Venerdì al Palazzo di Vetro dell’ONU, durante la tradizionale conferenza stampa del presidente di turno del Consiglio di Sicurezza per presentare il programma di lavoro per il mese di settembre, era di scena la missione diplomatica dell’Albania, alla sua prima partecipazione tra i Quindici dopo 65 anni di appartenenza all’ONU. Prima di ultimare il suo mandato del biennio 2023-24, l’Albania arriva alla sua seconda presidenza del Consiglio e l’ambasciatore Ferit Hoxha ha presentato un programma che prevede due importanti dibattiti aperti di alto livello: uno si apre il 14 settembre e sarà sull’avanzamento del partenariato umanitario pubblico-privato, presieduto dalla Ministra degli Affari Esteri dell’Albania Olta Xhaçka. L’incontro si concentrerà sulle modalità per far mobilitare le risorse private in modo più efficace nei conflitti e nelle situazioni di emergenza. Hoxha, sottolineando la necessità di ampliare “il raggio dei contributi” da aggiungere a quelli dell’ONU, ha affermato che l’incontro annuncerà la creazione di un’alleanza umanitaria del settore privato che fungerà da piattaforma per la partecipazione delle principali società private alle operazioni di aiuto umanitario delle Nazioni Unite.
Quello del 20 settembre, quindi con UNGA78 appena iniziata, invece sarà presieduto dal primo ministro albanese Edi Rama, e sarà dedicato alla guerra in Ucraina: l’occasione per “un vero vertice che non c’è stato dall’inizio della guerra”, ha detto il diplomatico albanese.
After serving as President of the UN Security Council during the month of August, I’m pleased to pass the gavel over to Ambassador @HoxhaFer.
Look forward to working closely with Albania during its presidency. pic.twitter.com/tFWKtYAv5z
— Ambassador Linda Thomas-Greenfield (@USAmbUN) September 1, 2023
Altri incontri di settembre si concentreranno su Medio Oriente, Siria, Yemen, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Missione Integrata di Assistenza alla Transizione delle Nazioni Unite in Sudan (UNITAMS), Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS) e Operazioni di mantenimento della pace delle nazioni.
Si prevede che il Consiglio a settembre adotterà diverse risoluzioni, tra cui quelle relative alla squadra investigativa delle Nazioni Unite per promuovere la responsabilità per i crimini commessi dal Da’esh/Stato islamico in Iraq e nel Levante (UNITAD). Hoxha prevede anche che il Consiglio negozierà un testo sulla situazione ad Haiti per riuscire ad inviare finalmente una missione dell’ONU per proteggere la popolazione civile dalle violenze delle gang, questo ad un anno dalla specifica richiesta fatta del Segretario Generale Antonio Guterres.

Rispondendo alle numerose domande dei giornalisti sull’incontro del 20 settembre, l’ambasciatore albanese ha affermato di poter “quasi confermare” la partecipazione del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, segnando la sua prima presenza nel Consiglio di sicurezza. Finora non c’è stato un incontro a livello dei capi di Stato e di governo sull’argomento, ha sottolineato, aggiungendo che esso delineerà le vie su come porre fine a questa situazione e su come potrebbe iniziare un processo di pace significativo. Hoxha ha ricordato che il processo di pace deve rispettare l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale.
Alle domande sul dibattito aperto del 14 settembre ha detto che il CEO di Mastercard e Eric Schmidt, l’ex CEO di Google, dovrebbero informare il Consiglio e che nella stanza saranno rappresentate da 15 a 18 grandi aziende. L’incontro servirà da slancio “per lanciare l’idea, che si consoliderà con il passare del tempo”, ha aggiunto Hoxha. Alla preoccupazione che il settore privato potesse utilizzare le Nazioni Unite come forum di autopromozione, Hoxha ha risposto: “Non penso che Google abbia bisogno delle Nazioni Unite per essere promosso”. Piuttosto, ha osservato che “ne abbiamo bisogno”, sottolineando il loro potere e la capacità di risparmiare tempo nella raccolta delle risorse.

(UN Photo/Loey Felipe)
Noi abbiamo chiesto se nel programma di lavoro per il mese di settembre, il Consiglio di Sicurezza avrebbe affrontato la situazione di tensione tra Kosovo e Serbia; inoltre quale è la posizione dell’Albania rispetto all’ inedita reazione degli Stati Uniti? Durante la recente crisi di maggio, quando la NATO è stata costretta ad inviare altri soldati in Kosovo, gli USA hanno accusato il governo di Pristina di essere responsabile delle nuove tensioni create con la Serbia.
“Su queste questioni vi potrei tenere a discutere fino a stanotte”, è stata la risposta dell’ambasciatore, che poi ha cominciato a spiegare la posizione albanese.
“La situazione nella regione e la situazione della missione dell’ONU in Kosovo è da tempo nell’agenda del Consiglio di Sicurezza, ma la situazione non richiedeva più di 4 incontri all’anno. Noi siamo stati quelli che hanno chiesto di ridurre ancora gli incontri ad uno all’anno. Per due motivi: uno perché nulla di rilevante stava accadendo, e anche perché il consiglio di Sicurezza non ha un gran peso nel processo del dialogo”.

Quindi Hoxha ha aggiunto: “Come sapete il processo di dialogo (tra i governi di Pristina e Belgrado, ndr) è stato trasferito a Bruxelles, e c’è un inviato speciale dell’Unione europea che ha lavorato senza sosta, soprattutto negli ultimi sei mesi. C’è un accordo che è stato raggiunto a Bruxelles dove le parti hanno quasi riconosciuto l’un l’altro. Se questo accordo fosse messo in pratica, non avremmo più bisogno di altri incontri del Consiglio di Sicurezza e non dovremmo più spendere risorse per la missione dell’ONU in Kosovo”.

Poi il diplomatico albanese ha affrontato l’altra questione: “Riguardo alla posizione degli USA e dell’UE: gli Stati Uniti hanno un inviato speciale di alto livello per i Balcani e in particolare per il dialogo tra Serbia e Kosova (l’ambasciatore ha cominciato a pronunciare il nome del paese in lingua albanese) e questo per aiutare il processo che è guidato dall’Unione Europea. Io sono assolutamente speranzoso, non c’è altra alternativa sia per la Serbia che per il Kosovo che non sia continuare ad andare avanti nel dialogo. Attraverso l’implementazione degli accordi raggiunti quest’anno a Bruxelles e poi a Ohrid (Nord Macedonia), perché questo darebbe alla Serbia l’opportunità di uscire dalle problematiche della ex Jugoslavia, e al Kosovo di trovare il suo posto nei Balcani, in Europa e anche – sappiamo bene che lo vogliono – nella NATO”.
A questo punto ha perentoriamente aggiunto: “Per questo noi non porteremo questa problematica al Consiglio di Sicurezza perché non riguarda più la sicurezza e la pace; ora per il Kosovo si tratta di costruire le istituzioni, migliorare la loro società civile, e quindi l’integrazione in Europa e nella NATO. Il Consiglio di Sicurezza non potrebbe aiutare in questo”.

(UN Photo/Manuel Elías)
L’ambasciatore dell’Albania ha anche risposto a domande sull’incapacità del Consiglio di conquistare la fiducia dei cittadini dei paesi in crisi: “Ogni volta che il Consiglio di Sicurezza viene bloccato, preso in ostaggio, sottoposto a veto, e ogni volta che ciò accade, il Consiglio di Sicurezza delude coloro che si era impegnato ad aiutare, sia in Medio Oriente che altrove”, ha risposto Hoxha. “Condivido pienamente questa frustrazione”, ha aggiunto Hoxha. “Ecco perché sono più di 30 anni che abbiamo un processo di riforma del Consiglio di Sicurezza e non si va da nessuna parte…. Ma sappiamo anche che in diplomazia le cose non arrivano subito”, aggiungendo che il Consiglio di Sicurezza “non è nel suo momento migliore” e riflette “un mondo diviso e frammentato”. “Ma finché non avremo qualcos’altro, dobbiamo attenerci al Consiglio e alle sue capacità”, ha continuato il diplomatica albanese.
Riguardo allo sblocco del meccanismo transfrontaliero in Siria, ha affermato che “stiamo assistendo a un nuovo accordo” derivante dal veto che ha posto fine a un sistema in vigore dal 2014. Attualmente, il valico di frontiera di Bab al-Hawa rimane aperto. Tuttavia, la popolazione locale non ha fiducia nel governo, ha avvertito, descrivendo la situazione come “un arbitraggio molto delicato”. La priorità, tuttavia, è fornire i bisogni di base a 4,2 milioni di persone attraverso quel valico, che soddisfa la maggior parte di tali bisogni.
Per quanto riguarda la situazione nell’Africa occidentale, ricordando come in quella regione ci sono stati otto colpi di stato dal 2020, ha sottolineato che l’Albania è contraria a qualsiasi presa del potere con la forza (eppure nel programma finora non sono previsti incontri del Consiglio sull’Africa occidentale).
Sulla Forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), Hoxha ha sottolineato la necessità di rimanere consapevoli delle realtà sul terreno per attuare il suo mandato. A tal fine, la cooperazione tra la Forza ad interim e le forze armate libanesi – “uno dei pilastri della stabilità nel paese” – è cruciale, ha aggiunto.