Proprio nello stesso giorno in cui l’ONU, nel briefing giornaliero, ha informato i giornalisti che Israele oggi aveva pagato (con ritardo) la sua quota dovuta per il budget delle Nazioni Unite, il premier israeliano Benjamin Netanyahu subisce un ordine di cattura dalla Corte penale internazionale. Quest’ultima ha infatti spiccato i primi mandati di arresto per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Israele e a Gaza dal 7 ottobre 2023 ad oggi e che hanno causato finora oltre 45 mila morti (di cui 1200 israeliani e il resto palestinesi). .
Su richiesta del procuratore capo Karim Khan, nel mirino dei giudici della Corte dell’Aja sono finiti ,oltre il premier israeliano Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, ma anche il capo militare di Hamas, Mohammed Deif (però Israele lo ritiene già morto durante un suo raid a Gaza).
“Una decisione antisemita” degna di “un nuovo processo Dreyfus”, ha reagito Netanyahu, mentre per il suo ex ministro Gallant la Corte sta mettendo “sullo stesso piano Israele e Hamas, incoraggiando il terrorismo”.
Israele ha avuto la solidarietà immediata degli Stati Uniti. L’amministrazione Biden ha reagito affermando di “respingere categoricamente” la decisione della ICC (CPI in italiano), dicendosi “profondamente preoccupata” e ricordando di non riconoscere la giurisdizione della Corte “su questa questione”. Mike Waltz, che sarà il consigliere per la Sicurezza Nazionale della prossima presidenza di Donald Trump, ha rilasciato una dichiarazione in cui accusa ”la Corte penale internazionale di non aver credibilità… Israele difende in modo legale il suo popolo e i suoi confini da terroristi genocidi, potete aspettarvi una forte risposta contro i pregiudizi antisemiti di Cpi e Onu a partire da gennaio”, ha poi aggiunto Waltz riferendosi all’insediamento, il 20 gennaio prossimo, di Trump alla Casa Bianca.
Diverso dall’atteggiamento dell’Unione europea, almeno per quanto riguarda la reazione di Josep Borrell, l’alto commissario per la politica estera (che però è in uscita), che nel difendere la decisione dei giudici della CPI ha detto che “non è una decisione politica, ma la decisione di un tribunale che deve essere rispettata e applicata”. Borrell ha anche ricordato che si tratta di una “decisione vincolante” cui tutti i Paesi Ue devono adempiere. Tutti i 124 Stati che hanno aderito allo Statuto di Roma sono infatti obbligati ad eseguire i mandati d’arresto della CPI se un ricercato dalla Corte dovesse entrare nel loro territorio, compresi i capi di governo come Netanyahu (o anche Vladimir Putin, che ha subito un mandato di arresto dalla stessa corte).
Il procuratore Khan ha dichiarato che le richieste di arresto “sono state presentate a seguito di un’indagine indipendente e sulla base di prove oggettive e verificabili, esaminate attraverso un processo forense”, annunciando che il suo ufficio continuerà a indagare le violazioni del diritto internazionale umanitario a Gaza e in Cisgiordania.
Situation in the State of Palestine:#ICC Pre-Trial Chamber I rejects the State of Israel’s challenges to jurisdiction and issues warrants of arrest for Benjamin Netanyahu and Yoav Gallant. Learn more ⤵️ https://t.co/opHUjZG8BL
— Int’l Criminal Court (@IntlCrimCourt) November 21, 2024
Quindi per Netanyahu da ora in poi sarà molto rischioso recarsi all’estero anche se primo ministro d’Israele. E’ la prima volta che un rappresentante di un governo in carica di una democrazia occidentale viene colpito da un mandato di arresto internazionale della CPI.
Durante il briefing giornaliero al Palazzo di Vetro con il portavoce del Segretario Generale dell’ONU, ci sono state una raffica di domande che chiedevano una reazione di Antonio Guterres al mandato di arresto del CPI nei confronti del capo del governo israeliano. “Il Segretario Generale rispetta il lavoro e l’indipendenza della Corte Penale Internazionale. E per ora lascerei così” ha provato ad abbozzare Stephane Dujarric, ma ovviamente la risposta non poteva soddisfare i giornalisti.
Kristen Saloomey, reporter di Al Jazeera, ha replicato: ma dato che ci sono ora i mandati di arresto per questi funzionari israeliani, sarebbero ancora benvenuti a partecipare all’Assemblea Generale qui alle Nazioni Unite? L’ONU è un territorio sovrano con proprie forze di polizia, allora queste arresterebbero i funzionari israeliani se si presentassero alle Nazioni Unite?
“Non voglio entrare in ipotesi” ha replicato Dujarric, “ma mettiamo in chiaro che i nostri colleghi della sicurezza sono qui per tenerci al sicuro, per mantenere l’edificio al sicuro. Non sono qui per arrestare le persone, va bene? Quindi, voglio dire, questa è la loro funzione. Ovviamente, qualsiasi viaggio di chiunque sia incriminato dalla CPI coinvolgerebbe anche lo stato in cui si trova il quartier generale delle Nazioni Unite”.
I giornalisti non hanno mollato e hanno continuato ad incalzare il portavoce: ora che sono stati emessi i mandati di arresto per Netanyahu e Gallant e il terzo individuo (probabilmente morto), in passato, c’è stata la questione del Segretario Generale o dei funzionari delle Nazioni Unite che avevano a che fare con individui incriminati o condannati: in che modo questi mandati di arresto influenzerebbero la vostra capacità di parlare con Netanyahu?
Portavoce: “La questione dei nostri contatti con le persone sottoposte a mandato d’arresto rimane la stessa. È delineato chiaramente nel documento pubblico emesso dall’allora Segretario Generale [Ban Ki-moon] nel 2013, che la regola è che non dovrebbero esserci contatti tra funzionari delle Nazioni Unite e individui soggetti a mandati di arresto. Ma le linee guida riconoscono anche chiaramente che tali contatti, soprattutto da parte di alti funzionari dell’organizzazione, potrebbero essere necessari per affrontare questioni fondamentali, questioni operative e la nostra capacità di svolgere i nostri mandati, comprese questioni vitali di sicurezza. Quindi si possono avere contatti. Devono essere limitati. Ed esiste anche una procedura attraverso la quale avvisiamo per iscritto l’ufficio della CPI che si sono avuti questi contatti”.
“Quello che vi sto dicendo” ha continuato Dujarric, ” è che il Segretario Generale o gli alti funzionari delle Nazioni Unite possono incontrare persone incriminate dalla Corte Penale Internazionale. Se è per ragioni operative, è per l’adempimento del mandato. Non è qualcosa che è incoraggiato, ma è qualcosa che è chiaramente consentito. Il Segretario Generale e il suo popolo hanno dei mandati da adempiere. Mandati conferiti loro dagli Stati membri. A volte hanno bisogno di fare certe cose e finché ciò avviene nell’adempimento del loro mandato, ciò è consentito. Ma la procedura è delineata in un documento pubblicissimo che siete liberi di leggere”.
A questo punto, noi abbiamo chiesto se in sostanza il fatto che Guterres rispetti la CPI, ma alla fine potrebbe incontrarsi, se necessario, con il Primo Ministro Netanyahu, possa minare o meno la credibilità della CPI?
“Se posso riformulare la sua domanda: se quando un Segretario generale incontra qualcuno che è stato incriminato dalla Corte penale internazionale, ciò indebolisca la Corte penale internazionale? La mia risposta è no. Il Segretario Generale rispetta il lavoro della CPI. Ne rispetta l’indipendenza e come ho detto, ci sono linee guida chiare concordate tra la Corte penale internazionale e le Nazioni Unite su come un Segretario generale o alti funzionari possano continuare a svolgere il proprio lavoro”.
Lo “spericolato equilibrismo” della leadership dell’ONU, sembra l’atteggiamento di chi pretende di volere “la botte piena” (il mandato di cattura del CPI) e “la moglie ubriaca” (mantenere contatti con quel capo di governo di un paese membro dell’ONU che il CPI chiede di arrestare).
E l’Italia? Tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto, il governo Meloni ha reagito… all’italiana! Tajani ha detto di “sostenere la Cpi” ma che valuterà “insieme ai nostri alleati come comportarci insieme su questa vicenda”. Crosetto, ha ritenuto la decisione della Corte “sbagliata”, sostenendo però che se Netanyahu e Gallant “venissero in Italia dovremmo arrestarli, perché noi rispettiamo il diritto internazionale”.