Altro che “zoppa”, l’amministrazione Biden negli affari internazionali appare sempre più “anatra morta”. Giovedì alla riunione ministeriale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul tema dei pericoli e opportunità dell’Intelligenza Artificiale presieduta dal Segretario di Stato Antony Blinken (gli USA detengono la presidenza di turno dei Quindici per il mese di dicembre) di ministri di pari livello si sono presentati in tre: quelli di Ecuador, Mozambico e Svizzera. Attorno al tavolo, c’erano i soliti ambasciatori o addirittura i loro vice, come è stato il caso per l’”alleato” Regno Unito. L’argomento AI e soprattutto i rischi che comporta non era di grande interesse? Doveva invece esserlo secondo le aspettative, infatti c’era pure il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres ad aprire il dibattito, ma l’assenza di “pezzi da novanta” dei governi rappresentati al Consiglio ha dato proprio l’impressione che alle cancellerie del mondo, di ciò che pensa e propone l’amministrazione di Joe Biden ormai non interessa ormai più nulla. L’attesa è tutta per la nuova amministrazione di Donald Trump che per il Palazzo di Vetro dell’ONU ha scelto una sua fedelissima “maga”, la deputata di New York Elise Stefanik.
Ma andiamo al tema in discussione. Non era la prima volta che l’AI (o IA in italiano) fosse al centro del dibattito al Consiglio di Sicurezza. Già nel 2023 c’era stata una riunione, sempre alla presenza di Antonio Guterres. All’Assemblea Generale dell’ONU si sono già approvate due risoluzioni a riguardo e l’UNGA si appresta a votarne tra pochi giorni una terza.
Giovedì, dal canto suo, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha esortato il Consiglio di sicurezza ad agire con decisione per stabilire barriere internazionali per l’intelligenza artificiale (AI), avvertendo che i ritardi potrebbero aumentare i rischi per la pace e la sicurezza globale.
Rivolgendosi a (pochi) ministri e tanti ambasciatori, António Guterres ha avvertito che i rapidi sviluppi dell’intelligenza artificiale stanno superando la capacità dell’umanità di governarla, sollevando importanti questioni su responsabilità, uguaglianza, sicurezza e controllo umano nel processo decisionale. “Ogni momento di ritardo nella creazione di guardrail internazionali aumenta il rischio per tutti noi”, ha ribadito Guterres.
“Nessun paese dovrebbe progettare, sviluppare, implementare o utilizzare applicazioni militari di intelligenza artificiale nei conflitti armati che violano le leggi internazionali sui diritti umani e umanitari. Ciò include fare affidamento sull’intelligenza artificiale per selezionare o coinvolgere gli obiettivi in modo autonomo”. Guterres ha messo in guardia dalla competizione geopolitica sulle tecnologie emergenti, che non deve destabilizzare la pace e la sicurezza internazionali.
Nel suo discorso, Guterres ha sottolineato la duplice natura dell’intelligenza artificiale, sottolineando il suo potenziale nel prevedere gli spostamenti causati dai cambiamenti climatici o nell’individuare le mine terrestri. Tuttavia, la sua integrazione nei sistemi militari e il suo uso improprio nella sicurezza digitale comportano grandi e gravi rischi. “I recenti conflitti sono diventati terreni di prova per le applicazioni militari dell’intelligenza artificiale”, ha affermato, citando l’uso dell’intelligenza artificiale nella sorveglianza autonoma, nella polizia predittiva e persino nelle decisioni sulla vita o sulla morte.
Particolarmente allarmante, ha sottolineato Guterres, è la potenziale integrazione dell’intelligenza artificiale con le armi nucleari e l’avvento di sistemi di intelligenza artificiale quantistica che potrebbero destabilizzare la sicurezza globale. “Il destino dell’umanità non deve mai essere lasciato alla ‘scatola nera’ di un algoritmo”, ha affermato, sottolineando l’importanza del controllo umano sulle decisioni che comportano l’uso della forza.
Il ruolo dell’intelligenza artificiale nel dominio dell’informazione è un’altra area di preoccupazione, ha affermato Guterres, sottolineando come i deepfake e la disinformazione generata dall’intelligenza artificiale possono manipolare l’opinione pubblica, innescare crisi ed erodere la fiducia nelle società. Ha inoltre attirato l’attenzione sui rischi ambientali dell’intelligenza artificiale, evidenziando la natura ad alta intensità di risorse dei data center e la competizione geopolitica sui minerali critici necessari per la tecnologia dell’intelligenza artificiale. “Sfide globali senza precedenti richiedono una cooperazione globale senza precedenti”, ha affermato, chiedendo sforzi di collaborazione per garantire che l’intelligenza artificiale avvantaggi tutti e non esacerba la disuguaglianza. Guterres ha delineato i recenti passi verso l’istituzione di una governance globale per l’intelligenza artificiale, tra cui l’adozione del Global Digital Compact delle Nazioni Unite al vertice del futuro e due risoluzioni chiave dell’Assemblea generale sul rafforzamento della cooperazione globale e dello sviluppo delle capacità. Una terza risoluzione – incentrata sull’intelligenza artificiale nel settore militare – sarà esaminata dall’Assemblea generale nei prossimi giorni.
Concludendo il suo discorso, Guterres ha ribadito il suo appello a vietare le armi autonome letali, ha affermato, esortando il Consiglio di Sicurezza a dare l’esempio nel prevenire la militarizzazione dell’IA in modi che destabilizzano la pace e la sicurezza internazionali. “Esorto tutti voi a unire le forze per costruire un futuro dell’IA sicuro e inclusivo”.
Prima ancora di pensare a come unire le forze, in questa fase tutti stanno cercando di capire come far andare d’accordo i due giganti tech, USA e Cina: intendono collaborare allo sviluppo dell’AI o vogliono continuare la loro sfida tra paesi egemoni dello scacchiere internazionale con conseguenze potenzialmente devastanti per tutti?
Anche l’intervento dell’ambasciatore russo Vassily Nebenzia era sotto osservazione, ma sia nel contenuto che nel tono il rappresentante del Cremlino ha confermato le aspettative della vigilia, e cioè la Russia continua ad accusare gli Stati Uniti di dettare “le regole” per poi essere sempre primi a “non rispettarle”. Accusa ovviamente specularmente replicata dagli Stati Uniti a Mosca.
Invece, l’intervento dell’ambasciatore cinese Fu Cong, ha delineato una linea apparentemente “morbida” di Pechino nella tech-diplomacy, in cui si mettono in risalto le intenzioni per “democratizzare” attraverso regole certe per tutti la tecnologia AI e soprattutto per poterne contenerne gli enormi pericoli nel campo militare.
Cina e Stati Uniti rimangono finora i due paesi che si contendono il primato al mondo nello sviluppo della tecnologia dell’AI, con l’Europa rimasta indietro staccata. Secondo un indice recentemente pubblicato dall’Università di Stanford, gli Stati Uniti sarebbero diventati leader mondiali nello sviluppo della tecnologia dell’intelligenza artificiale dopo un predominio iniziale della Cina. Ma è proprio così o sono “ranking” partigiani, dove basta chiedere ai cinesi e ti diranno che sono loro i primi?
Di certo, c’è che per quanto riguarda l’azione all’ONU, dopo la prima risoluzione presentata dagli USA lo scorso marzo all’Assemblea Generale sull’intelligenza artificiale, l’amministrazione Biden ha accelerato nel dare un forte contributo affinché si sostenga uno sforzo internazionale per garantire che la potente tecnologia avvantaggi tutte le nazioni, rispetti i diritti umani e sia più sicura, protetta e affidabile.
Il Segretario di Stato Blinken, durante la riunione dei Quindici, ha ribadito che l’intelligenza artificiale ha il potenziale per fare “un bene enorme”, ma può anche rappresentare “enormi minacce alla pace e alla sicurezza internazionale che questo consiglio è incaricato di sostenere”. Osservando che “i regimi repressivi stanno utilizzando la sorveglianza basata sull’intelligenza artificiale per prendere di mira giornalisti e dissidenti politici” Blinken ha lanciato l’allarme: “quando gli algoritmi sono integrati nei sistemi d’arma, qualora non funzionassero correttamente, potrebbero innescare un conflitto”. Per questo, anche per Blinken bisogna stabilire le regole del percorso di sviluppo dell’intelligenza artificiale per “ridurre al minimo questi rischi e sfruttare l’eccezionale promessa di questa tecnologia”.
A seguire “dal vivo” la riunione del Consiglio di Sicurezza sull’AI, c’era anche la Prof. Maria Adele Carrai, sinologa della New York University Shangai, che sta completando delle ricerche sulla politica cinese riguardo all’AI e gli accordi internazionali. Le abbiamo posto delle domande.
La Cina, dato che è così dominante sull’AI, secondo lei sarà più tentata dal restare potenza egemone su questa tecnologia oppure, come ha affermato oggi al Consiglio di Sicurezza, vorrà condividerla sempre più aiutando a fissare le regole internazionali?
“Come ha ribadito anche oggi l’ambasciatore Fu Cong”, risponde Carrai, “la Cina è pronta a collaborare per lo sviluppo di una nuova governance per l’intelligenza artificiale e lo vuole fare soprattutto attraverso meccanismi internazionali già esistenti, in particolare le Nazioni Unite dove negli ultimi due decenni ha acquisito un ruolo sempre più importante, introducendo nel vocabolario delle sue risoluzioni, termini come ‘community of shared future for mankind’ e il diritto allo sviluppo”.
A questo punto la sinologa italiana della NYU ha approfondito: “la Cina che storicamente si è vista esclusa dal sistema internazionale, lo vuole democratizzare. A livello di IA, questo significa portare tecnologie a paesi in via di sviluppo, investendo lungo la via della seta digitale per ridurre il gap tra i paesi avanzati e quelli del sud globale. La cinese Huawei spesso è stata l’unica compagnia a costruire reti 5g e portare internet in paesi in via di sviluppo”.
Inoltre, ha continuato sempre l’esperta Carrai, “a livello normativo Pechino, che è stata tra i primi a sviluppare leggi su IA, vuole anche assicurarsi che i paesi del sud globale possano far sentire la propria voce e che la loro sovranità digitale sia rispettata. La questione rimane come queste tecnologie saranno sviluppate e usate dai diversi governi e di come la democratizzazione promossa da Pechino potrebbe portare a un uso non democratico di queste tecnologie, consolidando così il soft-power che la Cina ha acquisito già prima del dal lancio della Via della Seta”.
Già, perché fa notare Carrai, “a detta di Pechino, l’uso che un governo farà dell’IA, a parte le regole stabilite a livello internazionale, deve essere lasciato a ciascun governo e ai valori della propria società”.
E per quanto riguarda gli USA? Oggi abbiamo sentito Blinken ma quanto varrà quello che ha detto oggi dopo l’arrivo alla Casa Bianca di Trump? Cambieranno tutte le carte al tavolo del Consiglio di Sicurezza sull’AI?
“La Cina in particolare è preoccupata dai possibili aspetti egemonici dell’AI, i cinesi non vogliono che le regolamentazioni per le AI siano fatte in piccoli circoli privati, da grandi tech private. L’arrivo di Trump? Chi lo sa. è imprevedibile come sempre. Si è circondato da personaggi come Elon Musk, che punta molto su Ai e altri big Tech che comunque affiancano Trump. Non so quanto Trump intenda promuovere un’inclusività di paesi in via di sviluppo, di paesi che non possono finanziare lo sviluppo di Ai e tecnologie nuove eccetera. Potrebbe prendere diverse pieghe l’arrivo di una nuova amministrazione, forse tutto sarà fatto in maniera meno ‘democratica’ rispetto a quello che anche il segretario Stato Blinken sperava di facilitare”.