È un piano in quattro punti per la pace in Medio Oriente quello presentato oggi dalla Cina al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Un progetto che dimostra la volontà di Pechino di ricoprire il ruolo di superpotenza diplomatica facendo un passo avanti rispetto agli Stati Uniti di Joe Biden, che hanno risposto immediatamente ricordando al Consiglio i loro sforzi per far finire la guerra a Gaza. “Siamo ora al sesto giorno della pausa umanitaria – ha ricordato l’ambasciatrice all’ONU Linda Thomas-Greenfield – un’interruzione che, francamente, non sarebbe stata possibile senza la leadership del Qatar, dell’Egitto e degli USA”.
La Cina, oggi rappresentata a New York dal ministro degli Esteri Wang Yi, ha infatti sempre avuto un ruolo limitato nei negoziati sul conflitto israelo-palestinese, monopolizzati per anni dalle politiche di Washington. Una posizione che Wang Yi ha voluto superare sottolineando più volta all’ONU la necessità di uno stato palestinese che affianchi quello israeliano. “Dovremmo rivitalizzare le prospettive politiche della soluzione a due stati con una determinazione più forte – ha detto – perché la mancanza di uno stato palestinese è il nocciolo delle ripetute turbolenze a cui stiamo assistendo”.
Il ruolo della Cina come mediatrice di prestigio nella politica del Medio Oriente, che per anni è stata monopolizzata dagli Stati Uniti, ha assunto importanza a marzo, quando ha fatto da tramite nella ripresa dei legami diplomatici tra Iran e Arabia Saudita. L’accordo, sigillato a Pechino dopo un intervento diretto del Presidente Xi Jinping, ha contribuito ad attenuare la rivalità saudita-iraniana che ha alimentato a lungo i conflitti nella regione.

Le parole di Wang all’ONU sono partite da una prospettiva storica ampia, ribadendo il ruolo di Israele nel dare una casa agli ebrei pur senza dimenticare “il diritto del popolo palestinese all’autonomia, il loro diritto all’esistenza”. Due fattori che, sempre a detta del capo della diplomazia cinese, sarebbero stati a lungo ignorati. “L’equità e la giustizia sulla questione palestinese risiedono nella soluzione a due stati – ha continuato – questo è un principio non aggirabile”.
Wang è stato poi vago nel definire il ruolo del Consiglio di Sicurezza, di cui la Cina è attualmente presidente nonché membro permanente con diritto di veto, che stando alle parole del ministro dovrebbe “assumersi la responsabilità nelle principali questioni di guerra e pace, di vita e morte, agendo prontamente con ulteriori azioni alla luce degli sviluppi sul campo”.
Ora, però, Pechino chiede che la priorità sia il cessate il fuoco totale e duraturo, augurandosi che lo stop di questi giorni non sia soltanto una pausa prima di un nuovo ciclo di attacchi.
Una posizione sostenuta anche dalla Casa Bianca, con Biden che su Twitter ha ribadito come “continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare a Hamas ciò che cerca”, ossia impedire che “israeliani e palestinesi vivano fianco a fianco in pace”.
Una presa di posizione nuova per il presidente, almeno a livello pubblico. Un pressing di fronte al quale Israele, per il momento, non sembra intenzionato a cambiare posizione. “Dopo questa fase di rientro dei nostri ostaggi, Israele tornerà in guerra”, ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, sempre più deciso a sradicare con la forza Hamas dalla Striscia di Gaza.