Martedì al Palazzo di Vetro c’è anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che seppur attiva in molti incontri bilaterali – paesi africani, Senegal, Kenya, Guinea… e poi anche il presidente della Turchia Erdogan – fino al primo pomeriggio si tiene distante dai giornalisti. Dopo aver assistito ai discorsi di Guterres, Biden e Zelensky in aula, ad un certo punto lascerà le Nazioni Unite per andare ad un incontro con la comunità italo americana sotto la statua del Columbus Center nella West Side di Manhattan.
Nei confronti della stampa risulta disponibile il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che arriva sorridente nel giardino delle rose dai cronisti in attesa e scherzando dice: “Vi sono mancato, vero?”.
Partita la mitragliata di domande, il ministro resta calmo e risponde. Ma qualcuno dei suoi assistenti vuol bloccare tutto perché si tratterebbe di un briefing e non conferenza stampa e quindi chiede di spegnere le telecamere: “Non c’è bisogno” tranquillizza tutti Tajani, “tanto io dico sempre quello che penso”.
La prima domanda si riferisce a quello riportato da alcuni giornali in Italia: salta l’accordo con la Tunisia sul blocco dei migranti a causa delle divisioni in seno all’Europa? — vedere articolo di ieri sulle polemiche nel governo Meloni sulla lettera di Josep Borrell a Ursula von der Leyen. Per Tajani “è una notizia destituita da ogni fondamento, forse la speranza di qualcuno. Si va avanti a Bruxelles per applicare il memorandum in tutte le sue parti. Dobbiamo stabilizzare la situazione in Tunisia, dobbiamo fermare i flussi e il memorandum va in questa direzione”. Poi aggiunge: “Ci sono riunioni in corso, il servizio relazioni esterne dato via libera a molte decisioni, il consiglio era informato, si va avanti, il blocco del memorandum non c’è”.
Tajani fa capire ai cronisti che lui un piano lo ha già: “Andrò in Tunisia a firmare un accordo per incrementare la presenza di tunisini regolari, per aumentare di 4 mila unità il numero di chi può arrivare. Questo significa avere un piano”. Un’altra delle idee di Tajani è quella di realizzazione gli “hotspot in Africa” per fermare i flussi migratori. “E’ un’idea che può funzionare, nel rispetto dei diritti delle persone e con un ruolo di primaria importanza dell’UNHCR”.
Già, l’agenzia dei rifugiati dell’ONU che Tajani vorrebbe molto più attiva in Africa. Quando gli chiediamo se l’Italia sia pronta ad aumentare il suo contributo finanziario alle agenzie umanitarie dell’ONU, dato che proprio il Segretario Generale Guterres, tramite il suo portavoce, all’esortazione di Tajani per rafforzare le agenzie in Africa, ha replicato dicendo “le agenzie sono al limite, non è una questione di volontà, ma di soldi”, Tajani replica convinto: “No, non è una questione di agenzie e soldi. Non è una questione tattica, ma strategica. Non di presenza delle agenzie, ma una questione di impegno, secondo noi, delle Nazioni Unite. Io ho qui parlato con la nuova responsabile dell’IOM (l’americana Amy Pope, non ancora formalmente in carica, ndr), e non mi ha parlato di questione di soldi. La questione è politica, dopo viene la questione economica. Non si può ridurre il tutto a le agenzie che hanno più soldi. Il tema è quello di avere le Nazioni Unite fortemente impegnate ad essere l’ombrello per le iniziative di pace, delle Nazioni Unite che devono far sentire la loro forza per risolvere problemi epocali. L’Europa può contribuire a risolverla ma non è sufficiente. Quindi questo appello all’ONU continuiamo a rivolgerlo e domani il presidente del Consiglio dirà quanto è importante il ruolo delle Nazioni Unite per affrontare il problema. Se non fossimo convinti dell’importanza del ruolo delle Nazioni Unite, non porteremmo questo tema qui”.
Si cambia argomento, si chiede cosa il ministro degli Esteri italiani pensi del discorso di Biden, in cui il presidente USA insiste sulla riforma del Consiglio di Sicurezza aperto a nuovi membri permanenti. Tajani non ne è preoccupato: “Noi la pensiamo diversamente e c’è un gruppo di Paesi che la pensa come noi: va bene allargare, ma con le rotazioni. Il dibattito è aperto ma noi abbiamo una proposta differente dagli USA”.

Quando il ministro sta andando via, a telecamere spente, noi insistiamo: ma anche con Filippo Grandi (UNHCR) non avete parlato di soldi? “No, con lui non ho parlato di soldi”.
Proprio oggi, su Repubblica, il capo dell’UNHCR dichiara: “Credo che sia molto importante avere un ‘Piano Africa’, però bisogna realizzarlo. Perché io sento parlare da molto tempo di ‘piani Africa’, ma i nostri finanziamenti, cioè i finanziamenti umanitari in tutto il continente, stanno calando. Quindi poi ci si sorprende se arrivano i sudanesi a Lampedusa”.
L’ONU dice all’Italia che, per avere le sue agenzie umanitarie più attive in Africa, bisogna mostrare “the money”? Il numero due del governo Meloni (o numero tre?) replica che è una questione politica prima che di soldi. Posizioni diverse tra Italia e l’amministrazione ONU di Guterres. Restiamo in attesa di ascoltare sul tema l’intervento domani della leader del governo Giorgia Meloni.
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