Nel Tigray si sta consumando “una catastrofe umanitaria davanti ai nostri occhi”. È l’allarme lanciato dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, durante la riunione di giovedì del Consiglio di Sicurezza dedicata al conflitto in Etiopia. Lo scontro militare, iniziato lo scorso novembre nella regione settentrionale del Tigray, sta minacciando il tessuto sociale del Paese. E le linee del fronte militare hanno ora raggiunto le regioni dei vicini Amhara e Afar.
La situazione è disastrosa. Il prezzo umano della guerra sta “aumentando di giorno in giorno“. L’obiettivo è sterminare i tigrini facendoli morire di fame. I soldati etiopi vietano ai contadini di seminare nei campi, bruciano le terre e occupano le fattorie, lasciando i “rivali” nell’impossibilità di procurarsi del cibo. Le donne rapite e separate dai loro bambini, vengono usate come schiave sessuali e sono circa i due terzi i più piccoli malnutriti che rischiano di perdere la vita. I campi profughi vengono distrutti e gli ospedali saccheggiati.
Più di due milioni di persone sono state sfollate, altri milioni hanno bisogno immediato di cibo, acqua, riparo e assistenza sanitaria, e almeno 400.000 vivono rischiano la carestia.
A poco è servita la dichiarazione di un cessate il fuoco unilaterale da parte del governo e il ritiro delle forze federali da Macallè, lo scorso 28 giugno. La regione rimane de facto sotto un blocco umanitario e tagliato fuori dall’elettricità e dalle comunicazioni.
Condannando le atrocità e sottolineando la gravità della situazione, Guterres ha chiesto un immediato cessate il fuoco e l’avvio del dialogo politico nazionale, a cui l’ONU è pronta a lavorare, insieme all’Unione africana e agli altri partner: “Nel prossimo periodo, l’attenzione e l’unità del Consiglio di sicurezza saranno fondamentali“.
Ma la prospettiva di colloqui tra il governo etiope e la leadership del Tigray, che ha dominato il governo nazionale per 27 anni prima dell’insediamento del Primo ministro Abiy Ahmed, rimane profondamente impegnativa.
“Con tristezza e incredulità, stiamo ancora una volta discutendo della possibilità di una carestia provocata dall’uomo nel Tigray“, ha detto il viceambasciatore norvegese Trine Heimerback, riferendosi alla catastrofica crisi della fame in Etiopia negli anni ’80.
Durante l’incontro, l’ambasciatore etiope Taye Atske Selassie ha raccontato ai Quindici che il suo Paese sta migliorando la consegna degli aiuti, ma ha incolpato le forze del Tigray di volerli impedire: “Il TPLF si trova tra l’Etiopia e la pace”.
Il Consiglio di Sicurezza appare impotente ad intraprendere azioni significative sulla crisi, per il veto della Cina che ha espresso la sua opposizione alle interferenze esterne negli affari del paese africano.
Secondo Cina e Russia, le sanzioni dei singoli paesi, peggiorerebbero solo il conflitto.