Haiti sta precipitando nel caos. Le bande criminali stringono la loro morsa sulla capitale, la violenza si diffonde senza controllo e “la sofferenza permea tutti gli strati sociali”, ha avvertito martedì William O’Neill, esperto designato dalle Nazioni Unite per i diritti umani ad Haiti.
Dopo il suo quarto viaggio per valutare la situazione sul campo, O’Neill ha tenuto una conferenza stampa al Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, dipingendo ai giornalisti un quadro spaventoso di un Paese soffocato dal dolore e dalla disperazione: “Odio sembrare un disco rotto,” ha detto, “ma la situazione è più drammatica ogni volta che torno.”
Nonostante gli sforzi della Polizia Nazionale Haitiana (PNH) e della Missione Multinazionale di Supporto alla Sicurezza (MSS), il rischio che la capitale “cada sotto il controllo dei gruppi criminali è palpabile”, ha avvertito O’Neill.
Le bande armate non si limitano più alla capitale. Il loro dominio si sta espandendo in tutto il Paese, lasciando dietro di sé una scia di omicidi, stupri e terrore.
“Uccidono, violentano, terrorizzano, danno fuoco alle case”, ha raccontato O’Neill, “infiltrandosi in tutti gli ambiti della società”. E lo fanno con la massima impunità, e spesso – come riferiscono molte fonti – con la complicità di attori potenti.
O’Neill ha condiviso testimonianze scioccanti di haitiani intrappolati nell’incubo quotidiano della violenza.
Così una ragazza di 16 anni ha raccontato il suo orrore: “Sette uomini mascherati hanno fatto irruzione in casa mia a Kenscoff, hanno violentato e picchiato me e la mia matrigna. Poi hanno ucciso mio padre davanti ai miei occhi”. La sua sofferenza è devastante: “Il dolore è lancinante. A volte lo dimentico, poi ritorna. Di notte, urlo”.
Eppure, nel mezzo dell’orrore, ha ancora un sogno: diventare una psicologa per aiutare altre giovani vittime come lei. Ma le risorse per supportare vittime di violenza come lei sono inesistenti, ha denunciato O’Neill.
Un’altra storia agghiacciante è quella di “L”, un ragazzo di 12 anni reclutato a forza dalle gang, ora incarcerato nel Centro di Riabilitazione per Minori a Port-au-Prince, accusato di associazione criminale. “Non voglio più banditi nel mio Paese. Un giorno sarò un pilota”, ha detto a O’Neill. “Voglio solo tornare in strada.”
La violenza inarrestabile ha già sfollato oltre un milione di persone. Migliaia sono state costrette a fuggire nelle ultime settimane, senza alcun posto sicuro dove andare. “Non hanno nessun rifugio,” ha spiegato O’Neill.

La disperazione ha alimentato conflitti tra le comunità: in un episodio agghiacciante, studenti hanno lanciato pietre contro sfollati interni (IDP) che cercavano rifugio nella loro scuola. “I disperati si stanno rivoltando contro chi è ancora più disperato,” ha osservato O’Neill.
Nei campi di fortuna, la fame e la violenza sessuale sono fuori controllo. Per molti, sopravvivere è ormai una scommessa quotidiana con la morte. “L’unità e la solidarietà devono guidare l’azione politica a tutti i livelli, nell’interesse della popolazione”, ha esortato O’Neill.
Lo Stato haitiano deve dare priorità alla lotta contro l’impunità e la corruzione, che rappresentano il più grande ostacolo alla distruzione delle bande criminali. Ma ha anche avvertito che qualsiasi risposta alla violenza deve rispettare il diritto internazionale: “Nessuna circostanza, per quanto eccezionale, può giustificare la violazione di questo diritto fondamentale.”

L’inviato dell’ONU ha un messaggio spietato e allarmante: “Non c’è un giorno da perdere. Non c’è un’alternativa. La sopravvivenza di Haiti è in gioco”.
Nonostante il caos, O’Neill crede che una soluzione esista ancora, ma che il tempo stia per scadere. Ha chiesto con urgenza l’invio immediato di una forza di 2.500-3.000 agenti di polizia ben addestrati e adeguatamente equipaggiati per evitare la caduta definitiva della capitale. “Si può ancora fare,” ha detto. “Ma bisogna agire subito.”
L’appello di O’Neill è un grido disperato che però sembra ormai cadere nel vuoto, come quando alla Casa Bianca di Donald Trump ora di parla di rimpatriare i rifugiati haitiani che negli ultimi anni erano riusciti a fuggire dall’isola.
Haiti è in ginocchio. La sua gente sta morendo. La sua sopravvivenza è appesa a un filo. Ma chi è in grado di far agire l’ONU prima che sia troppo tardi?