Negli stessi giorni in cui i repubblicani ai comizi di Donald Trump urlano “drill baby, drill!” (Trivella, baby, trivella!) e Kamala Harris al dibattito di martedì a Filadelfia riafferma di “aver cambiato idea” – non più stop al “fracking”, le esplorazioni del sottosuolo profonde con ingenti conseguenze ambientali – nel Palazzo (o bolla?) di Vetro delle Nazioni Unite si continua a sognare un mondo in cui le nazioni rispettano il “diritto” dell’umanità a non inquinare più il pianeta con l’energia fossile e salvarlo dalle conseguenze del “Climate Change”.
Ma anche nella corsa alla cosiddetta “energia pulita” crescono i rischi di calpestare i diritti umani, soprattutto in Africa. L’11 settembre il “Panel on Critical Energy Transition Minerals” istituito dal Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, ha pubblicato un rapporto con l’obiettivo, si legge, di “generare prosperità e uguaglianza con l’energia pulita”. Un rapporto cioè che detti le regole nella corsa globale a quei minerali che servono a generare la cosiddetta “energia pulita” per i pannelli a energia solare, le batterie per le automobili elettriche etc.
Nel rapporto si leggono raccomandazioni sui minerali critici e si identifica modi per fondare la rivoluzione delle energie rinnovabili nella “giustizia e nell’equità”, in modo che stimoli lo sviluppo sostenibile, rispetti le persone, protegga l’ambiente e alimenti la prosperità nei paesi in via di sviluppo ricchi di risorse.
Parlando ai giornalisti a New York, l’Ambasciatrice del Sud Africa all’ONU e co-presidente del Panel, Mxakato-Diseko, ha affermato: “La storia dell’attività mineraria non è del tutto priva di imperfezioni per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, la maggior parte dei quali sono paesi produttori e possiedono questi minerali. La speranza è che la lettura di questo rapporto ispiri le persone a concentrarsi maggiormente sul garantire che, attingendo a questi minerali, non sfiguriamo le economie dei paesi produttori. Non li disabilitiamo né li rendiamo incapaci”.
Mxakato-Diseko, ha detto che “l’essenza di questo rapporto è ispirare attenzione e cautela per evitare gli errori del passato, dove stiamo già assistendo al conflitto generato dalla corsa per queste risorse, in particolare nel mio continente che sta sanguinando”.
L’altra co-presidente del panel, Ditte Juul Jørgensen – direttrice generale per l’Energia della Commissione europea – ha dichiarato: “Abbiamo guardato sia al passato che al futuro, concentrandoci sul cambiamento e su ciò che deve essere fatto. E nel campo dell’ambiente, della protezione dell’ambiente per quanto riguarda il passato, ci sono questioni come le ‘miniere ereditarie’. Pertanto, raccomandiamo anche la creazione di una ‘legacy’ per un fondo minerario che possa contribuire a garantire la disponibilità di finanziamenti per la bonifica delle miniere esistenti”. Quindi, ha continuato Jørgensen, il rapporto guarda al futuro “suggerendo la definizione di obiettivi e uno schema per la circolarità, facendo un uso migliore dei materiali di cui disponiamo e assicurandoci che l’uso dei nostri minerali non abbia un impatto negativo sull’ambiente in futuro”.
A Mxakato-Diseko è stato fatto notare un asterisco in fondo ad una pagina del rapporto, in cui si afferma che è “not binding” (non vincolante), cioè sarebbero tutti consigli volontari. Ma come pensa il panel di convincere i paesi che dovrebbero firmarlo a rispettare questi “consigli”?
“In realtà c’è una parte nella relazione” ha replicato Mxakato-Diseko, “che
afferma che le raccomandazioni si fondano su strumenti già esistenti e giuridicamente vincolanti. Strumenti che includono la carta dell’ONU, come il Patto internazionale sulle questioni civili e diritti politici internazionali, il Patto socioeconomico e culturale sui diritti e tutta una serie di strumenti che si trovano sulla Dichiarazione universale dei diritti umani, e che comprende anche gli accordi che sono stati raggiunti presso l’ILO (l’organizzazione internazionale del lavoro, ndr) che tendono ad avere lo status di trattato e una legalità vincolante”.
Demand for minerals critical to renewable energy technologies is set to triple by 2030. 💎@antonioguterres‘ expert panel will launch guidelines on harnessing the surge for equity, justice & sustainability.
Watch the launch: https://t.co/vwOPJ7OPzr#ClimateAction pic.twitter.com/itzv9ma5bt
— UN Environment Programme New York (@UNEP_NYO) September 11, 2024
All’uscita del rapporto, il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres ha rilasciato una dichiarazione in cui riafferma le ragione dell’istituzione del Panel in risposta alle richieste dei paesi in via di sviluppo, dati “i segnali che la transizione energetica potrebbe riprodurre e amplificare le disuguaglianze del passato, relegando i paesi in via di sviluppo in fondo alle catene del valore per guardare gli altri arricchirsi sfruttando le loro persone e mettendo in pericolo il loro ambiente”.
“Questo rapporto identifica le modalità per fondare la rivoluzione delle energie rinnovabili nella giustizia e nell’equità” ha insistito Guterres, “in modo che possa stimolare lo sviluppo sostenibile, rispettare le persone, proteggere l’ambiente e alimentare la prosperità nei paesi in via di sviluppo ricchi di risorse”. Quindi Guterres ha ricordato che nel rapporto sono indicati “sette principi guida per indirizzare l’azione lungo tutta la catena del valore e cinque raccomandazioni attuabili per contribuire a metterli in pratica e colmare le principali lacune nella governance internazionale”. Infine il Segratario Generale, come passo successivo, ha chiesto “ai co-presidenti e al panel di consultare e condividere il rapporto e le sue raccomandazioni con gli Stati membri e le altre parti interessate in vista della COP29 entro la fine dell’anno”, promettendo il sostegno del sistema delle Nazioni Unite per attuare il piano.
Un tentativo dall’ONU di regolarizzare il campo di battaglia nella corsa all’energia “pulita”, che però sogna un mondo dove i paesi seguiranno volontariamente principi e raccomandazioni “non vincolanti”