Il 3 Dicembre si celebra la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Introdotta nel 1981 allo scopo di promuovere i diritti e il benessere dei disabili, questa ricorrenza ha portato le Nazioni Unite ad adottare, nel 2006, la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità. In questo documento sono ribaditi i diritti delle persone con disabilità, il principio di uguaglianza e la necessità di garantire loro piena ed effettiva partecipazione alla sfera politica, sociale, economica e culturale della società, adottando misure necessarie per identificare ed eliminare tutti quegli ostacoli che limitano il rispetto di questi diritti imprescindibili.

A 14 anni dalla firma di questo accordo internazionale, tuttavia, la situazione delle persone diversamente abili è migliorata ben poco. Anzi a causa della pandemia in atto, in molti paesi è peggiorata. A doverlo ammettere lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: “Realizzare i diritti delle persone con disabilità è fondamentale per mantenere la promessa fondamentale dell’Agenda 2030: non lasciare indietro nessuno”, ha dichiarato parlando del piano d’azione globale per creare un mondo più giusto e sostenibile. “In tutte le nostre azioni, il nostro obiettivo è chiaro: un mondo in cui tutte le persone possano godere delle pari opportunità, partecipare al processo decisionale e beneficiare veramente della vita economica, sociale, politica e culturale. Questo è un obiettivo per cui vale la pena lottare”.
Un invito che il Kiwanis International Distretto Italia San Marino ha già accolto: il 3 Dicembre in molte scuole d’Italia verrà presentato un progetto rivolto ai ragazzi diversamente abili (e ai loro compagni). L’idea è quella di far loro comprendere che, nonostante la loro condizione, è possibile raggiungere obiettivi importanti utilizzando lo sport come stimolo per favorire l’inserimento di ragazzi diversamente abili nella società e nel mondo del lavoro superando le barriere fisiche e non che spesso si frappongono tra i diversamente abili e gli “altri”.
Barriere che nell’ultimo periodo sono diventate sempre più difficili da superare: il contatto umano, così importante per molti disabili, è stato quasi messo al bando e le misure per contrastare il rischio di contagio da Covid-19 hanno influito pesantemente sulla “salute” delle persone disabili. Una condizione che non è solo “sanità” del corpo ma, come ha riconosciuto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità”.
Una situazione spesso difficile da raggiungere per le persone disabili. I servizi per favorire la crescita e lo sviluppo delle persone diversamente abili sono spesso insufficienti. E l’offerta di assistenza residenziale per persone con disabilità è fortemente disomogenea sul territorio nazionale: dalle strutture sanitarie e assistenziali, finalizzate alla cura e alla riabilitazione (le Residenze sanitarie per persone con disabilità, Rsd), ai servizi di natura sociale o socio-assistenziale, come le comunità alloggio e di tipo familiare o i gruppi appartamento.
“Non è più possibile attendere oltre rispetto alle tante criticità, aggravate dalla pandemia in atto, che si trascinano irrisolte ormai da troppo tempo” si legge in una nota dell’Assemblea Nazionale dell’ANFFAS inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “La pandemia da coronavirus ha messo ulteriormente in risalto problemi vecchi e nuovi, ponendo le persone con disabilità, e in particolare quelle con disabilità intellettive e disturbi del neuro-sviluppo, insieme ai loro familiari, in una situazione di estrema difficoltà”.

Una denuncia che dimostra il ritardo nell’attuazione dei principi sui quali si basa l’Agenda 2030 che parla di un rafforzamento dei servizi sanitari nazionali e del miglioramento di tutte quelle strutture che possano permettere un effettivo accesso ai servizi per tutte le persone. In Italia, le persone diversamente abili sono le prime a soffrire delle carenze sanitarie, hanno minore accesso all’istruzione, minori opportunità economiche e tassi di povertà più alti rispetto alle persone senza disabilità. Le cause di questo disagio sono note da tempo: carenza di servizi, limitazioni nell’accesso alle tecnologie d’informazione, alla giustizia e ai trasporti e infrastrutture insufficienti o fatiscenti. Molti, a volte troppi, gli ostacoli che le persone diversamente abili e le loro famiglie devono superare quotidianamente. Ma non basta. Le persone disabili sono anche più a rischio di violenza: la probabilità che bambini con disabilità subiscano violenze è quattro volte maggiore rispetto ai bambini non disabili. Anche gli adulti con disabilità sono più esposti a forme di violenza. I fattori di rischio derivano da stigma, discriminazione e ignoranza, così come dalla mancanza di sostegno sociale per coloro che si prendono cura di loro. Una situazione che, come hanno confermato i dati ISTAT da Marzo a Giugno 2020, è peggiorata durante il lockdown.
Criticità che sono state evidenziate anche dal Presidente della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti delle persone con disabilità, Danlami Umaru Basharu, che si è detto preoccupato che le barriere strutturali, l’esclusione e la discriminazione siano peggiorate durante la crisi. “Pur celebrando che ora vi sono 182 paesi che hanno aderito alla Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), la pandemia ha dimostrato che c’è ancora molta strada da fare per comprendere appieno il modello di disabilità in materia di diritti umani sancito dalla Convenzione, e quindi per attuare pienamente le sue disposizioni”.
La conferenza prevista per la fine di Novembre è stata prorogata e poi sdoppiata: la tredicesima sessione del COSP si è svolta il 30 Novembre 2020 (con riunioni di persona: apertura e elezione dei membri del comitato CRPD); l’1 e il 3 Dicembre 2020 quando si terranno gli incontri virtuali, le tavole rotonde e tutti gli altri eventi.