What were you wearning? Che cosa indossavi quel giorno? È la domanda che spesso viene rivolta alle vittime di violenza sessuale quasi ad insinuare una qualche responsabilità, quasi a voler sottintendere che l’ aggressione non si sarebbe verificata se si fosse vestita diversamente. Ma diversamente, come? Come se si potesse giustificare qualsiasi forma di violenza in base alla gonna o pantalone indossati. Una tematica di scottante attualita’ che ha visto, ieri pomeriggio, un interessante incontro-dibattito nella hall dell’O.N.U. di New York dove e’ allestita la mostra “What were you wearning”, promossa da Rise (Organizzazione no profit guidata da Amanda Nguyen, candidata al Premio Nobel per la pace 2019) e da Spotlight iniziative (partnership globale e pluriennale tra l’Unione Europea e le Nazioni Unite per eliminare tutte le forme di violenza contro donne e ragazze).
Gli abiti in mostra sono quelli che tutti noi indossiamo quotidianamente. Provengono da ogni parte del mondo, ricordando che il fenomeno e’ ovunque. Abito lungo, corto, pantaloni, camice. La normalita’ in mostra per cercare di scardinare pregiudizi verso le vittime dello stupro, aprire le menti per andare oltre. Anche perche’ i numeri sono drammatici: una donna su tre, almeno una volta nella vita, è stata vittima di violenza sessuale e/o psicologica, a casa, a scuola, sul lavoro, per strada o online.

Ma l’inizativa della mostra, grazie alla costante spinta delle Organizzazioni promotrici, sta raccogliendo buoni risultati in tutto il mondo: nell’Unione Europea circa 2/3 dei 500 milioni iniziali sono già stati impegnati. In Africa, Spotlight investe 250 milioni in un programma che prevede l’eliminazione della violenza sessuale e di genere, in particolare in Liberia, Malawi, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Uganda e Zimbabwe. In Asia, invece, Spotlight si concentra sul traffico femminile e sullo sfruttamento lavorativo, in particolare il programma “Safe and Fair” presta attenzione al rapporto fra migrazione e sfruttamento lavorativo. In America Latina l’iniziativa si concentra sui femminicidi e sul creare reti di aiuto e supporto a livello regionale.
“Le testimonianze, e l’intera mostra, confermano che la violenza sessuale si verifica ovunque, in ogni momento e in tutte le culture. Una donna su tre nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale e ci sono 1,3 miliardi di sopravvissute ad aggressioni sessuali a livello globale.
Negli ultimi due anni, è diventato più chiaro che mai che queste statistiche sottovalutano la prevalenza della violenza di genere nelle nostre società. C’è ancora molto da fare per prevenire e porre fine alla violenza contro donne e ragazze”, esordisce Amina J. Mohammed, il Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite e aggiunge. “Ponendo la domanda “Cosa stavi indossando?”, questa mostra capovolge la narrativa sulla vergogna e la colpa delle vittime.
Alle Nazioni Unite stiamo raddoppiando i nostri sforzi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030, incluso l’obiettivo sull’uguaglianza di genere.
Attraverso l’Iniziativa Spotlight, in collaborazione con l’Unione Europea e lavorando fianco a fianco con i Governi e la società civile, stiamo portando avanti programmi in più di venticinque Paesi per difendere la violenza di genere e rafforzare la prevenzione e la responsabilità. Ringrazio RISE e Spotlight Iniziative per l’importante evento”, conclude.