L’escalation delle ostilità nella regione attorno ad Aleppo in Siria ha costretto migliaia di famiglie a fuggire a Nord del Paese lasciando molti vulnerabili al rigido inverno, ha riferito venerdì l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Non solo: nelle ultime ore, la situazione è talmente degenerata che l’Onu stessa ha annunciato l’evacuazione dei suoi operatori dall’area verso Damasco. Un primo convoglio di auto è già in viaggio verso la capitale siriana, con alcuni italiani a bordo, pronti a essere accolti in ambasciata.
Gli sfollati siriani sono arrivati ad Aleppo senza nulla, sottolineando la gravità delle loro condizioni. Secondo quanto riportato, un aumento della violenza dal 27 novembre ha colpito le città di Nabul, Zahraa, Atareb e Darit Azza, causando danni significativi alle infrastrutture e intrappolando i civili.
La chiusura delle strade principali, inclusa l’importante autostrada M-5 che serve due milioni di persone, ha interrotto gli aiuti umanitari e le catene di approvvigionamento commerciale, aumentando il costo dei beni essenziali.
⚠️ The situation in #Aleppo is rapidly deteriorating.
Displacements are increasing.
Hospitals are overwhelmed, and access to essential services is becoming increasingly difficult.
For more details, read our Flash Update #2https://t.co/aJe4ltr4e4— OCHA Syria (@OCHA_Syria) November 29, 2024
Si stima che circa 7.000 persone siano state sfollate, la maggior parte alloggiata presso parenti, mentre è stato allestito un rifugio collettivo. Sono state segnalate anche vittime civili, sebbene non verificate, e le continue preoccupazioni per la sicurezza hanno interrotto le operazioni umanitarie.
Le forze jihadiste filo-turche sono già entrate ad Aleppo, città che dovrebbe essere protetta in quanto patrimonio mondiale Unesco, ma che è considerata una preda ambita nel contesto della guerra siriana (che non si è mai fermata). Negli ultimi otto anni Aleppo era rimasta sotto il controllo delle forze governative del regime di Assad, sostenute da Russia e Iran. Proprio il Cremlino, accusato di recente di non essere andato sufficientemente in soccorso del suo alleato siriano, ha condannato l’offensiva dei miliziani filo-turchi, definendo la cattura di Aleppo una “minaccia alla sovranità della Siria”. Le autorità di Damasco, ha detto la Russia, devono ristabilire l’ordine nell’area.
L’offensiva, cominciata mercoledì scorso, ha già provocato quasi 300 morti, tra le forze diverse dei miliziani oltre a una trentina di civili, tra cui donne e bambini. Venerdì sono stati uccisi anche quattro studenti della città universitaria di Aleppo, bombardata con l’artiglieria dalle fazioni cooptate da Ankara. Altri civili uccisi si contano – ma non si hanno bilanci accurati e verificabili sul terreno – sotto le macerie degli edifici colpiti dai raid aerei russi e governativi nella vicina zona di Idlib, roccaforte delle milizie per anni finanziate, organizzate e armate dalla Turchia di Erdogan.
Proprio il ministro degli Esteri turco, come primo commento ufficiale di Ankara alle violenze in corso, ha intimato a Damasco e a Mosca di metter fine ai bombardamenti aerei. Dal canto suo, il governo centrale siriano, incarnato dal presidente Bashar al Assad, ha detto di aver “eliminato centinaia di terroristi”, tra cui numerosi mercenari stranieri. Nel prendersi quella che storicamente è stata una città simbolo di tutto il Medio Oriente, le forze jihadiste supportate dalla Turchia non hanno incontrato quasi alcuna resistenza. Si tratta di un ritorno ad Aleppo dopo che i ribelli erano stati respinti durante il sanguinoso assedio russo-iraniano-governativo dei quartieri orientali e conclusosi nel dicembre del 2016 dopo quattro anni di bombardamenti e massacri nella città. Si hanno notizie che i civili di Aleppo sono rimasti rintanati nelle loro case in attesa di capire gli sviluppi di una situazione in evoluzione continua. Il leader dei jihadisti, Abu Muhammad Jolani, capo dell’ex ala di al Qaida in Siria, ha chiesto ai suoi combattenti di rispettare gli abitanti “di tutte le confessioni” religiose ma si temono sanguinose vendette.