Immaginate di essere un bambino che cresce in un’ isola bella come quella di Robinson Crusoe, ma con voi non c’è solo “Venerdì”, ma altre duemila persone che vivono come voi una vita tanto semplice quanto felice.
Immaginate quindi che, mentre state giocando con altri bambini, i vostri genitori vi dicono di prepararvi, è ora di partire, dovete lasciare l’isola dove siete nati e dove sono seppelliti i vostri nonni, e anche bisnonni. Anche se siete piccolo, capite che non è una scelta, la vostra famiglia non sta emigrando in cerca di una vita migliore. Siete invece obbligati a partire, costretti da un “ordine” del governo di sua Maestà, la regina Elisabetta II, il cui regno possiede ancora l’isola dove siete nati, anche se si trova migliaia di miglia lontana dall’Inghilterra. Avete un cane, ma vi è vietato portarlo e lo dovete abbandonare nell’isola, così come tutti gli altri animali domestici che, verrete a sapere poi, verranno tutti gasati dai soldati di sua maestà.
Così vi mettono su un barchino, poi su una nave e quella vostra isola dove avete imparato a camminare, a parlare e a sorridere spensierati alla vita, non la rivedrete più per mezzo secolo. Vi rimarrà solo il ricordo di quel fanciullo che, prima di partire, è riuscito a portarsi un po’ di sabbia in un vasetto di quella spiaggia dove ha giocato fino al giorno della partenza.
“Non ci mancava nulla, tutti avevamo una casa, a nessuno mancava il cibo, nell’isola ci aiutavamo tutti come una famiglia” dirà poi Olivier Bancoult, nato nel 1964 nell’isola di Peros Banhos nell’arcipelago delle Chagos, ai giornalisti della United Nations Correspondents Association (UNCA) venuti ad ascoltarlo al Palazzo di Vetro.
Altro che romanzo! Martedì 3 ottobre, abbiamo assistito al racconto della drammatica vicenda su un crimine contro l’umanità consumato (e perpetuato) dal Regno Unito – con l’istigazione degli Stati Uniti – , in un periodo che va dal 1966 al 1973, quando circa duemila abitanti delle isole Chagos, furono forzatamente trasferiti dagli atolli in cui gli americani avrebbero poi costruito la grande base navale di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano. Tutto questo quando la dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo esisteva già dal 1948!
Quel crimine contro l’umanità ai danni del popolo chagossian continuerà fino ad oggi, dato che è stato impedito per tutti questi anni il ritorno a casa agli ex abitanti dell’arcipelago e ai loro discendenti.
A rispondere alle domande dei giornalisti, con Olivier Bancoult, presidente del Chagos Refugees Group, c’erano anche Laura Trevelyan, ex corrispondente della BBC e attivista per la giustizia riparativa, e Clive Baldwin, senior consulente legale e politico di Human Rights Watch.
Siamo arrivati ormai al 50° anniversario dell’arrivo dell’ultimo trasferimento di popolazione Chagossian a Port Louis, nelle Mauritius, dove la maggioranza della popolazione delle Chagos venne trasferita (qualcuno poi andò in Gran Bretagna, altri alle Seychelles). Ci vollero infatti otto anni, per il Regno Unito e gli Stati Uniti, per trasferire, sotto costrizione, l’intera popolazione che non voleva lasciare la loro isola natale. Tutto questo per far posto alla costruzione della base militare statunitense sulla più grande delle isole, chiamata Diego Garcia, che darà il nome a quella che risulterà poi fondamentale per le forze aeree degli USA durante l’invasione dell’Iraq nel 2003.
Ancora oggi il Regno Unito, governa l’arcipelago delle Chagos, di fatto quindi ultima colonia britannica in Africa, nonostante ci sia stata nel 2019 la sentenza dell’ International Court of Justice (dopo anche un precedente voto a favore dell’Assemblea Generale dell’ONU) che ha condannato Londra, ritenendo fuori legge la creazione, nel 1965, del territorio del British Indian Ocean Territory, lo stratagemma con cui il Regno Unito staccò i possedimenti coloniali dell’arcipelago delle Chagos da quelli delle Mauritius che, per le risoluzioni dell’ONU, sarebbero dovute diventare uno stato indipendente. Il fatto che Londra abbia impedito per tutti questi anni il ritorno dei Chagossiani, ha reso il suo crimine contro l’umanità persistente.
Human Rights Watch, prestigiosa Ong che difende i diritti umani nel mondo, sta portando avanti la battaglia per il diritto al ritorno del popolo chagossiano, ma anche all’ottenimento di un adeguato risarcimento da UK e USA per la devastazione emotiva sofferta dalla popolazione chagossian strappata dalla propria terra natale.

Come ha denunciato HRW nel suo recente rapporto, “That’s When the Nightmare Started: UK and US Forced Displacement of the Chagossians and Ongoing Colonial Crimes”, lo sfollamento forzato dell’intero popolo chagossiano resterà per sempre un crimine contro l’umanità non solo da chi lo ha commesso, ma anche da chi lo ha voluto. Furono gli Stati Uniti a chiedere al governo alleato di Londra il permesso di poter costruire sull’isola di Diego Garcia una base militare in una posizione strategica dell’Oceano indiano, pretendendo anche che tutte le isole dell’arcipelago fossero senza abitanti attorno alla loro base militare.
Un altro crimine compiuto dal Regno Unito – con la conoscenza del governo di Washington che però nascose la verità al Congresso – fu quello di mentire alle Nazioni Unite sul suo continuo dominio sulle Chagos e quindi nascondendo di continuare a “colonizzare” un popolo. Infatti il Regno Unito, dopo aver raggiunto un accordo segreto con gli Stati Uniti per la costruzione della base sull’isola di Diego Garcia, dichiarò che nelle isole Chagos non c’era mai stata una popolazione permanente ma solo dei “lavoratori stagionali” e con questa menzogna riuscì ad espellere tutti gli abitanti delle isole che compongono l’arcipelago delle Chagos.
Per il rapporto di Human Rights Watch, queste deportazioni furono basate non solo sulle menzogne, ma anche sul razzismo. Come discendenti di schiavi portati a Chagos dai primi governanti coloniali francesi dall’Africa orientale e dal Madagascar, nonché anche dai lavoratori a contratto dell’Asia meridionale, i chagossian avevano vissuto sulle isole per tre secoli. Per questo da 50 anni continuano a lottare per il riconoscimento al loro diritto di ritorno.
Negli anni l’organizzazione guida da Louis Olivier Bancoult ha ottenuto vittorie legali significative ma il governo del Regno Unito, che mantiene ancora il controllo su Chagos, nonostante le sentenze internazionali che riconoscono le isole come territorio appartenente allo stato delle Mauritius, continua a negar loro il legittimo ritorno. King Charles è a conoscenza della situazione? “Certamente, ma non credo che riuscirà a far cambiare politica al governo di Rishi Sunak, che non ha alcuna intenzione di cedere. Si dovrà aspettare il cambio con le prossime elezioni…” ha risposto Laura Trevelyan.
Come ha rivelato il panel durante il briefing ai giornalisti, da mesi il Regno Unito e Mauritius hanno avviato i negoziati sul futuro di Chagos, ma nessun esponente del popolo chagossian è stato invitato a partecipare al tavolo.
Quando Valeria Robecco, presidente di UNCA, ha chiesto al Presidente del Chagos Refugee Group se si fida del governo delle Mauritius, Olivier Bancoult ha risposto “Dobbiamo dare atto al governo di Mauritius di aver iniziato il processo per farci tornare a casa. Credo che le loro intenzioni siano genuine, però chiediamo anche di essere ammessi al tavolo delle trattative col Regno Unito, perché vogliamo partecipare alle discussioni e decisioni sul nostro futuro”.
Per Human Rights Watch il Regno Unito e gli Stati Uniti devono nuovi risarcimenti ai chagossian, che devono essere adeguati e immediati. Devono garantire il diritto incondizionato di ogni chagossian di poter scegliere di tornare in patria, compresa quindi Diego Garcia, e l’arcipelago delle Chagos nella sua interezza. Sia il Regno Unito che gli Stati Uniti dovrebbero ripristinare l’integrità territoriale di tutte le isole per garantire la dignità e la prosperità dei chagossiani e fornire garanzie affinché tali crimini non possano mai più verificarsi. “E ci vogliono anche le scuse” ad un certo punto hanno ripetuto dal panel, moderato dal giornalista Sherwin Bryce-Pease della South African Broadcasting Corporation.
Quando abbiamo suggerito che la storia sembra perfetta per un regista alla Martin Scorsese, in modo da scuotere l’opinione pubblica americana su un crimine che si continua a commettere grazie alla complicità del suo governo, Bancoult ha replicato: “Sicuramente è per questo che siamo qui, per far conoscere la nostra sofferenza. Gli americani non sanno quello che ci è accaduto, faremo di tutto per informare e avere giustizia”.
Louis Olivier Bancoult, con il professor David Vine dell’American University che si è occupato del loro caso anche in un libro, ha già visitato il Congresso degli Stati Uniti e aspetta di essere ricevuto dal Dipartimento di Stato USA e dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Intanto la prossima mossa riguarda l’ONU, sia all’Assemblea Generale guidata dal nuovo presidente Dennis Francis (Trinidad e Tobago) che al Segretario Generale ONU Antonio Guterres, ai quali verrà chiesto di intervenire, ha detto ai giornalisti Louis Charbonneau, il responsabile di HRW per le Nazioni Unite.