Da settimane, non si parla d’altro se non della guerra tra Russia e Ucraina. E delle conseguenze soprattutto dal punto di vista umano. Non passa giorno senza che un TG dedichi un servizio alle persone che arrivano in Europa dall’Ucraina. Milioni di rifugiati e profughi. Emergenza Ucraina (unhcr.org) E “sfollati”.
Sì perché, a vent’anni esatti dalla sua approvazione, improvvisamente, pare che i paesi dell’Unione europea abbiano scoperto che i migranti possono essere anche “sfollati”. Questa definizione risale al periodo dei flussi di persone provenienti dalla ex Jugoslavia. Per gestire questi arrivi, il Parlamento europeo approvò la Direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001, “Norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi”. Ratificata da tutti i paesi europei tranne la Danimarca che esercitò il diritto di opt out.
Dopo averla approvata, però, i paesi membri dell’UE si dimenticarono della sua esistenza. Nessuno ne parlò più (La Voce di New York ne ha parlato tante volte negli anni passati: nel 2014 L’Ordine di Malta all’Assemblea Generale: “La questione degli sfollati colpisce il mondo” – La Voce di New York , nel 2017 Gli “sfollati” del Mar Mediterraneo, secondo l’Europa – La Voce di New York e anche lo scorso anno, nel 2021 Covid, clima e guerre: Filippo Grandi e il mix mortale degli sfollati – La Voce di New York). Non se ne parlò nemmeno durante i numerosi incontri dei leader dei vari paesi dell’Unione Europea per decidere cosa fare dei rifugiati e dei profughi (i migranti, invece, stati sempre e solo argomento riservato a tre paesi: Italia, Spagna e Grecia).
Ora, improvvisamente, pare che i governi europei, pacifisti e colmi di umanitarismo (gli stessi che si sono precipitati a vendere armi ad un paese in guerra: il “nuovo” affare globale), abbiano deciso di tirare fuori dal cassetto la direttiva e i suoi 30 articoli. I paesi che accoglieranno gli sfollati dovranno garantire assistenza medica e fornire i mezzi per l’educazione scolastica (cose peraltro già previste dalla CRC), la ricerca di un lavoro e di un’abitazione agevolando l’espletamento delle diverse attività burocratiche e l’eventuale ricongiungimento familiare.
Per la prima volta, i governi europei hanno scoperto che esistono (articolo 2) gli “sfollati”, cittadini di paesi terzi o apolidi che hanno dovuto abbandonare il loro paese o regione d’origine o che sono stati evacuati ed il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta impossibile a causa della situazione nel paese stesso. Per la prima volta, la Commissione europea si è accorta dell’afflusso massiccio di persone che arrivano da paesi extraeuropei (e quelli arrivati dall’Afghanistan, dalla Siria, dallo Yemen e dall’Africa?).
Dietro questo perbenismo neanche troppo nascosto potrebbero non mancare le sorprese. La decisione di considerare le persone che arrivano dall’Ucraina “sfollati”, infatti, dipenderà dalla situazione e della portata dei flussi migratori, ma anche dalla valutazione dell’opportunità di istituire la protezione temporanea, tenuto conto della possibilità di attuare aiuti urgenti e interventi sul posto o dell’insufficienza di queste misure. In altre parole, riconoscere potrebbe dipendere dalla “convenienza” a farlo.
Altro aspetto importante, il riconoscimento come sfollati ha una durata molto limitata: sei mesi rinnovabili di altri sei. Questo significa che, finito periodo, i paesi dell’UE dovranno decidere cosa fare di queste persone. A questo si aggiunge che non tutti quelli che scappano dalla guerra potrebbero essere accolti come sfollati. L’articolo 28 della direttiva indica i casi per cui un soggetto può essere escluso dalla protezione temporanea: quando il soggetto ha commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità, oppure quando ha commesso un reato grave di natura non politica al di fuori dello Stato membro di accoglienza prima della sua ammissione in tale Stato membro in qualità di persona ammessa alla protezione temporanea, infine quando ha commesso atti contrari ai principi alle finalità delle Nazioni Unite.
E l’Italia? Cosa succederà nel Bel Paese? Il governo, da anni impegnato (senza riuscirci) nel cercare di far riconoscere agli altri paesi dell’Unione Europea la presenza dei migranti, ha aperto le braccia agli sfollati provenienti dall’Ucraina (paese al quale, contemporaneamente stiamo vendendo armi e armamenti). Anche l’Italia ha recepito la direttiva del 2001 sugli sfollati. Lo ha fatto con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n.85 “Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario”. E anche l’Italia non l’ha mai attuata (l’unica richiesta, risalente al 2011, è stata negata). Secondo questa legge dovrebbero essere considerati sfollati anche coloro i quali, costretti ad abbandonare o evacuare il proprio paese, non possono essere rimpatriati in condizioni stabili e sicure a causa della situazione nel paese stesso. Persone “vittime di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti”. Ma questo significherebbe che, non dovrebbero essere solo gli ucraini a godere di questi benefici: anche i rifugiati e i profughi provenienti dal Medio Oriente avrebbero diritto a questo riconoscimento. E – perché no? – persino molti gruppi che arrivano via mare dall’Africa potrebbero (e dovrebbero) essere accolti come “sfollati”. Anche per loro si tratta di “afflusso massiccio”. Anche per loro il rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta impossibile a causa della situazione nel paese stesso. Loro, però, non sono e non saranno mai considerati “sfollati”. Decine, centinaia di migliaia di loro sono e resteranno semplicemente “migranti”.
Ancora peggiore – se possibile – la situazione dei minori. In Italia, da anni, sono presenti migliaia i minori stranieri non accompagnati (a gennaio erano oltre 12mila Report-MSNA-mese-gennaio-2022.pdf (lavoro.gov.it)). Molti vivono in condizioni a volte difficili con una distribuzione territoriale pacchianamente disomogenea (basti pensare che quasi il 28% sono in una sola regione: la Sicilia). Non è un caso se in migliaia ogni anno scappano e diventano irreperibili. Per loro, in Italia, nel 2017, venne emanata la legge 47. Poi, però, ci si dimenticò di varare alcuni decreti attuativi. Gli SPRAR (dove vivono la maggior parte di loro) sono diventati prima Siproimi e poi SAI. Ma la situazione per i minori “stranieri” non è cambiata. Diversa la situazione per i minori non accompagnati arrivati dall’Ucraina. Nelle scorse settimane ne sono arrivati un centinaio. Per loro, a differenza di quanto fatto con gli altri minori stranieri non accompagnati, le autorità si sono precipitate ad attivare tutti i servizi necessari. Addirittura ci si è affrettati a nominare un “Commissario delegato per il coordinamento delle misure e delle procedure finalizzate alle attività di assistenza nei confronti dei minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina a seguito del conflitto in atto” Ocdpc n. 876 del 13 marzo 2022 | Dipartimento della Protezione Civile . E gli altri minori stranieri non accompagnati? Chi dovrebbe occuparsi di coordinare le misure e le procedure finalizzate alle attività di assistenza delle migliaia di MSNA giunti in Italia spesso dopo viaggi lunghissimi e difficili? Forse loro sono minori di serie B?
Come per i migranti, i rifugiati, i profughi e gli sfollati, anche per i bambini e gli adolescenti sono stati adottati due pesi e due misure. E per farlo, i governi europei hanno pensato di recuperare una nuova-vecchia figura: gli sfollati.