Sarà il gip di Roma a decidere se archiviare o meno l’inchiesta della procura sulla morte di Mario Paciolla, 33 anni, il cooperante napoletano trovato impiccato nel luglio del 2020 nella sua abitazione a San Vicente del Cagua’n, in Colombia, dove lavorare per le Nazioni Unite su un progetto di pacificazione interna tra governo locale ed ex ribelli delle Farc.
I pm avevano aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti ma le verifiche svolte in questi anni non hanno portato ad elementi concreti che confermassero questa ipotesi. Per gli inquirenti, dunque, prima in Colombia e ora anche in Italia la pista più accreditata è rimasta quella del gesto volontario ma contro la richiesta di archiviazione hanno presentato opposizione i familiari del cooperante dell’ONU, che oggi sono intervenuti in udienza davanti al GIP.
“Siamo soddisfatti di aver potuto elencare in un’aula di giustizia tutti gli elementi anche scientifici a riprova del fatto che secondo noi Mario è stato ucciso e che si tratta di un omicidio camuffato da suicidio”, hanno affermato i genitori del giovane, Anna Motta e Giuseppe Paciolla, assistiti dall’avvocato Alessandra Ballerini, lasciando piazzale Clodio. “Si tratta di tracce sulla scena del crimine, elementi che riguardano il contesto lavorativo e messaggi dai quali emerge che Mario aveva paura, aveva paura per la sua vita e voleva tornare in Italia dalla sua famiglia al sicuro. Mario immaginava il suo futuro, non c’erano segnali che facessero pensare al suicidio, era una persona sana che teneva alla sua salute, voleva vivere, per se’ e per la sua famiglia”, hanno concluso.

Mario Paciolla potrebbe esser stato strangolato? Dall’accertamento medico legale del professor Vittorio Fineschi e della tossicologa Donata Favretto è questa l’ipotesi che emerge come la più probabile. Davanti al gip del tribunale di Roma i risultati della consulenza tecnica, in favore delle ragioni della famiglia del cooperante morto in Colombia nel luglio 2020, sono state ripetute. Così come è stato ricordato l’ultimo messaggio inviato da Mario: “Mi vogliono fregare, mi sono ficcato in un guaio”. Secondo i legali di parte civile ci sono persone che erano vicine al giovane che sanno e non parlano.
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