Continua a scorrere sangue nel Tigray: un attacco aereo sferrato mercoledì contro un campo di profughi eritrei ha provocato la morte di tre persone – tra cui due bambini – e quattro altri feriti. A renderlo noto è stato, giovedì, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che attraverso l’alto commissario Filippo Grandi ha espresso cordoglio per i familiari delle vittime oltre a una ferma condanna dell’attacco.
“I rifugiati non sono e non dovrebbero mai essere un obiettivo,” ha scritto Grandi in una nota relativa all’offensiva letale, che ha avuto luogo nel campo profughi Mai Aini nei pressi della città tigrina meridionale di Mai Tsebri. Grandi ha ribadito l’appello dell’UNHCR affinché tutte le parti in conflitto rispettino i diritti della popolazione civile: “Gli insediamenti dei rifugiati vanno sempre protetti, in linea con i loro obblighi legali internazionali.”
Dal novembre 2020 il Tigray è al centro di una sanguinosa guerra civile che vede contrapposti il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè, da un lato, e le truppe regolari dell’Etiopia (con il supporto dell’Eritrea), dall’altro.
I funzionari dell’UNHCR sono al lavoro per raccogliere maggiori informazioni sullo strike aereo. I suoi autori rimangono al momento sconosciuti, anche se l’intero spazio aereo tigrino è di fatto interamente presidiato dall’aviazione del Governo di Addis Abeba.
La questione tigrina è stata al centro del briefing di giovedì di Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres. La situazione nella regione è stata definita “imprevedibile e instabile”. Le tensioni belliche hanno infatti limitato i flussi di aiuti attraverso la strada che da Semera porta a nord fino ad Abala e Macallè. “Nessun camion contenente forniture umanitarie riesce a entrare nel Tigray dallo scorso 15 dicembre,” ha detto Dujarric, avvertendo che “alcune organizzazioni ONU e ONG saranno costrette a cessare le operazioni se nel Tigray non arriveranno subito aiuti umanitari, carburante e denaro.”
In una dichiarazione rilasciata venerdì, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha auspicato che gli aiuti umanitari riescano a raggiungere tutte le aree interessate dal conflitto. Guterres ha poi accolto con favore la scelta del Governo etiope di Abiy Ahmed di rilasciare numerosi prigionieri, tra cui diversi membri dell’opposizione, rinnovando l’invito a dichiarare un cessate-il-fuoco duraturo per consentire l’apertura di “un dialogo nazionale credibile e inclusivo e un processo di riconciliazione.”
Dall’inizio del conflitto sono decine di migliaia i morti e milioni quelli che sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni. Numeri che, proprio per la loro estrema vastità, sono difficilmente quantificabili. Al dramma dei tigrini si aggiunge poi anche quello dei circa 150.000 profughi eritrei attualmente rifugiati in Etiopia, e in particolare quelli accampati negli insediamenti di Adi Harush e Mai Aini, entrambi nel Tigray. Più volte sono diventati obiettivi degli opposti schieramenti, e quindi sfortunate vittime collaterali di un conflitto che non gli appartiene.
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