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Covid, clima e guerre: Filippo Grandi e il mix mortale degli sfollati

L'Alto Commissario UNHCR ha parlato al Consiglio di Sicurezza elencando le maggiori crisi: la politicizzazione del lavoro umanitario è un fallimento

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Covid, clima e guerre: Filippo Grandi e il mix mortale degli sfollati

Il Consiglio di Sicurezza ascolta il briefing di Filippo Grandi (sullo schermo), Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. (ONU/Loey Felipe)

Time: 3 mins read

Conflitti, cambiamenti climatici e COVID-19 hanno creato una tempesta perfetta per la sopravvivenza di rifugiati e sfollati. Un “mix mortale” lo ha definito Filippo Grandi, Alto Commissario UNHCR, parlando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

“Il sistema multilaterale non è mai stato così importante – ha detto Grandi, né così incline – al fallimento“. Agende politiche contrastanti paralizzano gli sforzi umanitari. E la crescente incapacità della comunità internazionale di riportare la pace in Yemen, Myanmar, Sudan, Etiopia e, soprattutto, Afghanistan, sta costringendo le organizzazioni umanitarie e di rifugiati a lavorare in situazioni sempre più complesse e incerte. “Operiamo in un contesto in cui c’è più onere, aspettativa che gli attori umanitari possano risolvere i problemi, quando in realtà lo spazio è ridotto anche per noi per salvare vite”, ha detto.

La devastazione causata dal lungo conflitto in Yemen (UNDP Yemen)

Delle 39 milioni di persone che vivono in Afghanistan, 23 milioni stanno affrontando livelli estremi di fame, mentre 3,5 milioni sono stati sfollati a causa del conflitto – 700.000 solo quest’anno. Ogni settimana l’UNHCR raggiunge 60.000 sfollati interni. Ma gli aiuti umanitari “non possono replicare il ruolo degli Stati“, salvare le economie, o sostituire soluzioni politiche.

In Siria, la mancanza di risorse e il lento collasso del Libano hanno peggiorato la situazione umanitaria. Raccontando la sua visita in ottobre, Grandi ha parlato delle crescenti code per procurarsi pane e carburante, e la mancanza di servizi, soprattutto fuori della capitale Damasco. Ma i lenti progressi nel garantire soluzioni stanno condannando sempre più milioni di persone a inutili difficoltà.

Profughi nel campo di Al-Hol, nel governatorato siriano di Hasakeh, nel nord-est. (UNICEF / Delil Souleiman)

Ancora più preoccupante è la crisi in Etiopia. La pace è un miraggio e questo aumenta il lavoro umanitario, mentre diminuiscono le opzioni su ciò che può essere realisticamente fatto. Per 13 mesi l’UNHCR ha lottato per fornire aiuti alle popolazioni del Tigray, dell’Afar, dell’Amhara e di altri punti caldi, poiché i combattenti concentrati sulle soluzioni militari creano le peggiori condizioni umanitarie possibili in cui operare. Nel frattempo, mediazioni politiche fallite hanno lasciato 20 milioni di persone bisognose e quattro milioni di sfollati umanitari, che lottano per raggiungere le persone con un accesso irregolare, inadeguato e pericoloso, sono ingiustamente accusati di schierarsi.

La politicizzazione del lavoro umanitario è un’altra sconfitta della comunità internazionale.

Una bambina etiope rifugiata in Sudan. Secondo l’UNHCR, il numero di rifugiati che affluiscono nel Sudan orientale ha superato i 40.000 dall’inizio della crisi (UNHCR/Olivier Jobard)

Sebbene gli sfollamenti forzati continuino a essere causati principalmente da conflitti e crisi, l’Alto Commissario ha affermato di aver compreso la complessità di trovare soluzioni politiche ai problemi di consegna degli aiuti umanitari. Tuttavia, “rispondere è diventato costoso” – ha affermato, osservando che il prossimo anno i bisogni umanitari supereranno i 41 miliardi di dollari.

Mentre l’UNHCR moltiplica i canali di sostegno attraverso il Global Compact on Refugees, gli impegni assunti al Global Refugee Forum e il crescente coinvolgimento di nuovi partner, Grandi ha detto al Consiglio di aver precedentemente chiesto ai donatori di contribuire con quasi 9 miliardi di dollari al suo lavoro.

Il Consiglio di Sicurezza ascolta il briefing di Filippo Grandi (sullo schermo), Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
(ONU/Manuel Elías)

A seguito della riunione con i Quindici, Filippo Grandi ha parlato ai giornalisti anche di Libia e ha commentato le politiche europee nel corso del 2021 e i respingimenti di migranti e rifugiati. Meno diplomatico, il capo UNHCR si è mostrato scettico. “La Libia non è un luogo sicuro in cui far tornare i migranti“, ma purtroppo, “negli ultimi anni i salvataggi in mare da parte dell’Europa sono diminuiti e questo è preoccupante“. Chiunque attraversa il Mediterraneo e “rischia di perdere la vita, dovrebbe essere salvato a prescindere dal suo status“. Ma in materia di migranti, l’Europa non canta all’unisono.

Non è poi così ottimista sul 2022. Alla domanda se vedesse qualche speranza per rifugiati e sfollati, Grandi ha risposto di vedere “barlumi di speranza ovunque, solo se certe cose vengono fatte… Gli stati coopereranno di più per cercare di risolvere questi problemi? Saranno messe più risorse nelle risposte? Sarà garantita la neutralità e la sicurezza delle operazioni umanitarie? Non rimango molto ottimista sui progressi di queste questioni – ha detto l’Alto funzionario Onu – in particolare sulla cooperazione e sulla ricerca di soluzioni“. Se ci sono voluti “strazianti negoziati” nel Consiglio di Sicurezza per ottenere l’approvazione per continuare a fornire aiuti umanitari attraverso un unico punto di attraversamento dalla Turchia alla Siria, “allora siamo nei guai, e non possiamo puntare ad andare avanti… Quindi sì, penso che le prospettive, sfortunatamente, siano piuttosto cupe“.

 

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