Mentre nella città di Goma, nel nord est della Repubblica Democratica del Congo (DRC, RDC in italiano), si spara, si violenta e si uccide, il Consiglio di Sicurezza martedì sera si è riunito per la seconda volta in tre giorni in una riunione d’emergenza per affrontare la crisi. Come? Magari votando una risoluzione rientrante nel capitolo VII della Carta ONU (in cui si minaccia sanzioni e in caso anche intervento militare) per intimare ai ribelli M23 di ritirarsi immediatamente e al Ruanda che li supporta di non interferire? Macché, i Quindici hanno ancora una volta fatto i loro discorsi, ascoltato, ridiscusso, ma alla fine nessuna mossa concreta per venire in soccorso della popolazione civile nella regione del Nord e Sud Kivu terrorizzata e in fuga e rafforzare la missione MONUSCO che ha già perso negli ultimi giorni 13 caschi blu.
Vivian van de Perre, Vicecapo della Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite nella RDC (MONUSCO), collegata via video e con in testa l’elmetto blu a indicare che le pallottole le fischiavano intorno, ha fornito un dettagliato aggiornamento da Goma, sottolineando la drammatica situazione umanitaria e la necessità di un’“azione internazionale urgente e coordinata” per fermare i combattimenti tra i ribelli dell’M23 e le forze congolesi che si contendono il controllo di un città di oltre un milione di abitanti ma che con l’arrivo di rifugiati negli ultimi mesi, ne conta in questo momento molti di più.
Van de Perre ha riferito che i recenti scontri hanno causato un enorme sfollamento, con oltre 178.000 persone in fuga dal territorio di Kalehe dopo che l’M23 ha preso il controllo di Minova.Più di 34.000 di questi sfollati hanno cercato rifugio in siti per sfollati interni (IDP) già sovraffollati dentro e intorno a Goma, aggravando la crisi umanitaria e mettendo sotto pressione le infrastrutture della città.

La ministra degli Affari Esteri della RDC, Thérèse Kayikwamba, presente per la seconda volta di persona alla riunione del Consiglio di Sicurezza, ha affermato che le azioni del Ruanda “costituiscono crimini contro l’umanità” e continuano impunemente in aree come Goma. Ha descritto le sofferenze in corso, tra cui la condizione dei civili intrappolati e la creazione di amministrazioni parallele da parte delle Forze di Difesa del Ruanda (RDF) nei territori occupati. La ministra ha criticato duramente il Ruanda, accusandolo di ignorare l’autorità del Consiglio di Sicurezza e di sfruttare l’inazione dell’organismo per perpetuare violenze e destabilizzazione.
Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe evitare di stabilire un precedente di “impotenza” di fronte all’aggressione, ha dichiarato la ministra Kayikwamba. Sottolineando le implicazioni regionali, ha respinto l’idea che l’inazione possa essere considerata una “soluzione africana” e ha affermato che l’attacco alla DRC è anche un attacco ai principi del multilateralismo e ai valori fondamentali delle Nazioni Unite.
Kayikwamba ha avanzato cinque richieste urgenti a nome del suo governo: il ritiro immediato delle truppe ruandesi dal territorio della DRC, l’istituzione di sanzioni mirate contro il Ruanda e un embargo sulle risorse naturali identificate come provenienti dal Ruanda. Ha inoltre richiesto l’esclusione del Ruanda come Paese contributore di truppe per le missioni di pace e la piena trasparenza sui trasferimenti di armi verso il Ruanda.

Il rappresentante del Ruanda, l’ambasciatore Ernest Rwamucyo, ha condannato gli attacchi contro il suo Paese, ricordando che tali episodi recenti e ripetuti sono sostenuti dalla DRC.“Il Ruanda conosce i benefici della pace”, ha dichiarato, sottolineando che è la presenza di forze militari congolesi vicino al confine tra i due paesi che rappresenta una minaccia alla sicurezza. Secondo il diplomatico di Kigali, il Ruanda starebbe fornendo aiuti umanitari ai rifugiati, offrendo riparo agli sfollati e assistendo nel trasferimento del personale della MONUSCO e di altre agenzie ONU attraverso la capitale. Tuttavia, ha espresso preoccupazione per gli attacchi diplomatici contro le missioni e ambasciate, compresa quella del Ruanda, avvenuti a Kinshasa.“La situazione in deterioramento nell’est della RDC ha una sola causa immediata: l’ossessione del presidente della DRC per una soluzione militare e la sete di un cambio di regime in Ruanda”, ha affermato. Rwamucyo. Il Ruanda ha chiesto, tra le altre cose, il ritiro delle truppe straniere e il rimpatrio dei mercenari europei, ribadendo il proprio sostegno alla MONUSCO.
E i Quindici? Tutti, compresi i P5 hanno pronunciato discorsi con appelli generali a far cessare le armi e ritrovare la via del dialogo, ma nessuno ha messo sul tavolo la proposta di risoluzione necessaria per minacciare il Ruanda e il suo presidente, Paul Kagame, che avrebbe pagato cara la continuazione dell’assalto e delle violenze di M23 nella Repubblica Democratica del Congo.
Quando alla fine della riunione la ministra degli Esteri congolese Kayikwamba ha incontrato i giornalisti fuori dal Consiglio di Sicurezza, le abbiamo chiesto quale dei cinque membri permanenti non avesse agito finora come il suo governo si aspettava e quindi rallentando l’azione del Consiglio. Alla risposta vaga della ministra, che ha detto che rispetto alla riunione di tre giorni fa aveva visto nei discorsi dei P5 dei miglioramenti, abbiamo replicato chiedendo se potesse fornire più dettagli e indicare chi tra i paesi del Consiglio sta supportando le sue richieste e chi frena. A quel punto Kayikwamba ha risposto: “Lascio a ognuno di voi controllare i discorsi fatti oggi che restano agli atti di questa istituzione e quindi al giudizio della storia”.