“Bugiardo e incosciente” cantava Mina nel 1970, trasmessa in bianco e nero dalla tv di Stato. Oggi, alle Nazioni Unite, i colori ci sono, ma al Consiglio di Sicurezza lo slogan è lo stesso pronunciato dalla tigre di Cremona cinquant’anni fa.
“Bugiardo e incosciente” si dicono a vicenda gli ambasciatori dei 15 paesi seduti attorno al tavolo, riuniti dalla Russia per discutere il sostegno concesso dagli Stati Uniti alla ricerca biologica militare in Ucraina.
È proprio la Russia, con il suo ambasciatore Vassily Nebenzia, a mettere le carte in tavola: Mosca avrebbe scoperto una rete di 30 laboratori di armi biologiche in Ucraina. Parla convinto, Nebenzia, citando l’entrata in vigore della Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche e tossiche del 1975 e dicendosi preoccupato per aver avuto notizie di “esperimenti biologici estremamente pericolosi volti a migliorare le proprietà patogene della peste, dell’antrace, del colera e di altre malattie mortali. Questo lavoro è finanziato e supervisionato direttamente dall’Ufficio per la riduzione delle minacce del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti. I nostri militari sono venuti a conoscenza dei dettagli del progetto UP-4, implementato nei laboratori di Kiev, Kharkov e Odessa. Il suo scopo è studiare la possibilità della diffusione di infezioni attraverso gli uccelli migratori, tra cui l’influenza patogena H5N1, la cui letalità per l’uomo raggiunge il 50%. L’Ucraina ha una posizione geografica unica, in cui si intersecano numerose rotte migratorie di potenziali portatori di malattie pericolose, molte delle quali attraversano il territorio della Russia e dell’Europa orientale”.

Un’accusa pesante, respinta con sdegno dalla controparte americana Linda Thomas-Greenfield, che senza mezzi termini punta il dito contro la Russia per aver tentato di usare il Consiglio di sicurezza per legittimare la sua disinformazione. “Lo dirò una volta sola: l’Ucraina non ha un programma di armi biologiche. Non ci sono laboratori supportati dagli Stati Uniti, né vicino al confine con la Russia, né da altre parti. Il mese scorso, il segretario Blinken ha esposto con precisione ciò che la Russia stava per fare. Ha avvertito che la Russia avrebbe inventato un pretesto per l’attacco, fabbricando accuse su armi chimiche o biologiche per giustificare i propri attacchi violenti. Così è stato”.
Tutto qui? No, di mezzo ci va anche la Cina, che “ha diffuso disinformazione a sostegno delle oltraggiose affermazioni della Russia”.
Zhang Jun, chiamato in causa, non si è allora tirato indietro: “La rappresentante degli Stati Uniti ha lanciato accuse infondate contro la Cina, che respingiamo fermamente. La comunità internazionale ha già sollevato preoccupazioni sulle attività biologiche militari statunitensi. Hanno in tutto il mondo 336 laboratori. Gli Stati Uniti hanno sempre affermato di sostenere la trasparenza: se ritengono che le informazioni rilevanti siano false, possono semplicemente fornirci dati per chiarire, in modo che la comunità internazionale possa trarre una conclusione da sola”.

Un gioco delle parti in cui i protagonisti si gettano la palla uno contro l’altro, sfidandosi a chi la dice più grossa.
Persino la piccola Albania, già stata cofirmataria insieme agli Usa della risoluzione sulle sanzioni contro Putin sulla quale la Russia aveva messo il veto, gomito a gomito con Linda Thomas-Griffield prende la parola e rincara la dose. “Le accuse della Russia sono, a nostro avviso, parte della guerra di informazione in corso. False, infondate e inserite nella solita propaganda e disinformazione russa, teorie del complotto che non valgono il nostro tempo. Al Consiglio non si dovrebbero ascoltare teorie fantasiose, ma prove verificate in modo indipendente. Per quanto tutto ciò sia deplorevole non siamo sorpresi, poiché tutto ciò che abbiamo sentito dalla Russia riguardo all’Ucraina è falso, fabbricato e distorto”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Barbara Woodward, Ambasciatrice britannica al Palazzo di Vetro, che ha respinto con forza gli attacchi di Mosca definendoli “una serie di teorie del complotto selvagge, infondate e irresponsabili”.
Per non parlare dell’Ucraina. L’ambasciatore Sergiy Kyslytsya, espressione dura e sguardo fisso su Nebenzia, ha citato un elenco di bugie russe partendo da quella del Ministro degli Esteri Lavrov, che ieri ha dichiarato di non avere in programma di attaccare altri paesi, “non avendo nemmeno attaccato l’Ucraina”.

Ascoltando la riunione, sorge il dubbio che il Consiglio di Sicurezza sia diventato un’arena dove realtà e invenzioni posso fondersi senza che nessuno batta ciglio. Non si inizia certo oggi: quando si tratta di guerre, il bersaglio preferito è la verità.
La Russia deve avere preso esempio dagli Stati Uniti, che nell’ormai lontano 2003 diedero nuova linfa a questa infausta tradizione. All’epoca, dove qualche settimana fa stava Tony Blinken, sedeva Colin Powell, che il 5 febbraio di quell’anno fece un gesto destinato a rimanere nella storia: agitò una fiala di fronte all’intero Consiglio di Sicurezza accusando Saddam Hussein di fabbricare armi di distruzione di massa. Era tutto falso, come venne dimostrato più avanti, ma l’Iraq fu invaso lo stesso e a pagarne il prezzo furono centinaia di migliaia di vittime.
Sono passati vent’anni, ma l’abitudine di adattare la realtà secondo i propri interessi no: quella rimane granitica.
“Bugiardi e incoscienti”, direbbe oggi Mina ai 15 rappresentanti. Qualcun altro, invece, se la caverebbe con un più semplice “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.