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June 14, 2023
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UNHCR: 110 milioni in fuga, a quella ucraina si aggiunge la crisi in Sudan

Nel rapporto dell'Agenzia ONU per i rifugiati, continua ad alzarsi la cifra record degli sfollati; per Filippo Grandi è un "atto d'accusa sullo stato del mondo"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

Global Trends in Forced Displacement 2022, il rapporto annuale dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), rivela che alla fine dello scorso anno, il numero di persone sfollate a causa di guerre, persecuzioni, violenze, violazioni dei diritti umani e anche per gli sconvolgimenti causati dal cambiamento climatico, aveva raggiunto la cifra record di 108,4 milioni, in aumento di 19,1 milioni rispetto al precedente anno –  un aumento record. Nell’anno in corso, afferma l’UNHCR in una nota, il trend in crescita del numero di persone costrette alla fuga a livello globale continua ad aumentare anche a causa dello scoppio della guerra in Sudan, spingendo così il numero totale delle persone in fuga a un valore stimato di 110 milioni alla fine di maggio.

“Queste cifre ci mostrano che alcune persone sono troppo veloci nell’iniziare un conflitto e troppo lente per trovare soluzioni. La conseguenza è devastazione, sfollamento e angoscia per milioni di persone sradicate con la forza dalle proprie case”, ha dichiarato l’Alto Commissario per i Rifugiati Filippo Grandi che, durante una conferenza stampa tenuta on line da Ginevra di presentazione del rapporto, ha rinforzato la dose dicendo: “Questo rapporto è un atto d’accusa sullo stato del mondo”.

Del totale globale, 35,3 milioni erano rifugiati, persone che hanno attraversato un confine internazionale per trovare sicurezza, mentre una quota maggiore, il 58%, che rappresenta 62,5 milioni di persone, erano sfollati interni a causa di conflitti e violenze.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata la principale causa di sfollamento nel 2022. Il numero di rifugiati in Ucraina è salito da 27.300 alla fine del 2021 a 5,7 milioni alla fine del 2022, rappresentando il più rapido deflusso di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale.

The number of people forced to flee has risen again. They are now more than 110 million worldwide.

War, violence, persecution, discrimination — and increasingly, climate change, often linked to conflict — all cause displacement.

A world with too many crises, too few solutions.

— Filippo Grandi (@FilippoGrandi) June 14, 2023

Le stime per il numero di rifugiati dall’Afghanistan erano nettamente superiori alla fine dell’anno, a causa delle stime riviste degli afgani ospitati in Iran, molti dei quali erano arrivati ​​negli anni precedenti.

Allo stesso modo, il rapporto riflette le revisioni al rialzo da parte di Colombia e Perù del numero di venezuelani, per lo più classificati come “altre persone bisognose di protezione internazionale”, ospitati in quei paesi.

Grandi, durante la conferenza stampa, ha voluto sottolineare come le cifre dimostrano che sono i paesi a basso e medio reddito del mondo e non gli stati ricchi, quelli che ospitano la maggior parte degli sfollati. Le 46 nazioni meno sviluppate rappresentano meno dell’1,3% del prodotto interno lordo globale, eppure hanno ospitato oltre il 20% di tutti i rifugiati, ha affermato l’UNHCR.

I finanziamenti per lo sfollamento e per sostenere i rifugiati sono rimasti inadeguati per il 2022 e lo stesso vale quest’anno, ha aggiunto Grandi, che ha detto finora si sono raccolti il 32% di fondi necessari alle operazioni dell’UNHCR per l’anno prossimo. “Le persone in tutto il mondo continuano a mostrare straordinaria ospitalità per i rifugiati mentre estendono protezione e aiuto a chi ne ha bisogno”, ha aggiunto Grandi, “ma è necessario molto più sostegno internazionale e una più equa condivisione delle responsabilità, specialmente con quei paesi che stanno ospitando la maggior parte degli sfollati del mondo”.

Filippo Grandi, United Nations, High Commissioner for Refugees (UN Photo / Jean Marc Ferré)

Ad un certo punto della conferenza stampa Grandi ha mostrato irritazione nel costatare che per l’Ucraina, all’inizio della crisi, in poche settimane erano arrivati i contributi necessari per far fronte all’ondata di rifugiati in Europa, mentre per altre parti del mondo colpite dalle crisi questo non sta avvenendo. Uno sbilanciamento che non può continuare, ha detto Grandi. “Gli ucraini hanno meritato tutto l’aiuto che hanno ricevuto, ma la stessa mobilitazione ci deve essere anche per gli altri popoli che soffrono”.

Grandi ha ripetuto che “cercare asilo non è un crimine”, e ha nuovamente criticato il Regno Unito che ha “appaltato” al Rwanda lo smaltimento  delle pratiche con il “trasferimento” in Africa dei richiedenti asilo, con un provvedimento che va contro “la legge internazionale”. Grandi ha detto invece che i recenti tentativi dell’Europa di trovare una politica comune sull’accoglienza sono un passo avanti anche se si è solo all’inizio, mentre ha fiducia su come gli Stati Uniti dell’amministrazione Biden stanno organizzando il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo rispetto a come avveniva prima con Trump.

Displaced people walk back to Plain Savo site early morning after spending the night in host families in the nearby city of Bulé, in the Democratic Republic of Congo. © UNHCR/Hélène Caux

Resta ancora poco chiaro – e avremmo voluto porre la domanda a Grandi –  a chi spetti l’ultima decisione nel ritenere chi, tra questi 110 milioni di disperati in fuga, si meriti lo status e quindi la protezione internazionale di rifugiato e chi invece dovrà restare bollato come emigrante con tutte le conseguenze del caso. Chi decide lo status di un sudanese, somalo, o senegalese quando sbarca a Lampedusa?  L’UNHCR o i governi nazionali? Insieme? E quando non sono d’accordo? E poi l’IOM, l’organizzazione internazionale dell’emigrazione che da qualche anno fa parte dell’ONU e al cui vertice andrà presto l’americana Amy Pope, avrà forse un ruolo su queste decisioni?

Nel rapporto UNHCR, si stima che alla fine del 2022, 4,4 milioni di persone in tutto il mondo fossero apolidi o di nazionalità indeterminata, un buon due per cento in più rispetto alla fine del 2021.

Il rapporto Global Trends viene lanciato sei mesi prima del secondo Global Refugee Forum, un importante incontro a Ginevra che riunisce una serie di attori per trovare nuove soluzioni per le persone costrette a fuggire e per i paesi ospiti, e per sottolineare l’importanza della solidarietà globale in affrontare il problema.

Intanto dal rapporto dell’UNHCR 2022, le persone che sono state costrette ad abbandonare il proprio paese a causa di guerre e persecuzioni e sono arrivate in Italia sono 354,414, di queste il 41% proviene dall’Ucraina. L’UNHCR, afferma ancora nella nota, è impegnato in Italia per favorire e facilitare l’inclusione sociale, culturale ed economica delle persone rifugiate con una serie di azioni che coinvolgono le amministrazioni, il settore privato, il terzo settore, le comunità locali ed i rifugiati stessi.

“I rifugiati desiderano opportunità, non assistenza”, ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo, coinvolgendo le città, le aziende, il terzo settore, e tanti altri attori competenti”. L’Agenzia per i rifugiati ha elaborato la Carta per l’Integrazione, adottata dai Comuni di Bari, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino, strumento per favorire l’arricchimento e lo sviluppo armonico delle città attraverso l’integrazione.

Mentre il numero totale delle persone costrette alla fuga ha continuato a crescere, il rapporto Global Trends mostra anche che alcuni di loro hanno potuto far ritorno nei propri paesi volontariamente e in sicurezza. Nel 2022 più di 339.000 rifugiati sono tornati in 38 paesi, e nonostante il numero sia stato inferiore all’anno precedente ci sono stati significativi ritorni volontari in Sud Sudan, Siria, Camerun e Costa d’Avorio.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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