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Dilemma all’ONU e in Italia: l’isolamento dei talebani aiuta le donne in Afghanistan?

A Doha un altro round della conferenza tra 30 paesi e regime di Kabul, intanto nel Parlamento italiano cresce il dibattito sull'apartheid delle afghane

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

L’ONU resta bloccata davanti ad un dilemma che dura da tre anni: bisognerà o no riconoscere il governo di fatto dei talebani in Afghanistan, nonostante la sua politica di apartheid nei confronti delle donne? Nonostante le donne afghane siano state escluse dall’educazione e dalla vita pubblica nel paese? Al terzo ciclo di conferenze tenute a Doha, in Qatar, l’ “elefante” è rimasto nelle stanze dove i diplomatici discutevano, ma certi segnali che molti paesi partecipanti volessero intraprendere una strada più “inclusiva” verso il regime dei talebani, sono oramai chiari.

A Doha la Segretaria generale aggiunta per gli affari politici e umani dell’ONU, l’americana Rosemary DiCarlo, ha comunque irbadito che l’Afghanistan non può svilupparsi economicamente senza la partecipazione delle donne afghane: “L’Afghanistan non può ritornare nella sfera internazionale o svilupparsi pienamente economicamente e socialmente se viene privato dei contributi e del potenziale di metà della sua popolazione”, ha sottolineato Di Carlo.

In Qatar nelle discussioni si sono ritrovati, invitati dall’ONU, una trentina di inviati speciali di altrettanti Paesi (inclusa l’Italia), Ong e istituzioni, con un obiettivo primario: come aiutare la popolazione afghana? Su richiesta dei talebani, però, sono state escluse le attiviste per i diritti delle afghane e le rappresentanti della società civile, che in precedenti occasioni avevano invece partecipato causando così il boicottaggio del regime di Kabul nei confronti della conferenza.

Briefing the press today in #Doha following the third Meeting of Special Envoys on #Afghanistan, @dicarlorosemary said that the concerns and views of Afghan women and civil society were front and center during the discussions. Her full remarks: https://t.co/wfIS41e6nu pic.twitter.com/eggVHZU9J8

— UN Political and Peacebuilding Affairs (@UNDPPA) July 1, 2024

La rappresentante delle Nazioni Unite DiCarlo ha evidenziato la “profonda preoccupazione internazionale degli inviati speciali per le continue e gravi restrizioni imposte alle donne e alle ragazze”. L’inclusione delle donne nei processi politici resta fondamentale, ha detto mentre martedì a Doha sono previsti dibattiti sulla società civile.  “L’incontro che abbiamo avuto è parte di un processo e, anche se le donne e la società civile non si sono sedute di fronte alle autorità di fatto negli ultimi due giorni, abbiamo fatto sentire la loro voce”, ha aggiunto.

Durante la conferenza stampa, DiCarlo ha ribadito che questo divieto nei confronti delle donne è “straziante”: “Se si impedisce a metà della popolazione di accedere all’istruzione, di essere coinvolta nell’economia e in varie professioni, significa solo che si ritarda lo sviluppo dell’Afghanistan”, ha ribadito DiCarlo a una giornalista. “Immaginate se vi fosse permesso di frequentare solo la prima media, non sareste qui a fare la giornalista, io non sarei qui a fare il funzionario delle Nazioni Unite. Francamente è straziante, ma vediamo e continuiamo a farlo, questo è tutto quello che posso dire. Dobbiamo chiarire quanto sia importante e come sarà migliore per l’Afghanistan”.

In questo incontro a Doha, la delegazione talebana cercava un riconoscimento internazionale; ma DiCarlo ha voluto sottolineare “che questo incontro e questo processo non significano normalizzazione o riconoscimento”. In compenso, ha aggiunto, si è confermata “l’unità della comunità internazionale nella sua determinazione a continuare a collaborare con l’Afghanistan”.

Women and girls across Afghanistan face multiple restrictions, including education and employment. (© UN Women/Sayed Habib Bidell )

Eppure lunedì, al Palazzo di Vetro, durante la conferenza stampa per la presidenza di turno della Federazione Russa del Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore di Mosca Vassily Nebenzia ha fatto intuire la possibilità che il suo paese possa presto revocare le sanzioni contro i talebani: ”Che vi piaccia o no, questo movimento sta governando il Paese adesso. Non si può semplicemente ignorarlo”, ha affermato il diplomatico russo, aggiungendo che “non posso darvi una risposta definitiva su quanto siamo lontani dal rimuoverli dalla lista delle sanzioni in cui si trovano ora, ma ho sentito qualcuno parlare di questo”. Il governo talebano ancora non è stato ufficialmente riconosciuto dai paesi membri dell’ONU. La Russia, come gli Usa e l’Unione Europea, mantiene sanzioni contro i talebani, definendoli un gruppo terroristico.

Intanto oggi al Comitato diritti umani nel mondo del Parlamento italiano si sono tenute le audizioni delle ong per l’Afghanistan, e non sono mancate le esortazioni sull’atteggiamento da tenere da parte del governo Meloni che sta partecipando alla serie delle conferenze.

Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, ha detto: “Non dimenticate l’Afghanistan: è questo il monito che da molte piazze si alzò dopo il ritiro dei contingenti occidentali dal Paese e l’avvento del governo dei Talebani. In 20 anni di presenza militare internazionale su quel territorio, la più lunga della storia, l’Italia ha speso 8,7 miliardi di dollari e gli Usa 1 trilione, ma l’Afghanistan è rimasto senza alcuna autonomia economica e con standard di vita peggiori di prima. Il Paese è in mano a un governo che viola i diritti umani, vieta alle donne perfino di studiare, opprime una popolazione già stremata da una situazione sociale ed economica al collasso”. Boldrini, poi ha proseguito: “Oggi il Comitato diritti umani nel mondo della Camera ha audito alcune ong che lavorano in Afghanistan, come Emergency, Intersos, Afgana e United Against Inhumanity le cui denunce non possono lasciarci indifferenti. Solo per citare alcuni dati, 23,7 milioni di persone – più della metà della popolazione – non può vivere senza aiuti umanitari, l’80% delle afgane e degli afgani vive con 1 dollaro al giorno e il 20% ha visto morire una persona cara perché non ha avuto accesso alle cure sanitarie – ha detto Boldrini riportando i dati forniti dalle ong -. “Un paese con più kalashnikov che libri di scuola” è stato descritto, dove a subire le conseguenze peggiori sono le donne che vivono quella che l’Onu ha definito “apartheid di genere”.

L’On. Luana Zanella

Molto attiva è l’on. Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, che martedì ha dichiarato: “Questa mattina ho incontrato Metra Merhan, attivista afghana per i diritti umani e delle donne, insieme alla Fondazione Pangea che dal luglio 2002 si occupa delle discriminazioni e della violenza contro le donne in tutto il mondo. Ho ascoltato il racconto di una situazione di vero e proprio apartheid delle donne afghane e di una condizione di terribile segregazione che impedisce qualsiasi forma di partecipazione alla vita sociale e finanche all’accesso ai servizi piu’ elementari”. Quindi la deputata di AVS ha proseguito: “Mi impegnerò affinchè la Camera dei deputati si esprima con una dura posizione e voti una risoluzione di condanna alla quale lavoreremo prossimamente insieme ad altre colleghe e colleghi e nella quale proporrò di inserire la richiesta che le Nazioni Unite avviino la codifica della segregazione di genere come crimine contro l’umanità. Le donne afghane sono sole, la loro condizione è nota ma nessun Governo occidentale alza un dito”. Zanella ha quindi accusato l’Onu, che “dove qualche giorno fa si è verificato un grave cedimento alle pressioni del Governo di Kabul che ha chiesto e ottenuto la messa al bando delle donne dalla conferenza del 30 giugno delle Nazioni unite sull’Afghanistan”. E infine la capogruppo di AVS ha mandato una esortazione al Ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Faccia sentire la sua voce di liberale che di sicuro non può tollerare questo stupro dei diritti umani”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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