Due mesi fa Abdoulaye Bathily, Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’Onu per la Libia, era apparso davanti al Consiglio di Sicurezza con notizie cariche di ottimismo per una “nuova dinamica” che gli faceva prevedere che la strada per raggiungere le elezioni fosse finalmente in discesa. Oggi, 19 giugno, nel riportare ai Quindici la situazione, pur riconoscendo i recenti sforzi del Comitato “6+6” come un importante passo avanti, ha dichiarato che non è sufficiente per risolvere le questioni più controverse e consentire il successo delle elezioni libiche.
Questo perché Bathily ha notato che dall’ultima riunione del Comitato, ci sono state una raffica di reazioni contrastanti da parte delle fazioni libiche sul testo di regole concordate per poter andare al voto, indicando che le questioni chiave rimangono fortemente contestate. Bathily, che già di suo quando parla non ha nulla di eloquente e appare piuttosto pedante, ha dichiarato col tono sommesso che i principali decisori libici devono, agendo in uno spirito di compromesso, mettere gli interessi superiori del popolo libico al di sopra di ogni altra cosa e giungere a un accordo politico su tali questioni.
Quindi il rappresentante speciale di Guterres e capo dell’UNSMIL ha detto al Consiglio di Sicurezza che, mentre “noi tutti approviamo il principio di una soluzione libico-libica come base di qualsiasi strumento efficace per una pace e una stabilità sostenibili, quella parola d’ordine non deve essere uno slogan per nascondere un’agenda per il prolungamento dello status quo a scapito dei diritti politici e delle aspirazioni del popolo libico a istituzioni legittime e alla prosperità”.
SRSG @bathily_unsmil‘s remarks to the UN Security Council on Libya 19 June 2023:https://t.co/3dw9tGT22V
— UNSMIL (@UNSMILibya) June 19, 2023
Cioè le leggi elettorali proposte finora non hanno rotto l’impasse e non saranno sufficienti per consentire le elezioni. La missione dell’ONU si è concentrata per anni sull’elezione di un nuovo presidente e parlamento come l’unica chiave disponibile per chiudere con anni di conflitto, ma le fazioni politiche rivali della Libia hanno ripetutamente fallito nel raggiungere un accordo sulle regole.
Per Bathily quindi i continui disaccordi tra le opposte fazioni libiche potrebbero “innescare una nuova crisi”. I problemi con le leggi proposte includevano controversie sull’ammissibilità dei candidati alla presidenza e l’obbligo di creare un nuovo governo ad interim prima di qualsiasi voto. Anche l’obbligo di tenere un secondo turno anche se un candidato ha ottenuto più della metà dei voti e l’annullamento delle elezioni parlamentari in caso di fallimento del primo turno delle elezioni presidenziali. Per Bathily, senza l’unione del governo riconosciuto a livello internazionale e di altri centri di potere politico rivali come il comando generale dell’esercito nazionale libico (LNA), è probabile che ci sarà “un’ulteriore polarizzazione e destabilizzazione”.

A questo punto, Bathily ha chiesto aiuto ai Quindici: ”Chiedo quindi a questo Consiglio di aumentare la pressione sugli attori interessati e utilizzare la propria influenza collettiva e individuale per garantire che si dimostri la volontà politica necessaria per portare il loro paese a elezioni con successo”.
Bathily ha anche avvertito che il conflitto scoppiato nel vicino Sudan ha creato un’altra fonte di destabilizzazione in Libia, con il potenziale per un afflusso di rifugiati e movimenti militari transfrontalieri. “Stiamo monitorando attentamente la situazione” ha detto agli ambasciatori, aggiungendo di aver detto a Tripoli che le Nazioni Unite sono pronte a sostenere il Paese, anche se a tutti i rifugiati in fuga dalla guerra dovrebbe essere garantita la protezione umanitaria. Infine, Bathily ha cercato di raccomandare al Consiglio che diventa “imperativo” che i suoi membri appoggino il mandato affidato all’UNSMIL, per aumentare la pressione sulla classe politica libica. Il massimo organo di pace e sicurezza delle Nazioni Unite deve parlare “con una sola voce” per consentire alla Libia di riprendersi finalmente dal disfacimento iniziato con la morte di Gheddafi nel 2011.
I commenti di Bathily arrivano a poche ore dalle dichiarazioni del presidente del parlamento della Cirenaica, Aguila Saleh, che ha affermato invece che le leggi proposte sono per lo più buone “e ci portano alle elezioni”, aggiungendo che l’inviato delle Nazioni Unite “non sarà lui ad impartire istruzioni”.
In Libia gli sforzi per una soluzione politica duratura basata sulle elezioni nazionali si sono arenati alla fine del 2021, quando il voto è stato annullato a causa di controversie sulle regole, incluso il ruolo di un governo ad interim insediato all’inizio di quell’anno.

Head of the United Nations Support Mission in Libya, briefs the Security Council meeting on the situation in Libya.
Da allora c’è stata una situazione di stallo politico tra le fazioni che sostengono il governo ad interim e quelle, incluso Saleh, che desiderano sostituirlo. Saleh ha detto lunedì che il parlamento e l’altro organo legislativo, l’Alto Consiglio di Stato, “si assumeranno le proprie responsabilità per formare un governo e una legge che porti alle elezioni”.
Alla riunione del Consiglio di sicurezza, c’era un quasi totale schieramento di “vice” ambasciatori, a partire dalla presidenza degli Emirati Arabi. Ma non per quanto riguardava il Regno Unito, che con l’ambasciatrice titolare Barbara Woodward, durante l’intervento ha parlato della sua recente visita in Libia. “Durante la mia visita, il popolo libico mi ha detto di voler impegnarsi attivamente. Vuole esercitare il suo diritto democratico di voto, lavorare per un futuro migliore”. E poi Woodward ha ripreso le parole di Bathily: I libici “vogliono andare oltre, come ha affermato l’SRSG (Bathily), agli slogan che prolungano lo status quo”.
Anche per quanto riguarda Malta – che per ovvie ragioni geografiche ha tutto da perdere dal peggioramento della situazione in Libia -, l’ambasciatrice titolare Vanessa Frazier tra tutti ha espresso di più il rammarico per l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo con centinai di morti di migranti-rifugiati che dalla Libia cercavano di raggiungere l’Europa.
Gli altri discorsi dei vice ambasciatori ascoltati lunedì mattina, sembravano per lo più fotocopie di quelli già ascoltati in precedenza.

La situazione descritta da Bathily sembra riportare il calendario indietro di mesi, con un accordo di cessate il fuoco tra le fazioni rivali che di colpo potrebbe tornare ad essere violato.
La colpa sarebbe tutta delle fazioni libiche e di certi paesi come l’Egitto o Turchia che appoggiavano i diversi campi?
Secondo una analisi da tre giorni pubblicata su “Arab News”, invece gli imputati maggiori per la continua instabilità della Libia dovrebbero essere ricercati in Europa. Secondo Khaled Abou Zahr, “in realtà, il problema è il divario tra Francia e Italia. Si potrebbe anche dire che le relazioni tra il nuovo primo ministro italiano Giorgia Meloni e il presidente francese Emmanuel Macron potrebbero apparire più problematiche di quelle tra il primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah e il signore della guerra dell’oriente Khalifa Haftar”. E poi: “È improbabile che queste differenze tra Francia e Italia producano risultati significativi per entrambe. Ne stanno invece beneficiando Russia e Cina”.

La rivalità in Libia tra Francia e Italia renderebbe ancora lontana la stabilità del paese nord africano? Zahr, nel concludere la sua analisi su Arab News, indicava come soluzione per gli europei di seguire la politica nei confronti della Libia impostata dallo scomparso Silvio Berlusconi, che quando era premier dell’Italia “aveva capito il nuovo ordine globale energetico e commerciale; aveva capovolto i rapporti con la Libia e costruito stretti legami con Gheddafi. Così come gestiva le sue squadre di calcio e il suo impero mediatico, aveva capito che portare i migliori giocatori o le presentatrici più belle e tenerli in panchina o dietro le telecamere era meglio che vederli giocare per la squadra avversaria o ballare per i concorrenti. L’Europa ha bisogno di riordinare la sua leadership e poi avere questo pragmatismo per proteggere i suoi interessi geopolitici ed energetici”.
Visti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, sono proprio Meloni e Macron, che domani si incontreranno a Parigi, a restare i sorvegliati speciali per chi guarda con apprensione al futuro della Libia.