A Saint Vincent il cielo si è coperto di nuvole nere. Ma non è stato un temporale qualsiasi a far alzare lo sguardo ai 100.000 abitanti della piccola isola caraibica.
Il vulcano La Soufrière, dormiente dal 1979, sta infatti eruttando da giorni, soffocando con fumo e cenere una vasta parte del territorio. Il primo ministro Ralph Gonsalves ha ordinato l’evacuazione di 16 mila persone, ma, a conti fatti, non tutti potranno rispettare la direttiva. “Potranno salire a bordo – ha aggiunto il Premier – solo le persone già vaccinate”.
Quante? Poche, meno del 10% dell’intera popolazione.
Nel frattempo, la situazione sull’isola è drammatica. Erouscilla Joseph, direttore del centro di ricerche sismiche della University of the West Indies, ha dichiarato che i materiali fuorisciuti dal cratere stiano “distruggendo ogni cosa sul loro cammino”.
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A intervenire sulla questione è stato anche Stéphane Dujarric, Portavoce del Segretario Generale dell’Onu, che ha spiegato come “l’eruzione abbia colpito la maggior parte dei mezzi di sussistenza nella parte settentrionale dell’isola, compresa la coltivazione delle banane, con colate di cenere e lava che ostacolano la circolazione di persone e merci”.
Persino l’acqua potabile è diventata un problema. L’accesso è limitato e, essendo un’isola, intervenire tempestivamente per risolvere il problema non è facile. L’Onu si è mobilitata, mettendo a disposizione forniture immagazzinate nelle vicine Barbados, riuscendo a distribuire cibo e denaro agli abitanti attualmente sfollati.
Ha poi dato il proprio sostegno garantendo una serie di consulenze tecniche che possano aiutare il presidente Gonsalves nel fronteggiare il catastrofico imprevisto.
Ora, appena il vulcano smetterà di eruttare, si dovrà procedere con la gestione dei detriti e la pulizia dei centri urbani. Non sarà un lavoro semplice, ma l’ONU risponderà all’appello. A questo servono le Nazioni Unite: un braccio destro sul quale i 193 Paesi membri possono sempre contare.