Diversi paesi membri del Consiglio di Sicurezza hanno ritenuto per anni che la questione del cambiamento climatico non dovesse appartenere all’agenda dei temi in discussione dei Quindici. Poi in soli pochi mesi la svolta, grazie alle insistenze del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres affinché se ne occupasse l’organo più incisivo delle Nazioni Unite, ma anche per il “ritorno” degli Stati Uniti con Joe Biden nel palcoscenico delle Nazioni Unite, che ha cancellato gli anni in cui Trump snobbava l’ONU, considerato un posto “solo per divertirsi nei party”.
Così nel 2023 assistere al Consiglio di Sicurezza che discute delle conseguenze del cambiamento climatico sulla sicurezza e la pace mondiale, non dovrebbe essere più una sorpresa, anche se appare tale che sia proprio durante la presidenza di turno degli Emirati Arabi Uniti – un grande produttore di petrolio – che viene dedicata una riunione “di firma” (cioè espressamente voluta da chi presiede) sull’argomento clima-sicurezza.
Prima della riunione, Mariam Almheiri, ministra del Climate Change and Environment degli UAE, accompagnata da ministri e ambasciatori anche di Gabon, Malta, Mozambico, Svizzera, Albania e Ghana, è andata allo stake-out fuori dal Consiglio per spiegare le ragioni della riunione speciale, sostenendo che le “interconnessioni tra cambiamento climatico, pace e sicurezza sono innegabili”.
Per certi paesi è ormai una certezza, il cambiamento climatico metterà a repentaglio la vita umana, i mezzi di sussistenza e gli ecosistemi e avrà un impatto negativo sulla stabilità e sulla sicurezza locali, nazionali, regionali e globali: “Siamo consapevoli che il sistema multilaterale non ha affrontato nella sua storia una sfida così complessa come il cambiamento climatico. Nessun governo o organizzazione internazionale può rispondere da solo alla sfida del cambiamento climatico” sentenzia il documento letto ai giornalisti, per poi intimare: “il Consiglio di sicurezza deve assumersi le proprie responsabilità affrontando e preparandosi a gestire l’intera gamma di fattori di rischio di conflitto che il cambiamento climatico potrebbe esacerbare”.
Gli Emirati Arabi, dove si terrà la COP28, potrebbero diventare i paladini dell’agenda mondiale per il clima? “In qualità di membri responsabili e impegnati del Consiglio di sicurezza e dell’agenda sui cambiamenti climatici, la pace e la sicurezza, siamo pronti a consolidare i nostri sforzi per promuovere un approccio sistematico, reattivo e basato su prove” recitava il documento letto e firmato da UAE, insieme agli altri membri non permanenti Albania, Gabon, Ghana, Malta e Svizzera.
Quando al Consiglio di Sicurezza è iniziato l’incontro, è toccato al sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di pace, Jean-Pierre Lacroix, spiegare al Consiglio di sicurezza come l’ONU dovrà dare l’esempio sulla lotta al cambiamento climatico, già dalla riorganizzazione delle sue missioni nel mondo.

Con una stima di 3,5 miliardi di persone che vivono in “punti caldi del clima”, i relativi rischi per la pace e la sicurezza sono destinati solo ad aumentare, ha dichiarato Lacroix al Consiglio di sicurezza. Gli shock climatici stanno innescando un peggioramento degli ambienti di sicurezza, dall’Afghanistan al Mali, e le missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite stanno adottando misure per adattarsi, dalla riduzione della loro impronta di carbonio all’affrontare una miriade di conseguenze correlate.
#ClimateChange increasingly challenges @UN field missions’ ability to implement their mandates. From extreme weather events to dwindling resources that fuel conflict, climate-related risks are only set to heighten & further threaten peace & security. #A4P pic.twitter.com/7qcEeibX0l
— Jean-Pierre Lacroix (@Lacroix_UN) June 13, 2023
“Dati i crescenti collegamenti tra cambiamento climatico, pace e sicurezza così come i più ampi cambiamenti nelle dinamiche dei conflitti nelle aree in cui lavoriamo, dobbiamo continuare ad adattarci”, ha affermato il capo delle operazioni di pace dell’Onu osservando che l’ultimo rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha mostrato che i rischi climatici e rischi come la perdita di biodiversità e i conflitti violenti interagiranno sempre più.
“Le sfide transfrontaliere, il degrado ambientale e gli eventi meteorologici estremi, amplificati dai cambiamenti climatici, mettono sempre più alla prova la nostra capacità di attuare i nostri mandati”, ha continuato nel suo intervento Lacroix. “Vediamo già una forte correlazione tra gli Stati membri che affrontano la fragilità e quelli che affrontano il cambiamento climatico”.
Dei 16 paesi più vulnerabili dal punto di vista climatico, nove ospitano una missione sul campo delle Nazioni Unite: Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Mali, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Yemen. Lacroix ha sottolineato che la maggior parte delle operazioni di pace delle Nazioni Unite sono dispiegate in contesti altamente esposti al clima e caratterizzati da alti livelli di disuguaglianza di genere.
Lacroix. ha detto che le missioni dell’ONU “testimoniano in prima persona le doppie vulnerabilità poste dal cambiamento climatico e dall’insicurezza”, offrendo diversi esempi, dal Mali al Sud Sudan. “Guidate dalla Strategia ambientale per le operazioni di pace, le Nazioni Unite stanno progressivamente introducendo soluzioni di energia rinnovabile, riducendo la nostra impronta ambientale e riducendo al minimo anche il rischio per la sicurezza dei convogli di carburante”, ha affermato Lacroix.
Per discutere di clima e sicurezza al Consiglio di Sicurezza sono stati più di 70 i relatori ad intervenire.
A rappresentare gli Stati Uniti, c’era un “pezzo da novanta”: l’inviato speciale del presidente Biden per il clima John Kerry, che nel suo intervento ha affermato che non è più possibile contestare la minaccia rappresentata dal cambiamento climatico per la sicurezza globale: “Ora è indiscutibile che la crisi climatica è una delle principali minacce alla sicurezza non solo per il mondo sviluppato ma per l’intero pianeta”, ha detto Kerry al Consiglio di sicurezza, avvertendo che “non c’è spazio per la procrastinazione… non c’è spazio per il dibattito sulla scienza qui”.
“Senza un’azione concertata da parte di questo organismo e di ogni singola entità governativa che si occupa di questo…” ha continuato Kerry, “senza questo sforzo, l’impatto sul mondo peggiorerà. E continuerà a minacciare la nostra pace, le nostre vite, la nostra sicurezza”. Sottolineando la gravità della situazione, Kerry ha avvertito che i costi economici associati alla crisi climatica “rivalgono sul costo di molte guerre, anche quelle che si combattono oggi”.

La ministra degli UAE Mariam Al Mheiri, come presidente del Consiglio di Sicurezza ha esortato i membri a vedere i conflitti attraverso una “lente sensibile al clima” tra le divisioni sul ruolo del cambiamento climatico come preoccupazione per la pace e la sicurezza. “La correlazione tra cambiamento climatico e minacce alla pace e alla sicurezza è stata messa in discussione da alcuni che mettono in dubbio l’idoneità del Consiglio di sicurezza come sede per promuovere e accelerare le azioni per il clima”, ha affermato. Sottolineando i progressi stagnanti all’interno del Consiglio di sicurezza nell’affrontare questa correlazione, ha affermato che il ruolo del cambiamento climatico come moltiplicatore del rischio è passato da uno “scenario ipotetico” a una “realtà quotidiana”. La ministra degli UAE ha sostenuto che gli studi scientifici hanno dimostrato l’intricata relazione tra vulnerabilità, cambiamento climatico e conflitto armato, che porta a un ciclo distruttivo. Indicando il Medio Oriente, dove si trovano 14 dei 33 paesi più a rischio idrico, Al Mheiri ha sottolineato come il cambiamento climatico aumenti la tensione all’interno e oltre i confini nazionali. L’Iraq è stato citato come esempio, dove le carenze idriche legate al clima mettono a repentaglio la ripresa del paese dai conflitti.
L’ambasciatore cinese alle Nazioni Unite, Zhang Jun ha affermato che la più grande sfida dell’Iraq sono state le terribili conseguenze dell’invasione straniera e non le “sfide ecologiche”. “Anni di guerra e ostilità, compreso l’uso di munizioni all’uranio impoverito da parte di forze esterne, hanno portato a un irreparabile degrado degli ecosistemi iracheni”, ha affermato Zhang. Mentre l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite Vasily Nebenzya ha ribadito l’opinione del Cremlino secondo cui il cambiamento climatico è principalmente una questione di sviluppo sostenibile piuttosto che una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale, e quindi non rientra nel mandato del Consiglio di sicurezza.
Tra quelli più attesi anche l’intervento dell’ex presidente colombiano e premio Nobel Juan Manuel Santos, che ha ricordato come “il cambiamento climatico aggrava le minacce alla sicurezza umana e la guerra danneggia la natura e l’ambiente in molti modi, dalla distruzione delle dighe – basta guardare l’Ucraina – agli attacchi agli oleodotti e ai terreni agricoli che sostengono le comunità rurali”.
“Non può esserci pace senza sviluppo sostenibile, e non può esserci sviluppo sostenibile senza pace”, ha affermato Santos. “E’ così semplice… Abbiamo bisogno di un’azione politica coraggiosa” ha continuato Santos. “Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi non solo nella mitigazione e nell’adattamento, ma anche in soluzioni positive per la natura, tra cui la conservazione di foreste ad alta integrità, torbiere, barriere coralline e altri ecosistemi che forniscono all’umanità aria e acqua pulite”. Invitando i membri del Consiglio a trovare un terreno comune, un dialogo costruttivo e una cooperazione, Santos ha terminato intimando ai Quindici che c’è solo una via da seguire: “Unitevi, cooperate o moriremo tutti”.
Quando è stata la volta dell’Italia, l’ambasciatore Maurizio Massari ha affermato che “non sorprende quindi che i paesi più colpiti dal cambiamento climatico ci stiano inviando un messaggio chiaro: invece di mettere in discussione il nesso tra pace e sicurezza climatica, dovremmo agire per contrastarlo”.
#UNSC open debate on 🍃#ClimateChange, Peace & Security, Italy 🇮🇹: instead of questioning the climate-security nexus, we should act to counter it. Climate-related early warning systems as a tool of conflict prevention are crucial 👉https://t.co/5I9ccFiG1N pic.twitter.com/sAcpFCo50F
— Italy UN New York (@ItalyUN_NY) June 13, 2023
L’Italia, nel confermare la visione e le proposte delineate dal Gruppo di amici sul clima e la sicurezza e dall’Unione Europea, “in particolare, sostiene le relazioni periodiche del Segretario generale sulle implicazioni per la sicurezza del cambiamento climatico; l’uso di sistemi di allerta precoce legati al clima come strumento di prevenzione dei conflitti e costruzione della pace; e l’incorporazione dei rischi climatici nei mandati delle missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, promuovendo al contempo la riduzione dell’impronta ambientale delle missioni”.
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