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Haiti nel caos, Ulrika Richardson resta: “C’è bisogno dell’ONU”

Collegata da Port-au-Prince la coordinatrice umanitaria ha lanciato un appello: "Da gennaio, 2.500 le persone uccise e rapite"

Simone d'AltavillabySimone d'Altavilla
Haiti nel caos, Ulrika Richardson resta: “C’è bisogno dell’ONU”

Ulrika Richardson in collegamento video da Port-au-Prince durante la conferenza stampa al Palazzo di Vetro (Foto VNY)

Time: 6 mins read

Mentre Haiti resta nella morsa della violenza tra bande, le istituzioni del Paese sono sull’orlo del collasso e i suoi cittadini sono abbandonati a una lotta quotidiana per la sopravvivenza. Restano alcune organizzazioni umanitarie che continuano a operare in soccorso della popolazione nel mezzo di questa catastrofica crisi di sicurezza, fra cui anche le Nazioni Unite.

I mesi di gennaio e febbraio 2024 sono stati i più violenti degli ultimi due anni ad Haiti, con potenti bande che controllano gran parte della capitale Port-au-Prince, con oltre 2.500 persone uccise, rapite o ferite dall’inizio dell’anno. La decisione del primo ministro Ariel Henry, nel marzo 2024, di dimettersi ha ulteriormente complicato la situazione.

Il 21 marzo, Ulrike Richardson, coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite ad Haiti, ha tenuto da Port au Prince una conferenza stampa via video con i giornalisti corrispondenti dal Palazzo di Vetro di New York, dove ha avvertito che la violenza si sta ora diffondendo in nuove aree della capitale, comprese le periferie un tempo pacifiche, dopo settimane di attacchi orchestrati da bande contro carceri, porti e ospedali. Richardson ha affermato che le violazioni dei diritti umani sono sempre più diffuse; ormai è dilagante la violenza sessuale, con l’uso della tortura e dello “stupro collettivo” contro le donne.

L’alta funzionaria delle Nazioni Unite ha descritto una situazione con oltre 362 mila sfollati interni, mancanza di acqua pulita con meno della metà delle strutture sanitarie di Port-au-Prince ancora funzionanti.

Secondo una nuova valutazione pubblicata il 22 marzo e sostenuta dalle Nazioni Unite, la fame ha raggiunto livelli senza precedenti: 4,97 milioni di persone si trovano ad affrontare crisi o livelli peggiori di insicurezza alimentare acuta, tra cui 1,64 milioni sono in condizioni di “emergenza”.

Sempre più persone tentano di lasciare la capitale, rischiando di passare attraverso rotte controllate dalle bande. Sono almeno 33 mila quelli partiti a marzo per cercare rifugio nelle province, la maggior parte diretti nei dipartimenti del Grand Sud, regione che ospita già più di 116mila sfollati. Molti paesi hanno portato via i loro cittadini, e un elicottero americano fa da spola tra Port au Prince e la Repubblica Domenicana per trasportare le centinaia di cittadini americani che non riuscivano a partire dall’isola. Infatti l’aeroporto come gli scali marittimi sono controllati dalle gang. Quando abbiamo chiesto a Richardson su cosa dovesse ancora accadere ad Haiti affinché anche lei e lo staff dell’ONU si sentirebbero costretti a partire dall’isola, ci ha risposto: “Non siamo ancora giunti a quel punto e speriamo non avvenga. Noi restiamo qui per aiutare come possiamo la popolazione”.

Trovare un modo per porre fine alla crisi haitiana è stato oggetto di numerosi incontri di alto livello delle Nazioni Unite. Il 21 marzo il Consiglio di Sicurezza ha rilasciato un comunicato stampa in cui ribadiva il sostegno dei suoi membri a un “processo politico guidato da haitiani e di proprietà haitiana” e sottolineava la necessità che la comunità internazionale raddoppiasse i suoi sforzi per fornire assistenza umanitaria alla popolazione e sostenere la Polizia nazionale haitiana. I membri del Consiglio di Sicurezza hanno inoltre espresso grave preoccupazione per il flusso illecito di armi e munizioni verso Haiti che rimane, hanno affermato, un fattore fondamentale di instabilità e violenza.

Nell’ottobre 2023, il Consiglio di sicurezza autorizzò il dispiegamento di una missione multinazionale di supporto alla sicurezza (MSS) ad Haiti su richiesta dell’allora governo. La risoluzione fu salutata all’epoca come una prima svolta storica, ma la missione ancora, dopo sei mesi, non è arrivata ad Haiti.

Nel frattempo, diversi alti funzionari del sistema delle Nazioni Unite continuano a chiedere un aumento significativo dei finanziamenti per lo sforzo umanitario.

Giovedì 21 marzo Richardson ha osservato che il piano di risposta umanitaria per Haiti, che richiede 674 milioni di dollari, è finanziato solo al 6%. “Il tempo sta scadendo”, ha detto ai giornalisti.

All’inizio di marzo, Cindy McCain, capo del Programma alimentare mondiale, avvertì che gli sforzi umanitari “si stavano esaurendo”.

Fires burn on streets in the Cité Soleil area of Port-au-Prince. (Photo UNOCHA/Giles Clarke)

La missione MSS per rafforzare la polizia nazionale haitiana, a corto di personale e di risorse, sarà guidata dal Kenya, con truppe promesse anche da diversi paesi dei Caraibi. Secondo i media, gli Stati Uniti hanno stanziato circa 300 milioni di dollari. Sebbene questa non sia una missione delle Nazioni Unite, è stata autorizzata da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

Tuttavia, mentre vi è un consenso diffuso sul fatto che Haiti ha urgente bisogno di aiuto per creare un ambiente sicuro e stabile, la missione è stata gettata nel caos dalle dimissioni di Henry, che hanno spinto il Kenya ad annunciare che avrebbe ritardato lo spiegamento fino all’annuncio di un nuovo Governo haitiano. Secondo quanto riportato dai media, i maggiori gruppi politici haitiani sarebbero vicini ad un accordo su un consiglio transitorio che assumerebbe i poteri presidenziali fino allo svolgimento delle elezioni. Ma ancora, non è chiaro se e quando il Consiglio prenderà il potere o quando la missione di sicurezza inizierà ad operare sul suolo haitiano.

Dall’inizio dell’ultima crisi, segnata da una serie di attacchi coordinati di bande alla fine di febbraio a Port-au-Prince che hanno portato allo stato di emergenza e alle dimissioni del primo ministro Henry, gli operatori delle Nazioni Unite hanno continuato a distribuire aiuti alla popolazione civile nonostante le pericolose condizioni di sicurezza.

L’ONU, insieme ai partner, ha cercato di affrontare la mancanza di accesso all’acqua pulita: ad esempio, tra il 16 e il 18 marzo l’UNICEF e l’ONG Solidarités International hanno consegnato 20.500 litri d’acqua a quattro siti che ospitano oltre 12.000 sfollati mentre tra il 17 e il 20 marzo, l’agenzia delle Nazioni Unite per la migrazione, l’OIM, ha consegnato 16.000 litri d’acqua a due siti.

Il sostegno dell’Agenzia delle Nazioni Unite per la salute riproduttiva, dell’UNFPA e delle ONG partner viene fornito alle vittime di violenza di genere, sotto forma di una hotline che fornisce assistenza psicosociale e di una clinica mobile per la salute sessuale.

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