtroppo ci sono contraddizioni, discussioni, divisione dei beni, a volte si arriva alle botte”.
A parziale attenuante di Guterres, si può richiamare la difficoltà che gli viene dal fatto che ad agire in violazione della Carta sia uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, l’organo che nel 2016 lo ha “raccomandato” alla nomina da parte dell’Assemblea Generale. Tuttavia la Carta gli dà, con l’articolo 99, il potere di “portare all’attenzione del Consiglio di Sicurezza qualunque materia che nella sua opinione possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”. Lo faccia, riprendendo tono e contenuti dei suoi remarks al Consiglio di Sicurezza del 22 settembre 2022, quando elencò senza esitazioni i crimini che i russi stavano commettendo. Nulla a che vedere con il deferente pubblico inchino rivolto a Putin in quel di Kazàn’ che, forse anche oltre il dimesso discorso pronunciato ai Brics, ha irritato i governanti di paesi che temono l’aggressione russa.
Il ministro degli Esteri lituano, Gabrelius Landsbergis , ha dichiarato: “Guterres must admit that he was wrong and take responsibility, both when he decided not to go to the Ukraine peace summit in Switzerland and now, when he went to see the wanted war criminal Putin and grovelled with both him and his accomplice Lukashenko….Guterres is no longer accepted as an honest broker, and if he decides to resign, we would certainly not be the ones to discourage him from doing so.”
Ha rincarato il suo primo ministro, Ingrida Šimonytė, definendo “pathetic” la condotta di Guterres, aggiungendo: “The United Nations has adopted a number of resolutions in the General Assembly condemning Russia’s invasion of Ukraine, and such behaviour is incomprehensible, to say the least.”
Non sarà il recente comportamento di Guterres ad aiutare l’uscita dell’Onu dal lungo tunnel critico nel quale l’organizzazione si è infilata da decenni, e che ha riguardato in particolare agenzie come Unesco, e oggi l’Unrwa ostracizzata da Israele, ma mai prima un Segretario Generale. Nei quasi ottant’anni di esistenza, i belligeranti bisognosi di pace hanno sempre guardato con fiducia a una figura che la Carta ha concepito perché sapesse offrire ai contendenti, in modo neutrale ed equanime, una pace giusta. È grave che quella tradizione appaia, ad alcuni dei belligeranti e non solo, interrotta.