Dopo le nuove verità emerse la scorsa settimana sul caso di Carmine Mario Paciolla, volontario ONU trovato senza vita mercoledì 15 luglio nel suo appartamento a San Vincente del Caguan, in Colombia, lunedì 10 agosto, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio, ha avuto un colloquio telefonico con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres.
Il Ministro di Maio ha espresso la forte aspettativa italiana che le competenti Autorità colombiane possano continuare a contare sulla piena cooperazione delle Nazioni Unite per giungere a una rapida soluzione del caso.

Il Segretario Generale dell’ONU, dopo aver espresso le sue più sentite condoglianze alla famiglia Paciolla per la tragica scomparsa del volontario, ha confermato al Ministro italiano la piena collaborazione delle Nazioni Unite e il suo personale interessamento alla vicenda.
Noi di La Voce di New York fin dalla morte del nostro connazionale, abbiamo chiesto con insistenza di quali informazioni fossero in possesso le Nazioni Unite, e quale fosse la posizione di Guterres sul caso, ma le risposte sono sempre state vaghe, alle volte sfuggenti. E’ stata confermata soltanto l’indagine interna portata avanti dalla Missione e la collaborazione con quella condotta dalle autorità colombiane. All’ONU come alla Farnesina abbiamo chiesto anche aggiornamenti sull’autopsia, ma nessuna informazione è stata data in merito finora.
Le risposte imprecise e poco soddisfacenti continuano: anche oggi, durante l’ordinario press briefing con il portavoce del Segretario Generale dell’ONU Stéphane Dujarric, il direttore di La Voce di New York, Stefano Vaccara, ha domandato maggiori dettagli sulla conversazione telefonica avvenuta tra Luigi Di Maio e il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, ma la riposta è stata: “Sono al corrente che nella telefonata si è parlato anche di questo caso, ma non ho ulteriori dettagli da condividere con te, sfortunatamente” (nel video sotto dal minuto 19.30).
La scorsa settimana, quattro poliziotti colombiani sono stati indagati per aver consentito all’unità dell’ONU di prelevare gli effetti personali del dipendente delle Nazioni Unite napoletano. L’accusa è di “intralcio alla giustizia” per aver alterato una probabile scena del delitto, anche se la prima ipotesi formulata sulla morte di Mario sarebbe stata quella del suicidio. Nessuno di coloro i quali lo conoscevano ci ha mai creduto, nemmeno sua madre, Anna Motta, che avrebbe definito questa verità una “baggianata”, e ha descritto suo figlio estremamente preoccupato nei giorni precedenti la sua morte. In effetti, fin dall’inizio sono stati molti gli indizi che hanno contraddetto l’ipotesi del suicidio, tra cui anche le ferite da taglio ritrovate sul corpo del 33enne.

La giornalista Claudia Julieta Duque, amica di Mario, da settimane sta conducendo un’accurata indagine sulla vicenda. In una lettera-articolo pubblicata su El Espectador, è stata la prima a chiarire diversi aspetti sul caso. In particolare ha scritto del rapporto “travagliato” tra Mario e i suoi superiori della Missione delle Nazioni Unite in Colombia.
La giornalista ha spiegato che per Mario non era più sicuro restare in Colombia e nella Missione. Per questo si stava preparando alla partenza. Aveva comprato un biglietto per l’Italia, dopo essere stato accusato da una collega di “essere una spia” durante una riunione informale a Florencia, lo scorso 10 luglio. Di questa accesa discussione con i suoi capi ne avrebbe parlato l’indomani con sua madre, la signora Anna Motta, definendosi “disgustato”.
Mario aveva criticato la Missione per la sua burocrazia che lasciava poco protetti e tutelati gli operatori, ed era stato critico anche nei confronti dell’ONU per come stava gestendo la pandemia, ma non solo, troppe erano le sue preoccupazioni e delusioni.

Il 24 luglio scorso, l’ONU avrebbe inviato a Roma, un inventario non firmato degli effetti personali raccolti nella casa del volontario, in base a quanto riportato, l’ONU aveva portato via dall’appartamento oltre 7 milioni di pesos colombiani (circa 2000 euro), carte di credito italiane, passaporti, una fotocamera Canon EOS700D, una pen drive, un mp3, vari diari, quaderni e fotografie. Secondo l’avvocato della famiglia Paciolla Germán Romero, tali elementi implicherebbero una violazione, da parte della Missione ONU in Colombia, del diritto alla privacy del volontario e del diritto di accesso alla giustizia per la famiglia.
A seguito di tali scoperte, i media italiani hanno ricevuto una nota ufficiale riassuntiva della posizione dell’ONU sul caso Paciolla, in cui la scorsa settimana l’ufficio dei portavoce del Segretario Generale Guterres aveva continuato ad affermare che le circostanze della morte di Mario Paciolla saranno pienamente chiarite. In attesa dei risultati delle indagini, alle quali le Nazioni Unite avrebbero collaborando pienamente, non avrebbero però commentato “i dettagli” o speculato “sull’esito delle indagini”, in quanto sarebbe stato “inappropriato farlo”.
La Voce di New York invece insisterà con le domande sul caso, affinché le indagini non diventino ancora più lente e la morte dell’esperto e generoso volontario italiano non rimanga avvolta nel mistero. Tempi troppo lunghi sull’accertamento della verità potrebbero rendere vano il tentativo di assicurare alla giustizia chi avrebbe eventualmente causato la morte di Mario Paciolla.
AGGIORNAMENTO
Riguardo alla conversazione telefonica avuta tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, La Voce di New York mercoledì, 12 agosto, durante il briefing giornaliero con il portavoce dell’ONU Stéphane Dujarric, ha letto in inglese un passaggio del comunicato rilasciato dalla Farnesina, in cui si notava:
The Minister expressed the strong Italian expectation that the competent Colombian authorities can continue to count on the full cooperation of the United Nations to reach a rapid solution of the case.
A questo punto abbiamo chiesto: l’impressione è che dal comunicato, il governo italiano chieda e si aspetti una immediata cooperazione da parte dell’ONU con le autorità colombiane per le indagini e non viceversa… E’ così?
Il portavoce ha risposto affermando che lui non può sapere e rispondere su quali fossero le reali motivazioni che avrebbero spinto il Ministro Di Maio a chiamare il SG Guterres sul caso Paciolla e che semmai bisognerebbe chiederlo a qualcuno pagato a Roma per farlo. (Vedi video sotto dal minuto 27:39)
Noi continueremo a fare domande sia al Palazzo di Vetro di New York che alla Farnesina, sperando che le risposte arrivino.
SV