Alla fine della riunione dell’Assemblea Generale dedicata al dibattito sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, abbiamo avvicinato nei corridoi del Palazzo di Vetro l’ambasciatore d’Italia all’ONU Maurizio Massari. Con lui già in passato abbiamo analizzato a fondo la proposta di “Uniting for Consensus”, il gruppo di paesi membri dell’ONU guidati proprio dall’Italia che porta avanti una proposta opposta a quella che vorrebbe invece soddisfare le ambizioni di Germania, Giappone, India e Brasile (+ un paese africano), per fargli ottenere un seggio permanente anche senza diritto di veto (ma l’India insiste sul diritto di veto se lo conservano anche gli attuali P5, ovvero USA, Cina, Russia, UK e Francia).
Nella riunione di giovedì, gli Stati Uniti, con l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield, hanno ribadito l’appoggio ad una riforma che preveda l’entrata di nuovi membri permanenti. Così avvicinando Massari, abbiamo cercato di capire se il dibattito in corso, che dura ormai da un quarto di secolo, stia arrivando al traguardo finale oppure ci sarà ancora molto da discutere prima di raggiungere un compromesso tra le proposte in concorrenza.

Ambasciatore Massari, quando anche il Presidente di UNGA78 Dennis Francis dice che non c’è più tempo da perdere, il Consiglio così com’è continua a perdere credibilità, sembra interpretare l’opinione della maggioranza dei paesi membri dell’ONU. Quindi si accelera la riforma?
“La riforma deve senz’altro accelerare, ma è anche vero che non ci possono essere scorciatoie. Bisogna ricercare il consenso più ampio possibile, se si vuole che sia una riforma che unisca e non divida ulteriormente le Nazioni Unite. Noi crediamo che la nostra proposta, quella di allargare unicamente ai membri eletti, sia quella che alla fine unisce di più. Perché ci guadagnano tutti, nessuno viene lasciato indietro. Ci vuole un progetto di riforma inclusivo che unisce. Crediamo invece che coloro che propongono nuovi membri permanenti, eletti per sempre, senza dover rendere più conto a nessuno, come invece avviene per gli eletti, venga a costituire un nuovo elemento di divisione. Si creerebbe un nuovo club di potenze privilegiate, con ulteriori distanze tra questo club di potenze e il resto della comunità delle Nazioni Unite”.

Negli interventi all’Assemblea Generale, molti hanno parlato della necessità di accettare tutti dei compromessi sulle proprie proposte. Se l’Italia oggi, rispetto alla posizione che ha tenuto finora con il suo gruppo Uniting for Consensus, dovesse accettare un ulteriore compromesso nella sua proposta, cosa sareste disposti a concedere? Cosa potreste eliminare dalla vostra proposta? O aggiungere?
“La nostra proposta è stata già modificata e adattata nel corso degli anni. Non è mai rimasta sempre la stessa. Noi manteniamo aperti alcuni punti della nostra proposta”.
Per esempio?
“La durata dei famosi seggi semi-permanenti, potrà essere di tre, o quattro anni, la possibilità di essere rieletti consecutivamente, quindi non solo per tre o 4 anni ma che potrebbe diventare una presenza continua fino a 8 anni. Su questo siamo disposti a discutere”.
La vostra è quindi una proposta “elastica”?
“Siamo disposti assolutamente a negoziare, a secondo il consenso che emerge nel negoziato. L’unica nostra linea rossa è che non vogliamo nuovi membri permanenti, non solo con il veto, ma anche senza diritto di veto, per non creare questa nuova divisione all’interno della comunità internazionale. Del resto l’esperienza nelle ultime crisi, dall’Ucraina a Gaza, ci ha dimostrato che non c’è bisogno di aggiungere altri membri permanenti nel Consiglio di Sicurezza”.
In questo momento lei scommetterebbe sulla realizzazione di una riforma del Consiglio di Sicurezza prima che le Nazioni Unite compiano ottant’anni nel 2025? O visti i precedenti, sarebbe una scommessa già persa?
“Io credo che ci voglia più tempo…Si tratta di un progresso graduale al quale non si possono imporre delle scadenze temporali. La diplomazia ha bisogno dei suoi tempi”.