Una stanza blu come il colore degli oceani, gremita di persone e concentrata sulla protezione delle acque che coprono il pianeta.
Alle Nazioni Unite si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani. Un’occasione, quella colta dal Segretario Generale Antonio Guterres, per accusare l’umanità di essere il “peggior nemico delle acque”. “L’oceano è il fondamento della vita. Fornisce l’aria che respiriamo e il cibo che mangiamo, regola il nostro clima. L’oceano è il più grande serbatoio di biodiversità del nostro pianeta, eppure la biodiversità marina è sotto attacco e l’attività umana continua a danneggiarla”.
I dati, in effetti, non lasciano spazio a dubbi. Nel mese di maggio gli oceani sono stati caldissimi, facendo tremare i ghiacciai e registrando un nuovo record negativo per la terza volta nel 2023, con un’estensione del 17% al di sotto della media.
L’oceano, si ricorda all’Onu, copre la maggior parte del pianeta, ma nonostante anni di progresso tecnologico l’uomo ne ha esplorato soltanto una piccola parte. È enorme, ci circonda e buona parte delle nostre attività dipendono da loro, eppure di acqua non si sa abbastanza. L’umanità gli dedica troppo poco, sia in termini di attenzioni che di risorse.
Ma le maree “stanno cambiando”, assicurano al Palazzo di Vetro, dove si stanno cercando di unire le competenze e i poteri di decisori politici, scienziati, dirigenti del settore privato, rappresentanti della società civile, comunità indigene, celebrità e giovani attivisti per “mettere l’oceano al primo posto”.

All’evento, organizzato a New York anche grazie alla partnership con Panerai, dopo l’intervento di apertura di Guterres hanno parlato Miguel de Serpa Soares, sottosegretario generale per gli affari legale dell’ONU, Lea d’Auriol, direttore esecutivo di Ocean Global, l’attore Jason Momoa, volto del programma UN “Life Below Water” e l’attore Lucas Bravo.
Intanto, il mese scorso a soffrire è stata anche l’aria. Il record di temperatura non si è raggiunto per la miseria di 0,1 gradi, rendendo quello del 2023 il maggio più caldo dal 1991. Nel bollettino climatico, a proposito delle condizioni idrologiche, viene anche indicata umidità superiore alla media negli Stati Uniti sud-orientali, nelle regioni dell’Asia orientale, nell’Australia nord-occidentale e in Tanzania, così come nella maggior parte dell’Europa meridionale e nella parte occidentale dell’Islanda.
C’è poi il problema dei rifiuti in mare e i numeri forniti dall’ONU lasciano senza parole. Secondo le stime, la plastica potrebbe superare in peso tutti i pesci dell’oceano entro il 2050. Una previsione che, dicono alcuni, è già realtà. I pescatori dei cinque continenti recuperano ogni giorno nelle loro reti soprattutto poliuretano e i micro frammenti dispersi nelle acque vengono ingeriti dagli stessi animali che poi portiamo sulle nostre tavole. La ricerca scientifica dimostra come la plastica, sotto forma di micro particelle, sia entrata a pieno titolo nella catena alimentare umana e sia fortemente presente nell’aria che respiriamo non soltanto quando è inquinata dai fumi degli incendi canadesi.
Solo nel Mar Mediterraneo, ogni anno finiscono più di 200.000 tonnellate di plastica. Rende bene l’idea un paragone: è l’equivalente di 500 container colmi fino al limite rilasciati ogni giorno tra le onde.