Tra il 14 e il 25 marzo 2022 abbiamo avuto la possibilità di partecipare, come giovani delegati italiani, alla 66esima Conferenza sulla Condizione Femminile dell’ONU (CSW66) che si è tenuta a New York. Il programma dei giovani delegati alle Nazioni Unite, introdotto dalla risoluzione dell’Assemblea Generale sulle politiche giovanili, permette a due giovani di poter far parte della delegazione del proprio Stato e partecipare in prima persona ai lavori delle Nazioni Unite rappresentando le istanze dei propri coetanei. In Italia, il programma viene organizzato dalla SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e con il patrocinio dell’ANG (Agenzia Nazionale per i Giovani) e il dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale.
Dopo aver partecipato da remoto ai lavori della 76esima sessione Assemblea Generale e della Commissione sullo Sviluppo Sociale (CSocD), abbiamo finalmente avuto la possibilità di assistere ai lavori delle Nazioni Unite in presenza. Le due settimane di lavoro per seguire i lavori della CSW con la Missione Permanente d’Italia all’ONU sono state molto intense: ci siamo occupati del rapporto tra parità di genere e cambiamenti climatici e abbiamo avuto numerosi incontri con varie personalità, tra cui la Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti e la UN Youth Envoy Jayathma Wickramanayake.

Quando siamo arrivati a New York eravamo ricchi di aspettative e impazienti di vedere da vicino i reali meccanismi di una realtà che spesso sembra così lontana.
Ma com’è cambiata la nostra percezione alla fine di questa esperienza?
Sicuramente l’occasione di partecipare a nome dell’Italia ai vari lavori è stata unica per due giovani come noi. Sedere ai tavoli del multilateralismo è stata un’esperienza importante e formativa per il nostro percorso. Vedere il Palazzo di Vetro da fuori o attraverso i canali mediatici, faceva sembrare questa istituzione molto lontana e macchinosa, invece è stato interessante poter vedere come questa organizzazione internazionale, come tutte le istituzioni, alla fine sia fatta di persone e in quanto tale abbia limiti e potenzialità di cambiamento.
Prima di questa esperienza avevamo una conoscenza didattica delle Nazioni Unite, anche se già con i negoziati da remoto avevamo capito che alcuni meccanismi necessitano di essere vissuti dal vivo per comprendere il reale funzionamento del sistema. Dopo l’esperienza in presenza ci sentiamo di confermare e ribadire l’importanza del multilateralismo e dell’esistenza di un’organizzazione internazionale dove tutti gli Stati del mondo possano confrontarsi.
Ci siamo resi conto che, per chi sta fuori, sia complesso riuscire a percepire l’importanza delle azioni portate avanti dall’ONU. Questa complessità risiede soprattutto nella capacità di intuire come azioni apparentemente piccole abbiano impatti enormi a distanza di anni. Queste battaglie sono spesso lente e silenziose e il rischio più grande è che non vengano comprese e che l’Organizzazione nel suo complesso venga additata di essere “non concreta” o addirittura inutile.
Così non è.

Possiamo dire che le Nazioni Unite lavorano su due dimensioni temporali di breve e lungo periodo. Nel breve periodo hanno sempre svolto attività molto concrete sul campo, soprattutto nelle crisi umanitarie attraverso le proprie Agenzie.
Ci siamo resi conto di quanto oggi sia fondamentale sensibilizzare la società civile rispetto ai meccanismi dell’Organizzazione, agli obiettivi già raggiunti dall’ONU e a quanto sia riuscita a costruire in 76 anni nel campo della pace, dello sviluppo sociale e del diritto internazionale.
È evidente che il più delle volte gli obiettivi di mantenere la pace e salvaguardare la sicurezza siano venuti meno, ma in altre finalità l’ONU si è rivelata essere molto importante, come ad esempio nello sviluppo del diritto internazionale.
Il fatto che nei vari organi dell’ONU si siano sviluppati nuovi linguaggi giuridici e che si siano affrontati nuovi temi, come ad esempio quello della CSW di quest’anno, ovvero la correlazione tra disparità di genere e cambiamenti climatici, è un importante obiettivo raggiunto. Ovviamente si tratta di un processo che si sviluppa nel corso degli anni, ma ad esempio si può osservare come i governi del mondo si stiano interessando ai cambiamenti climatici dopo anni di richieste da parte della società civile e grazie all’interessamento dell’ONU. Il metodo del consensus probabilmente limita l’evoluzione dei linguaggi della comunità internazionale, però si deve tenere a mente che è un processo lungo e condiviso tra i vari Stati che hanno culture e storie diverse ed è bene rispettare le varie sensibilità accentando anche le diversità di approccio alle tematiche mondiali.
Un’altra riflessione che abbiamo fatto nei giorni trascorsi a New York riguarda la crisi del multilateralismo, soprattutto quando non si riesce a evitare la guerra. Se guardiamo alle grandi potenze che hanno un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza possiamo notare che, fino ad oggi, non si sono mai scontrate direttamente sul campo di battaglia, già questa è una vittoria. È probabile che il confronto diretto nel Consiglio di Sicurezza abbia portato al vantaggio di evitare tali degenerazioni. C’è molta strada da fare per migliorare le potenzialità delle Nazioni Unite, ma nel suo complesso l’esperienza di questa organizzazione internazionale è positiva. La sfida da portare avanti ora è quella di allargare la corresponsabilità nel mantenimento della sicurezza internazionale a tutti gli Stati del mondo e non delegarla solo ai membri permanenti del consiglio di sicurezza.

Questa esperienza ci ha dato una possibilità unica di vedere il mondo da una prospettiva privilegiata, e per questo ci sentiamo estremamente fortunati, ma anche carichi di responsabilità. Rientriamo a casa con il desiderio di raccontare la nostra esperienza ai nostri coetanei per discutere insieme il ruolo dei giovani nel processo di cambiamento verso un futuro più sostenibile e resiliente in cui le Nazioni Unite possano giocare un ruolo cruciale. Durante questo periodo presso l’ONU abbiamo capito che il coinvolgimento dei giovani è ancora una prerogativa di pochi Stati e che la strada per rendere davvero effettiva la partecipazione giovanile ai tavoli decisionali è ancora in salita.
A conclusione della nostra missione a New York, ci siamo convinti che i giovani debbano formare la propria persona a partire dalla cultura e da un robusto pensiero critico, portando innovazione e cambiamento in tutte le realtà.