La congresswoman Elise Stefanik (R-NY), scelta da Donald Trump come ambasciatrice degli USA alle Nazioni Unite, è apparsa martedì davanti alla Commissione per le Relazioni Estere del Senato per la sua audizione di conferma al delicato incarico che di solito comporta la partecipazione al cabinet di governo.
Nata e cresciuta upstate New York, laureata ad Harvard, Stefanik ha lavorato alla Casa Bianca di G. W. Bush nel Consiglio per le politiche interne e nell’ufficio del capo di gabinetto. Stefanik è stata eletta al Congresso nel 2015 ed allora era la donna più giovane nella legislatura, avendo solo 30 anni. Repubblicana moderata all’inizio, ha poi cambiato posizioni abbracciando il movimento MAGA e scalando la leadership della Camera diventando nel 2021 quarta nel rango del suo partito. Dopo l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021, ha continuato a sostenere Trump, mentre il presidente negava di aver perso le elezioni contro il Democratico Joe Biden. Stefanik ha ulteriormente scalato le posizioni del GOP entrando sempre più nelle grazie di Trump e diventando nota a livello nazionale, soprattutto quando da congresswoman fu protagonista al Congresso delle audizioni contro alcuni presidenti di università prestigiose accusate di consentire nei loro campus l’antisemitismo.
Fervente sostenitrice dell’agenda “America First”, Stefanik ha delineato la sua visione per rappresentare gli interessi degli Stati Uniti nell’organizzazione globale, evidenziando le sue priorità per riformare l’ONU, contrastare la crescente influenza della Cina e rafforzare le alleanze in aree chiave. Ma soprattutto Stefanik ha ribadito il suo appoggio allo stato d’ Israele e ha evitato di rispondere affermativamente ad una precisa domanda se per lei anche i palestinesi avessero diritto al loro stato.
Il senatore Jim Risch, presidente repubblicano della commissione, ha impresso subito il tono alla seduta attaccando le Nazioni Unite, affermando che Stefanik “può portare un cambiamento necessario”. Il senatore dell’Idaho ha chiesto una rivalutazione di ogni agenzia dell’ONU per determinare se le loro azioni siano a beneficio dell’America – e, in caso contrario, “ritenerle responsabili fino a quando la risposta non sarà un sì inequivocabile”. “A questo punto, gli Stati Uniti dovrebbero seriamente esaminare se ulteriori contributi e, in effetti, la partecipazione all’ONU siano davvero utili per il popolo americano,” ha dichiarato Risch.
Gli Stati Uniti pagano poco più di un quinto del budget regolare delle Nazioni Unite, e Stefanik è stata interrogata ripetutamente sul sostegno americano alle sue numerose agenzie, che si occupano di tutto, dalla salute, all’istruzione e migrazione, ai diritti riproduttivi e alla non proliferazione nucleare.
Nella sua dichiarazione di apertura, Stefanik si è impegnata a portare avanti le politiche “America First” promosse dal presidente Donald Trump. Ha sottolineato che gli aiuti finanziari degli Stati Uniti nell’ONU devono migliorare la sicurezza nazionale, la prosperità economica e la forza globale della nazione. Stefanik ha espresso preoccupazione per le inefficienze all’interno dell’ONU, affermando che i dollari dei contribuenti americani devono essere destinati a programmi trasparenti, responsabili e allineati agli interessi degli Stati Uniti.
“Gli Stati Uniti non devono sovvenzionare attività che minano la nostra sicurezza nazionale o i nostri valori,” ha dichiarato Stefanik. “Come ambasciatrice, mi assicurerò che ogni dollaro investito nell’ONU produca risultati misurabili a beneficio del popolo americano”.
Un elemento chiave della testimonianza di Stefanik è stato il suo impegno a rivedere e riformare l’allocazione dei finanziamenti degli Stati Uniti all’interno delle agenzie dell’ONU. Ha criticato alcune agenzie (soprattutto UNRWA, l’agenzia per i rifugiati palestinesi che già Israele ha posto fuorilegge) per il loro sostegno ad attività che, a suo avviso, promuovono l’antisemitismo e favoriscono il terrorismo. Stefanik ha affermato di essere aperta a una revisione delle agenzie per garantire “che tutti i nostri soldi dei contribuenti vadano a enti delle Nazioni Unite che funzionano molto bene” citando l’agenzia per l’infanzia (UNICEF) e il Programma Alimentare Mondiale (WFP) come esempi di organizzazioni “efficaci”, Quindi si è impegnata a promuovere cambiamenti significativi affinché tutte le agenzie dell’ONU operino in modo trasparente ed efficace.
Le osservazioni di Stefanik hanno trovato riscontro in molti senatori che da tempo criticano le inefficienze dell’ONU.
Un tema centrale dell’audizione è stata la strategia per contrastare la crescente influenza della Cina all’interno dell’ONU. Stefanik ha sottolineato la necessità di aumentare la presenza americana nell’organizzazione globale, invitando più cittadini statunitensi a ricoprire posizioni di leadership nelle agenzie dell’ONU. “L’ascesa incontrollata della Cina all’interno del sistema ONU rappresenta una minaccia diretta agli interessi e ai valori americani,” ha affermato Stefanik. “Dobbiamo agire con decisione per riconquistare il nostro ruolo di leadership e sfidare l’influenza di Pechino”. Stefanik ha anche espresso preoccupazione per gli sforzi della Cina di utilizzare l’ONU come piattaforma per promuovere la propria agenda geopolitica. Si è impegnata a contrastare i tentativi di Pechino di plasmare le norme e le politiche internazionali in modi che minano i principi della democrazia e dei diritti umani.
Durante l’audizione il sostegno di Stefanik a Israele è emerso con più forza durante la testimonianza. La congresswoman, che ricordiamo fu protagonista al Congresso delle audizioni contro alcune presidenti di università le cui istituzioni erano accusate di consentire nei loro campus l’antisemitismo, ha criticato ciò che ha definito il persistente pregiudizio dell’ONU contro Israele, osservando il numero sproporzionato di risoluzioni che la prendono di mira.
“Gli Stati Uniti devono stare incondizionatamente con Israele all’ONU,” ha affermato Stefanik. “Come ambasciatrice, lavorerò instancabilmente per contrastare gli attacchi unilaterali contro il nostro alleato più stretto e garantire che l’ONU rispetti il suo mandato di promuovere la pace e la sicurezza in modo equo”.
Quando il senatore Chris Van Hollen ha chiesto a Stefanik se fosse d’accordo “che per raggiungere una pace e una stabilità a lungo termine in Medio Oriente, dobbiamo garantire i diritti umani e il diritto all’autodeterminazione sia per gli israeliani che per i palestinesi”, la congresswoman di New York ha risposto: “Supporto i diritti umani per tutti, e penso che sia una vergogna che Hamas e Hezbollah abbiano privato il popolo palestinese dei suoi diritti umani”. Ma quando a questo punto il senatore democratico del Maryland le ha chiesto se è d’accordo che i palestinesi abbiano diritto al loro stato, Stefanik non ha risposto, ripetendo che hanno diritto “al rispetto dei diritti umani”. Van Hollen non ha mollato la presa e ha chiesto una risposta, “`si o no?” Stefanik non ha risposto, ma ha ripetuto che i palestinesi erano stati privati dei loro diritti umani da Hamas.
A questo punto van Hollen le ha chiesto se fosse d’accordo che con la visione sostenuta da alcuni ministri israeliani dell’estrema destra, tra cui quello delle finanze Bezalel Smotrich e l’ex ministro della sicurezza nazionale Ben Gvir, secondo cui Israele ha un “diritto biblico sull’intera Cisgiordania”. Stefanik, questa volta senza esitare, ha risposto di sì.
Van Hollen, ha concluso il suo interrogatorio dicendo che “la pace e la stabilità” nella regione sarebbero “molto difficili da raggiungere… se si continua a sostenere la visione che ha appena espresso,” aggiungendo che per la pace in Medio Oriente si deve tener conto “delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza”.
Quando però il Senatore Chris Murphy ha incalzato Stefanik riguardo al gesto fatto da Elon Musk ieri sera durante un intervento successivo all’inaugurazione di Trump, che molti hanno paragonato a un saluto nazista. affermando che l’antisemitismo dovrebbe essere denunciato “da entrambe le parti,” Stefanik ha invece negato categoricamente che si trattasse di qualcosa del genere. “No, Elon Musk non ha fatto quei saluti,” ha dichiarato la candidata ad essere ambasciatrice all’ONU. “Il popolo americano è intelligente e vede oltre queste cose e sostiene Elon Musk”.
Stefanik ha evidenziato la sua intenzione di esaminare le missioni di pace dell’ONU, come l’UNIFIL in Libano, dove opera Hezbollah. Ha sostenuto che queste missioni devono essere ristrutturate per prevenire abusi e ha dichiarato che esaminerà con il Segretario di Stato Marco Rubio la situazione per poi prendere decisioni a riguardo.
Stefanik ha identificato l’Iran come una significativa minaccia alla stabilità globale, citando le sue ambizioni nucleari e il sostegno al terrorismo. Ha sottolineato la necessità di sforzi internazionali coordinati per ritenere Teheran responsabile. Inoltre, Stefanik ha promesso di rafforzare le partnership per affrontare le sfide globali, inclusa la minaccia rappresentata dall’aggressione della Russia e le crisi umanitarie in zone di conflitto.
In un insieme di ordini esecutivi firmati da Trump poche ore dopo la sua inaugurazione, gli Stati Uniti sono stati ritirati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), parte delle Nazioni Unite. Trump ha a lungo criticato l’OMS, che si occupa delle emergenze sanitarie globali, per la sua risposta alla pandemia. Stefanik ha dichiarato di sostenere la decisione. “L’OMS ha fallito sulla scena globale durante la pandemia di COVID, come il mondo intero ha potuto vedere.” Trump aveva iniziato a ritirarsi dall’OMS già nel 2020, ma l’ex presidente Biden aveva invertito la decisione. Stefanik ha accusato l’OMS di essere “presa dalla propaganda del Partito Comunista Cinese”, riferendosi al governo della Cina. Gli esperti sanitari hanno espresso preoccupazione sul fatto che il ritiro degli Stati Uniti dall’organizzazione potrebbe avere ripercussioni sulla salute globale.
Nel complesso, l’audizione è stata caratterizzata da scambi cordiali e da un’accoglienza in gran parte positiva. Stefanik dovrebbe essere confermata con una minima opposizione, segnalando un forte sostegno alla sua visione di una presenza più assertiva degli Stati Uniti alle Nazioni Unite.