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Russia presidente nel “Cuore” dell’ONU: sono le regole del Consiglio di Sicurezza

Le polemiche internazionali sul turno mensile di Mosca sono infondate ed ipocrite

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Russia presidente nel “Cuore” dell’ONU: sono le regole del Consiglio di Sicurezza

Sergey Lavrov, when he was the Permanent Representative of the Russian Federation to the United Nations, and President of the Security Council for the month of June 2002, addresses the Council after this morning's vote passing resolution 1487 (12 in favour with three abstentions: France, Germany and Syrian Arab Republic) and thereby renewing the request of resolution 1422 (2002). (UN Photo/Devra Berkowitz)

Time: 6 mins read

Per il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, la presidenza della Russia del Consiglio di Sicurezza dell’ONU  – entrata in vigore ieri – si tratta di ”uno schiaffo in faccia alla comunità internazionale”. Giovedì, Kuleba, sempre su twitter, aveva già qualificato questa presidenza russa come un “brutto scherzo”, considerando che “la Russia ha usurpato il suo seggio; sta conducendo una guerra coloniale; il suo presidente è un criminale di guerra ricercato dalla Corte Penale Internazionale per sottrazione di minori”. Sullo stesso piano si è espresso, tramite il suo portavoce, il Presidente ucraino Zelensky.

Russian UNSC presidency is a slap in the face to the international community. I urge the current UNSC members to thwart any Russian attempts to abuse its presidency. I also remind that Russia is an outlaw on the UNSC: https://t.co/rZVC1pV0MY#BadRussianJoke #InsecurityCouncil

— Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) April 1, 2023

Mentre possono essere comprensibili anche se poco rilevanti, le dichiarazioni delle autorità dell’Ucraina, paese invaso dalla Russia, che sta difendendo la sua esistenza, leggere dichiarazioni simili da altre capitali sono un segnale di profonda ipocrisia. Le polemiche sulla presidenza di turno della Russia del Consiglio di Sicurezza che si elevano negli Stati Uniti, in Europa e in Italia sono pretestuose e strumentali alla continuazione della guerra.

L’Ambasciatore  russo Vassily Nebenzia da ieri sostituisce alla presidenza il collega del Mozambico, perché così dettano le regole della Carta dell’ONU.  Come ha già annunciato l’ambasciatore russo, al Palazzo di Vetro questo mese si vedrà al Consiglio di Sicurezza anche il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov. Una grande occasione, si spera, per incontrarsi con altri colleghi altrettanto  “potenti” (soprattutto Toni Blinken) per tentare di trovare una strada che porti, se non ancora alla pace, almeno alla cessazione delle armi.

Lunedì 3 aprile Nebenzia, in conferenza stampa, spiegherà ai giornalisti il programma di lavoro del Consiglio di Sicurezza e risponderà alle domande. A noi della Voce, qualche giorno fa, ha già riposto di sperare che la venuta di Lavrov possa invertire al Palazzo di Vetro la marea che spinge la guerra per spostarla in direzione della pace. Certo, è solo una speranza, ma conoscendo Nebenzia, quel suo “I hope so”, non sarebbe stato pronunciato se l’esperto diplomatico russo non intravedesse spiragli.

Vassily Nebenzia UN Photo/Loey Felipe

Il 20 marzo scorso, ad una precedente conferenza stampa con l’ambasciatore Nebenzia, indetta a sorpresa dalla missione russa in occasione dell’anniversario dell’invasione degli Stati Uniti dell’Iraq (dal min. 28:55), avevamo chiesto al rappresentante permanente della Federazione Russa se senza l’invasione dell’Iraq da parte di USA e UK – in fragrante violazione della Carta ONU – per il suo presidente Vladimir Putin non sarebbe stato molto più difficile prendere la decisione di invadere venti anni dopo l’Ucraina. “La storia non si fa con i se”, ha subito risposto l’ambasciatore Nebenzia, mostrando interesse e dilungadosi in una lunga risposta, per poi cercarne di uscirne più o meno così: “Come ho detto prima, non sono due situazione che si possono equiparare. L’Iraq è un paese lontanissimo dagli USA e non poneva alcun pericolo per gli Stati Uniti, che invece lo hanno invaso a disprezzo delle regole internazionali”. Invece, continuava Nebenzia, “l’Ucraina ormai rappresentava un grave pericolo per la Russia dal ‘colpo di stato’ del 2014 e per le interferenze NATO, e Mosca non poteva ignorare la richiesta d’aiuto delle popolazioni russe dentro i confini dell”Ucraina che venivano attaccate dall’esercito ucraino”. Quindi Nebenzia ha ribadito: “La decisione di intraprendere l’operazione speciale in Ucraina non ha nulla in comune con l’invasione americana dell’Iraq”. Dal canto nostro, noi abbiamo replicato all’ambasciatore che invece siamo convinti che la precedente violazione della Carta Onu  da parte di George W. Bush, senza che gli USA fossero puniti o il suo presidente fosse incriminato, ha sicuramente avuto il suo peso nei calcoli del Cremlino venti anni dopo.

Abbiamo ricordato questo nostro scambio con l’ambasciatore russo, per mettere in risalto l’ipocrisia che in queste ore troviamo in certe dichiarazioni da Washington o dalle capitali europee. Forse qualcuno chiese agli USA di non presiedere il Consiglio di Sicurezza dopo l’invasione dell’Iraq?

The Security Council votes on a resolution, put forward by the Russian Federation, which would have established an international independent investigative commission into the September 2022 “acts of sabotage” committed on the Nord Stream gas pipeline in the Baltic Sea. By a vote of 3 in favour (Brazil, China, Russian Federation) to none against, with 12 abstentions, the Council rejected the draft resolution, owing to a lack of sufficient votes in favour. A view of council members voting in favour of the resolution. (UN Photo/Eskinder Debebe)

All’inizio della guerra in Ucraina, anche noi eravamo convinti che all’ONU la Russia fosse isolata. Ora, continuare a dirlo, significa allontanare la verità su un’altra realtà: al Palazzo di Vetro, la Russia non è più sola, anzi. Quando giganti come l’India, il Brasile e ovviamente la Cina votano a favore delle sue risoluzioni (sia all’Assemblea Generale che al Consiglio di Sicurezza), o come anche quando alcuni paesi, astenendosi, come nel caso della risoluzione russa che spingeva per indagini ONU sulle esplosioni del gasdotto Nord Stream, non seguono nelle loro spiegazioni  di voto la “linea” dettata dagli USA ma intimano a Germania, Danimarca e Svezia che le indagini debbano ora procedere speditamente e informare il Consiglio di Sicurezza, significa che la situazione è totalmente cambiata dal febbraio del 2022. La maggioranza del mondo (se non in numeri di seggi, sicuramente in peso di popolazione) ha compreso che questa guerra non solo è stata spinta troppo pericolosamente avanti (leggi pericolo nucleare), ma che le ragioni o le colpe del suo scoppio non stanno tutte da una parte.

Ma come può, qualcuno potrebbe obiettare, il paese che ha un presidente ricercato dal tribunale penale internazionale, presiedere al centro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?

La Russia ha indetto per il mese di aprile  una riunione – dalle dichiarazioni fatte dall’ambasciatore Nebenzia, questo era stata pianificata prima del mandato contro Putin – per discutere dei bambini “trasferiti” in Russia dall’Ucraina: sarà interessante riportarne le discussioni, dato che su questo crimine, cioè che in realtà si tratti di un rapimento, si basa la principale accusa del TPI che ha incriminato Putin (Nebenzia ha più volte dichiarato che sarebbero stati tolti da una situazione di pericolo).

Su questo punto vorremmo fare notare che quando, un esempio tra tanti possibili, l’amministrazione di Barack Obama, per uccidere dei leader di Al Qaeda o di ISIS, lanciò ripetuti attacchi di droni su palazzi dove disintegrati finirono anche tanti bambini e donne innocenti, all’Aja nessuno fiatò. Quindi ci vorrebbe, sopratutto in tempi in cui dovremmo concentrarci tutti su come fermare una guerra che potrebbe provocare la fine del mondo, di mettere da parte l’ipocrisia per cercare le soluzioni possibili per fermarla.

Abbiamo una critica, purtroppo, nei confronti del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres: non basta, come ripetono invece i suoi portavoce rispondendo alle nostre domande, “tenere la porta aperta dell’ufficio per tutti”. Bisogna uscire da quella porta e andare a cercarla la pace ovunque essa si nasconda. Bussando anche alle porte di chi, fino a ieri, quella porta non voleva aprirla ma che oggi, magari, potrebbe ripensarci. Si spera che in realtà Guterres lo stia già facendo, e che la sua diplomazia abbia bisogno di segretezza per riuscire nell’obiettivo.

Immagine a colori della Conferenza Yalta dei “Tre Grandi” nel Febbraio 1945. Il Primo Ministro Winston S. Churchill, il Presidente Franklin D. Roosevelt e il Premier Josef Stalin. (wikimedia)

La presidenza della Russia del Consiglio di Sicurezza, con l’arrivo anche di Sergei Lavrov a New York, potrebbe portare ad una inversione di tendenza e allontanare il mondo dall’Armageddon? Immaginate che nel grande corpo della più grande organizzazione multilaterale del mondo, il Consiglio di Sicurezza sia il cuore: cosa succederebbe se smettesse di battere? L’Organo dell’ONU dove seggono Quindici membri tutti con diritto di voto, tra i quali cinque di loro “più uguali” degli altri col diritto di veto, è stato inventato dal genio di Franklin Delano Roosevelt proprio per evitare la Terza Guerra Mondiale. A quei tempi FDR e poi Truman, dovevano discutere di certe idee per la stabilità del mondo con un certo Stalin al Cremlino, altro che Putin…  Dalla sua nascita a San Francisco nel 1945, l’ONU ha sempre centrato questo obiettivo “esistenziale”. Le polemiche ipocrite e strumentali sulla presidenza della Russia del UNSC allontano le speranze di pace, il Consiglio invece deve lavorare (Joe Biden, se ci sei batti un colpo) per poter raggiungere ancora una volta lo scopo per cui è stato creato: preservare la sicurezza di tutti.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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