Lunedì pomeriggio è iniziata a New York una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla situazione a Gaza, su richiesta degli Emirati Arabi Uniti, per cercare di sbloccare dalla paralisi l’organo più “esecutivo” delle Nazioni Unite che, finora, non è riuscito ad approvare una risoluzione vincolante che imponga a Israele di accettare una tregua umanitaria e fermare i bombardamenti che hanno già ucciso più di 8 mila civili.
Ma all’entrata del Consiglio di Sicurezza, alle 15:00 ora di New York, per la riunione già prevista sul West Sahara, gli ambasciatori di Malta ed Ecuador hanno fatto capire ai giornalisti che nessun documento è ancora pronto per essere messo ai voti.
Venerdì avevamo confermato, con alcune interviste agli ambasciatori in uscita dall’Assemblea Generale che aveva appena approvato una risoluzione, della preparazione di una nuova risoluzione confezionata dai dieci paesi non permanenti che siedono con gli altri Cinque permanenti, risoluzione ispirata da quella già presentata alcuni giorni fa dal Brasile – presidente di turno del Consiglio – ma che pur ricevendo 12 voti a favore, era affondata a causa del veto posto dagli Stati Uniti.

I paesi più attivi nella preparazione di questa risoluzione, gli Emirati, Malta e lo stesso Brasile (che alla riunione di lunedì è rappresentato ancora una volta dal suo ministro degli Esteri Mauro Vieira), stanno lavorando con gli altri 7 membri non permanenti per chiedere una “tregua umanitaria immediata a Gaza” e “ulteriori pause umanitarie”, venerdì avevano fatto capire che la risoluzione non sarebbe stata pronta almeno fino a martedì. Quando gli ambasciatori hanno cominciato ad entrare al Palazzo di Vetro nel pomeriggio è stato confermato che ancora ci vorrà del tempo per “metterla in blu”, cioè avere pronto il testo per essere votato, eppure gli ultimi eventi a Gaza hanno accelerato i lavori dei diplomatici. Come ci aveva dichiarato venerdì l’ambasciatrice maltese Vanessa Frazier, i “dieci” stanno lavorando sodo per “modificare” la risoluzione brasiliana e non ripetere l’errore precedente, cioè di metterla ai voti quando ancora uno dei cinque permanenti vuole bloccarla (per passare i membri permanenti devono votare “sì” o almeno astenersi).
Lunedì la stessa Ambasciatrice maltese, passando davanti ai giornalisti, ha detto che sulla risoluzione “ci stiamo ancora lavorando”. La stessa frase è stata ripetuta dal collega dell’Ecuador, l’ambasciatore Hernán Pérez Loose, e quando gli abbiamo chiesto quando sarà pronta, dato che ogni ora in più può essere fatale per migliaia di civili intrappolati a Gaza, ha replicato: “Lo sappiamo, ci stiamo lavorando”.
L’ambasciatore cinese Zhang Jung, si è fermato più tempo con i giornalisti per ribadire che aveva visto una versione della risoluzione “dei Dieci”, e che ci stavano lavorando per renderla adatta al passaggio del Consiglio di Sicurezza. Pressato dai giornalisti, Zhang ha espresso frustrazione per i tempi ancora necessari, “ogni momento che passa è grave, dobbiamo fare in fretta, speriamo di metterla ai voti al più presto possibile”. Il diplomatico di Pechino ha fatto anche capire che la Cina a questo punto è pronta a votare una qualsiasi risoluzione che porti alla tregua umanitaria per portare soccorso alla popolazione stremata di Gaza.
Il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite che sostiene i rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini, e un direttore senior dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), Lisa Doughten (a nome del capo dei soccorsi Martin Griffiths), hanno informato durante la riunione d’emergenza gli ambasciatori, insieme alla direttrice dell’UNICEF, Catherine Russell.

Per primo è intervenuto Philippe Lazzarini, capo dell’UNRWA. Lazzarini, parlando ai Quindici via video, ha detto che il livello di distruzione in tutta Gaza “non ha precedenti, la tragedia umana che si svolge sotto il nostro controllo è insopportabile”. Poi ha spiegato che nonostante a metà della popolazione di Gaza sia stato detto dalle autorità israeliane di evacuare verso sud, un numero significativo di abitanti di Gaza sono stati uccisi mentre cercavano rifugio: “L’ho detto molte volte e lo ripeto: nessun posto è sicuro a Gaza”, ha detto il capo dell’UNRWA. Questo “sfollamento forzato” ha lasciato più di 670.000 persone nelle scuole e negli scantinati sovraffollati dell’UNRWA.
Lazzarini ha continuato sottolineando che quasi il 70% delle persone uccise sono bambini e donne: quasi 3.200 bambini sono stati uccisi a Gaza in tre settimane, superando il numero di bambini uccisi ogni anno nelle zone di conflitto del mondo dal 2019. “Questo non può essere un ‘danno collaterale'”, ha sottolineato Lazzarini, aggiungendo che Israele sta attuando una “punizione collettiva”. Lazzarini ha delineato la terribile situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, con medicine, cibo, acqua e carburante in esaurimento, aggiungendo che il panico ha spinto migliaia di persone disperate nei magazzini e nei centri di distribuzione degli aiuti dell’UNRWA. “Un ulteriore collasso dell’ordine civile renderà estremamente difficile, se non impossibile, il proseguimento delle operazioni della più grande agenzia delle Nazioni Unite a Gaza. Renderà anche impossibile l’arrivo dei convogli”, ha sottolineat il capo dell’UNRWA.

Nel riferire al Consiglio, Catherine Russell, direttrice esecutiva del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), ha affermato che il “costo reale” dell’ultima escalation sarà misurato nella vita dei bambini. “Ogni giorno a Gaza vengono uccisi o feriti più di 420 bambini: un numero che dovrebbe scuotere ciascuno di noi nel profondo”, ha affermato Russell, che era presente in sala per riferire ai Quindici. L’OMS a Gaza ha riferito di 34 attacchi contro strutture sanitarie, tra cui 21 ospedali e 12 dei 35 ospedali di Gaza non possono più funzionare, ha affermato la direttirce dell’UNICEF. Almeno 221 scuole e più di 177.000 unità abitative sono state danneggiate o distrutte e l’acqua pulita si sta rapidamente esaurendo, con il 55% delle relative infrastrutture che necessitano di riparazioni o riabilitazione.
“Come se ciò non bastasse, i bambini sia in Israele che nello Stato di Palestina stanno vivendo un trauma terribile, le cui conseguenze potrebbero durare tutta la vita”, ha detto Russell. “Stiamo facendo del nostro meglio per raggiungere tutti i bambini bisognosi, ma la consegna degli aiuti umanitari, in particolare a Gaza, è ora estremamente impegnativa”.
La cosa più preoccupante sono le attuali condizioni dell’assedio e le “circostanze altamente pericolose” in cui opera il personale, ha detto Russell. “Non commettete errori, la situazione peggiora di ora in ora e senza una fine urgente delle ostilità, ho profonda paura per la sorte dei bambini della regione”, ha aggiunto la responsabile dell’UNICEF. “Ma noi e voi abbiamo il potere di aiutare i bambini a uscire da questa spirale di violenza”, ha detto. “Imploro il Consiglio di Sicurezza di adottare immediatamente una risoluzione che ricordi alle parti i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, chieda un cessate il fuoco, esige che le parti consentano un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli, esige il rilascio immediato e sicuro di tutti i bambini rapiti e detenuti e sollecita parti a garantire ai bambini la protezione speciale alla quale hanno diritto”.
Per l’UNICEF, “dobbiamo avere accesso umanitario attraverso tutti i punti di passaggio nella Striscia di Gaza, attraverso vie di rifornimento sicure ed efficienti”, ha affermato Russell, chiedendo anche un’inversione delle misure adottate da Israele per impedire l’ingresso di elettricità, cibo, acqua e carburante nell’enclave da Israele. “A nome di tutti i bambini coinvolti in questo incubo, chiediamo al mondo di fare meglio”, ha detto. “I bambini non danno origine ai conflitti e non hanno il potere di fermarli. Hanno bisogno che tutti noi mettiamo la loro sicurezza al primo posto nei nostri sforzi e immaginiamo un futuro in cui tutti i bambini siano sani, sicuri e istruiti. Nessun bambino merita di meno”.

Quando è stato il turno di Lisa Doughten, direttrice della mobilitazione delle risorse presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), ha affermato che gli eventi accaduti dal 7 ottobre sono stati “a dir poco devastanti e strazianti”.
“Non dimentichiamo le 1.400 persone uccise e le altre migliaia ferite e prese nel brutale attacco di Hamas. Il lancio indiscriminato di razzi continua da Gaza verso le aree popolate di Israele, causando sempre più vittime civili, sfollamenti e traumi”. Doughten, anche lei seduta al tavolo con i Quindici, ha detto che “tutti gli ostaggi devono essere rilasciati immediatamente e senza condizioni”. Doughten ha poi aggiunto che la situazione per gli oltre due milioni di persone intrappolate nella Striscia di Gaza è semplicemente “catastrofica”. “Hanno sopportato un assedio e un bombardamento continuo per 23 giorni. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, più di 8.000 persone sono state uccise […] altre decine di migliaia sono rimaste ferite”, ha aggiunto.
Doughten ha detto di essere profondamente preoccupata per le accuse secondo cui Hamas avrebbe collocato installazioni militari nelle immediate vicinanze degli ospedali e per la richiesta delle autorità israeliane di evacuare gli ospedali: “Non c’è nessun posto sicuro in cui i pazienti possano andare, e per quelli in supporto vitale e per i bambini nelle incubatrici, trasferirsi sarebbe quasi certamente una condanna a morte”, ha detto Doughten che ha ribadito la necessità di una pausa nei combattimenti per motivi umanitari. Ciò fornirebbe una pausa agli operatori umanitari e a coloro che ne hanno bisogno, nonché un passaggio sicuro per il rilascio degli ostaggi. Ciò consentirà al personale delle Nazioni Unite di rifornire le scorte, dare il cambio al personale esausto e continuare l’assistenza in tutta Gaza ovunque i civili siano nel bisogno “Fornirebbe anche la tregua tanto necessaria ai civili che vivono in condizioni inimmaginabilmente traumatiche”, ha affermato Doughten.
We need a ceasefire in the Gaza war now.
During the UN Security Council meeting on the situation in the Middle East, including the Palestinian Question, #UAExUNSC called for humanitarian aid to reach Gaza, the restoration of cell and internet service, and the protection of… pic.twitter.com/Tlh1poSm2O
— UAE Mission to the UN (@UAEMissionToUN) October 30, 2023
Lana Zaki Nusseibeh, l’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti presso le Nazioni Unite, che ha richiesto la riunione, ha ricordato la risoluzione adottata venerdì dall’Assemblea Generale, sostenuta da 120 paesi – la stragrande maggioranza del mondo – che hanno lanciato un “appello inequivocabile” per un immediato, duraturo e una tregua umanitaria prolungata a Gaza.
“Hanno difeso l’imperativo umanitario, i diritti umani, il diritto internazionale e, soprattutto, l’evidente verità che la vita palestinese è preziosa, uguale e meritevole della piena protezione della legge”, ha affermato Nusseibeh. “Se ci affidiamo alla responsabilità morale dell’Assemblea Generale in altri contesti, dobbiamo rispettarla anche in questo”, ha affermato, sottolineando che “questo Consiglio, ignorando la volontà espressa dalla maggioranza del mondo, [è] forse ciò che lo rompe.” Nusseibeh ha ribadito che ora è necessario un cessate il fuoco, così come è necessario garantire che aiuti umanitari sicuri, sostenuti e su vasta scala raggiungano Gaza e che venga ripristinato l’accesso all’elettricità, all’acqua pulita e al carburante.
L’ambasciatrice degli Emirati ha continuato sottolineando che, sebbene i nostri occhi siano puntati su Gaza, neanche la Cisgiordania occupata è stata risparmiata dalla violenza: “I coloni israeliani stanno intensificando i loro attacchi contro i civili palestinesi e costringendoli allo sfollamento. Questi attacchi devono essere prevenuti dallo Stato di Israele”, ha affermato Nusseibeh, aggiungendo che in tutta la regione ci sono stati diversi avvertimenti credibili di una più ampia escalation: “I tamburi di guerra stanno suonando”, ha detto, esortando i membri del Consiglio di Sicurezza a prendere sul serio gli avvertimenti. “Non serviamo la sicurezza di Israele consentendogli (la guerra) di continuare. Non possiamo invertire gli atroci attacchi del 7 ottobre condonando questa guerra in cui i civili stanno pagando il prezzo”, ha osservato Nusseibeh, aggiungendo che “ignorare ciò che potrebbe accadere giorno dopo giorno avrà conseguenze devastanti – non solo per israeliani e palestinesi ma per le prospettive di pace e stabilità nella nostra regione”.
“If not now, then when?” – Mauro Vieira, Secretary of State of Foreign Affairs of Brazil on the country’s appeal for the protection of civilians in #Gaza pic.twitter.com/NkZ6IJV886
— UN News (@UN_News_Centre) October 30, 2023
L’ambasciatore cinese, Zhang Jun, nel suo intervento al Consiglio è stato durissimo, affermando che la stragrande maggioranza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha sostenuto una pausa umanitaria venerdì scorso durante la sessione speciale di emergenza, ma Israele ha “fatto orecchie da mercante a tutto ciò” iniziando il suo assalto di terra all’enclave. Gaza è sotto blocco da “16 lunghi anni” e i 2,3 milioni di persone innocenti dell’enclave vivono ora nella “paura totale”. Zhang ha avvertito che la violenza non potrà essere contenuta, dicendo che potrebbe verificarsi una catastrofe militare che travolgerebbe l’intera regione.
Rivolgendosi ai colleghi membri del Consiglio, ha affermato che gli abitanti di Gaza non hanno bisogno di più promesse a pappagallo, ma piuttosto di “azioni concrete” che possano portare la pace, ristabilire lo stato di diritto e salvare vite civili. “L’inazione”, ha detto il diplomatico cinese, equivale a dare il via libera alla continuazione della violenza, avvertendo che la storia registrerà la scelta del Consiglio.

L’ambasciatrice statunitense Linda Thomas-Greenfield ha affermato “le vite di tutti i civili – civili innocenti, israeliani e palestinesi, uomini e donne, bambini e anziani – devono essere protette. Non esiste una gerarchia quando si tratta di proteggere le vite dei civili: un civile è un civile è un civile”. Poi ha continuato ricordando cosa il presidente Biden ha detto ieri al primo ministro Netanyahu, ribadendo “che, sebbene Israele abbia il diritto e la responsabilità di difendere i suoi cittadini dal terrorismo, deve farlo in modo coerente con il diritto umanitario internazionale. Il fatto che Hamas operi all’interno e sotto la copertura di aree civili crea un ulteriore onere per Israele. Ma non diminuisce la sua responsabilità nel distinguere tra terroristi e civili innocenti”. Ricordando le risoluzioni del Consiglio bocciate per il veto, Thomas-Greenfield ha detto che alla nuova risoluzione dell’Assemblea Generale “mancano due parole: Hamas e ostaggi”. In effetti, ha affermato, è scioccante che le azioni di Hamas non siano state condannate dall’Assemblea. “Anche in questo momento difficile, dobbiamo mantenere viva la speranza verso un futuro in cui due Stati democratici, Israele e Palestina, possano vivere fianco a fianco in pace”, ha affermato. “Questo non è il futuro che Hamas vuole vedere, ma è il futuro per il quale dobbiamo lavorare tutti insieme”.

L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, nella riunione ha detto che è giunto il momento di chiamare le cose per nome: questa è una catastrofe di “proporzioni bibliche”. Il rappresentante russo ha detto che l’entità delle perdite subite dalle agenzie delle Nazioni Unite è scioccante. Il più grande ospedale di Gaza è minacciato, nove ospedali sono inutilizzabili e le vittime civili sono in aumento, poiché Gaza è stata tagliata fuori dal resto del mondo. Nebenzia ha accusato gli Stati Uniti che con la loro posizione nel Consiglio lo hanno paralizzato. Inoltre, per la Russia, la portata senza precedenti del conflitto si verifica in un momento in cui la vicina Siria è sottoposta agli attacchi degli Stati Uniti. Queste azioni di Washington, secondo Nebenzia, sono illegittime e tali attacchi potrebbero provocare un’escalation armata nell’intera regione. “Nessuna pausa umanitaria aiuterà”, ha detto Nebenzia. “L’assistenza umanitaria non può essere fornita nel pieno delle ostilità sul terreno; Spero che tutti qui lo capiscano”. Dopo la priorità di fermare lo spargimento di sangue, per la Russia bisognerà spostare la situazione nella sfera diplomatica con l’obiettivo di realizzare la soluzione dei due Stati approvata dalle Nazioni Unite, ha detto Nebenzia, chiedendo perché alcuni membri del Consiglio non hanno sostenuto un cessate il fuoco.
Questo ha scatenato un battibecco con l’inviato degli USA (l’ambasciatrice Thomas-Greenfield non c’era più in sala, sostituita dal vice Robert Wood), in cui i due rappresentanti hanno preso più volte la parola per scambiarsi accuse su chi tra le due potenze avesse più responsabilità o “credibilità” per poter parlare della situazione in Gaza.

Quando la parola è passata a Riyad Mansour, osservatore permanente dello Stato di Palestina, con il tono della sua voce in sala ha vibrato anche il grido di sofferenza della popolazione palestinese a Gaza. Mansour, dopo aver ringraziato i briefer dell’agenzia delle Nazioni Unite per i loro “commoventi appelli” all’azione sul campo, nel tentativo di salvare più vite palestinesi, ha ricordato una frase dell’ex Segretario delle Nazioni Unite Dag Hammarskjold (“Le Nazioni Unite non sono state create per portare l’umanità al Paradiso ma per salvarla dall’Inferno”) e quindi ha detto agli ambasciatori: “Gaza è ora l’inferno sulla Terra”. “Salvare l’umanità dall’inferno oggi significa per le Nazioni Unite salvare i palestinesi a Gaza”, ha affermato Mansour, fornendo un’istantanea della vita lì, con più della metà della popolazione sfollata con la forza, in costante movimento e uccisa ovunque vada.
“Praticamente tutta la nostra gente a Gaza è sfollata”, dorme nelle auto, per le strade, “e continua a essere uccisa ovunque vada”. “Un documento trapelato preparato dal Ministero dell’Intelligence israeliano… conferma che in realtà il trasferimento dei palestinesi da Gaza alle tendopoli nel Sinai non è una minaccia che immaginavamo ma una realtà che Israele sta cercando di imporre”, ha detto Mansour, sottolineando che più di 8.000 palestinesi sono stati uccisi, tra cui oltre 3.000 nel sud di Gaza, dove Israele ha spinto – trasferito con la forza – centinaia di migliaia di persone. “Queste cifre sconcertanti continuano ad aumentare ogni minuto che l’azione viene ritardata per fermare l’assalto contro il nostro popolo”, ha detto, sottolineando che una cifra spiega l’entità di questa “tragedia provocata dall’uomo”: 3.500 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele in soli tre settimane, più del numero annuale di bambini uccisi nelle zone di conflitto del mondo dal 2019, secondo Save the Children.
“Ogni cinque minuti, un bambino palestinese viene ucciso”, ha detto Mansour, chiedendo ai membri del Consiglio quanti giorni ancora aspetteranno per dire “basta con la paralisi, col non agire per compiere il proprio dovere”, per riconoscere che questa è una guerra contro i bambini. “I nostri figli che sono, come i vostri, figli di Dio, figli della luce. Gli angeli sulla Terra. Basta oscurità, basta morte”.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, “in rappresentanza dei paesi del mondo, ha adottato una risoluzione fondata sull’umanità, sulla moralità, sulla legalità e sul rifiuto dei doppi standard”, ha aggiunto l’ambasciatore palestinese, chiedendo una tregua umanitaria immediata, sottolineando che il Consiglio deve seguire l’esempio dell’Assemblea Generale e la sua saggezza e assumersi le proprie responsabilità per porre fine allo spargimento di sangue. “Migliaia di altre vite sono in gioco.” È chiaro che l’ultimo progetto di risoluzione del Consiglio ha goduto di un ampio sostegno, con 11 voti a favore, tre astensioni e uno contrario, ha affermato, aggiungendo che il testo deve servire da base per una posizione chiara e inequivocabile del Consiglio in questo momento critico. “Fate quello che sta facendo l’organismo più grande”, ha implorato Mansour, riferendosi al voto non vincolante dell’Assemblea Generale di venerdì che chiedeva una tregua.
I palestinesi di Gaza “affrontano la morte ogni giorno e ogni notte”, ha detto. “Salvateli. Guardateli come esseri umani”. “Mostrate rispetto per la nostra dignità intrinseca, non a parole ma nei fatti, nell’azione… Nessuno dovrebbe giustificare la nostra uccisione o trovare ragioni per dare più tempo all’assassino. Chiediamo la fine di questo attacco a un’intera nazione”. Mansour ha inoltre chiesto la fine delle uccisioni in Cisgiordania da parte dei coloni e delle forze di occupazione e degli sfollamenti forzati in corso nel paese. “Abbiamo detto più e più volte che non esiste una soluzione militare a questo conflitto”, ha detto. “Dobbiamo ancora dimostrare che esiste una situazione pacifica”. Mansour ha invitato gli ambasciatori a trasformare finalmente la soluzione dei due Stati in realtà e a “porre fine all’occupazione”. “Ogni minuto conta. Ogni minuto fa la differenza tra la vita e la morte per i palestinesi di Gaza”.

Con Gilad Erdan, l’ambasciatore e rappresentante permanente di Israele presso le Nazioni Unite, seduto alla fine del tavolo ma dalla parte opposta al rappresentante palestinese, in sala si è fatto minaccioso, con parole di avvertimento contro chi potesse pensare di sconfiggere Israele e il suo popolo: “gli israeliani sono forti, sono qui per restare, non andremo da nessuna parte”.
Erdan ha iniziato affermando come i villaggi agricoli nel sud di Israele invasi dai terroristi di Hamas erano pacifici, simili al villaggio dei suoi nonni in Transilvania, che furono invasi dai nazisti di Hitler nel 1944.: “Intere comunità furono sterminate, solo che questa volta gli assassini erano nazisti di Hamas. Intere famiglie israeliane furono trasformate in fumo e cenere – non diversamente dal destino che incontrò la famiglia di mio nonno ad Auschwitz”, ha detto Erdan. “La brutalità dei crimini non è l’unica cosa che i selvaggi nazisti di Hamas condividono con i nazisti tedeschi. Entrambi condividono un’ideologia comune”, ha aggiunto, di “sterminare gli ebrei”.
L’ambasciatore Erdan ha affermato che il “regime di Ayotallah” in Iran “è il moderno regime nazista, e i suoi squadroni della morte includono Hamas, la Jihad islamica palestinese, Hezbollah, Houthi, la Guardia rivoluzionaria e altri jihadisti selvaggi”. “Proprio come il regime nazista, il regime di Ayotallah semina morte e distruzione ovunque tocchi”, ha detto l’ambasciatore israeliano. Erdan ha osservato che oltre 250.000 civili israeliani sono stati sfollati da quando è iniziata la guerra contro Hamas il 7 ottobre e che altri milioni vivono sotto il lancio costante e indiscriminato di razzi “per mano di Hamas, Hezbollah e altri jihadisti”. “Questo Consiglio non ha niente da dire al riguardo? Non fa parte anche questo della situazione in Medio Oriente?” ha detto, accusando il Consiglio di Sicurezza di rimanere “in silenzio” quando vengono commesse atrocità contro civili ebrei innocenti, compresi i bambini.
“Alcuni Stati membri non hanno imparato nulla negli ultimi 80 anni. Alcuni di voi hanno dimenticato il motivo per cui è stato istituito questo organismo, quindi vi ricorderò che, da oggi in poi, ogni volta che mi guarderete, mi ricorderete cosa significa restare in silenzio di fronte al male”, ha detto Erdan, usando un tono sempre più alterato, e aggiungendo “proprio come i miei nonni e i nonni di milioni di ebrei, d’ora in poi io e la mia squadra indosseremo le stelle gialle”. L’Ambasciatore si è alzato e ha messo una stella gialla sul suo abito, insieme alla sua delegazione. “Indosseremo questa stella finché non condannerete le atrocità di Hamas e non chiederete il rilascio immediato dei nostri ostaggi”, ha dichiarato, aggiungendo “camminiamo con una stella gialla come simbolo di orgoglio, a ricordarci che abbiamo giurato di combattere difendiamoci”.
L’ambasciatore Erdan ha affermato che gli antisemiti “hanno acquisito potere” e che chiedono l’uccisione degli ebrei in diversi paesi del mondo. Ha chiesto se il Consiglio di Sicurezza resterà a guardare in silenzio mentre cresce l’odio contro gli ebrei, e se “adotterebbe l’approccio di Chamberlin per placare i nazisti e i suoi simpatizzanti”, o piuttosto prendere a modello il leader britannico Winston Churchill “per combattere il male con il sangue, la fatica, lacrime e sudore.
Ha sottolineato che il popolo israeliano è forte, “siamo indistruttibili e non andremo da nessuna parte”. “Molti hanno cercato di distruggerci, i babilonesi, i greci, i romani e i nazisti, per citarne solo alcuni, ma nessuno ci è riuscito. E il Reich iraniano non sarà diverso”, ha detto, aggiungendo “Israele prevarrà, a Dio piacendo. Riporteremo a casa i nostri ostaggi e i cittadini dello Stato ebraico vivranno in pace e libertà”.
Ricordiamo che oltre a quella brasiliana, altre tre risoluzioni sono fallite, due presentate dalla Russia e una dagli Stati Uniti, a causa dei veti incrociati dei due membri permanenti (ma la risoluzione russa non aveva comunque ricevuto i 9 voti positivi necessari per essere approvata), quindi i dieci paesi “eletti” al Consiglio, stanno ora cercando di “blindare” una risoluzione che possa convincere tutte e tre le superpotenze (USA, Cina e Russia, mentre per quanto riguarda gli altri due membri con diritto di veto, la Francia ha già votato positivamente per quella brasiliana e quella degli USA, mentre UK praticamente ha finora seguito nel voto gli USA) per poter fermare il massacro di civili a Gaza.
Venerdì pomeriggio l’Assemblea Generale ha approvato una risoluzione che chiede una tregua umanitaria a Gaza, ma i documenti del “Parlamento” dell’ONU non sono “binding” (vincolanti) come quelli approvati dal Consiglio di Sicurezza.
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