
Da quando Ghassan Salamé ha abdicato dal ruolo di inviato ONU per la Libia, accusando il Consiglio di Sicurezza e le Nazioni Unite di non svolgere il ruolo per cui sono stati creati, la situazione in quell’area è tutt’altro che migliorata.
Il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ha dunque partecipato all’importante incontro di livello ministeriale che ha riunito i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con i partecipanti della Conferenza di Berlino sulla Libia per promuovere la missione UNSMIL e discutere i prossimi passi fondamentali. Hanno partecipato all’incontro anche i rappresentanti di Unione Europea, Unione Africana, Lega Araba e i paesi Italia, Egitto, Turchia, Grecia, Algeria, Ciad, Congo, Marocco, Paesi Bassi, Sudan, Svizzera, Emirati Arabi, Qatar e Libia.
In questa occasione il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha denunciato che “le ingerenze straniere hanno raggiunto livelli senza precedenti”, con “l’invio di attrezzature sofisticate e il numero di mercenari coinvolti negli scontri”.
Le unità dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) “con un significativo supporto esterno, hanno continuato il loro avanzamento verso est” e le forze militari si sono raggruppate attorno alla città di Sirte, capitale della “mezzaluna petrolifera”, a metà strada tra Tripoli e Bengasi. Il governo di Tripoli, sostenuto dalla Turchia, vuole riprendere il controllo di questa città, che era stata conquistata dal generale Haftar mentre era ancora in corso l’assedio di Tripoli. Da quel momento a Sirte sono arrivati rinforzi di ogni tipo: mercenari siriani, russi, armi e tonnellate di munizioni.

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres è preoccupato. “L’elevato livello di ingerenza straniera diretta nel conflitto” viola “l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e gli impegni assunti dagli Stati membri a Berlino” dalla risoluzione 2510 del Consiglio di Sicurezza.
Come sottolinea Taher Al-Sunni, ambasciatore permanente della Libia alle Nazioni Unite, fin dal 2011 numerosi Stati hanno cercato di estendere il loro controllo nel suo paese. “Questi Stati hanno beneficiato degli eventi che hanno creato caos sulla nostra terra… hanno approfittato per realizzare il loro programma, sopprimendo il sogno di una trasformazione democratica” secondo le aspirazioni della Libia.
A pagarne le conseguenze più gravi sono i civili. Quando le forze dell’LNA e i mercenari associati si sono ritirati dalla periferia meridionale di Tripoli, avevano piantato ordigni esplosivi, che hanno ferito e ucciso migliaia di civili; inseguito sono state anche scoperte numerose fosse comuni.
“Sono scioccato” ha detto il Segretario Generale Antonio Guterres, e ha fatto sapere che la Corte Penale Internazionale ha annunciato di non esitare a indagare su possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Le Nazioni Unite sono pronte a fornire qualsiasi consulenza in merito allo svolgimento delle indagini.
Tra il 1 °aprile e il 30 giugno, l’UNSMIL ha documentato almeno 356 vittime civili, tra cui 102 morti civili e 254 feriti civili.
Il Ministro degli Esteri tedesco Maas Heiko, nel corso dell’incontro virtuale ha detto: “L’escalation nelle ultime settimane e mesi minaccia di fare a pezzi il paese per sempre. Neanche una pandemia globale è stata in grado di fermare questo sviluppo. Mentre il mondo intero ha chiuso i suoi confini, navi, aerei e camion con armi e mercenari hanno continuato ad arrivare nelle città libiche. Le persone in Libia sopportano il peso della sofferenza… La comunità internazionale non può stare a guardare. È tempo di fermare questa cinica assurdità!”
Un’altra questione fondamentale è la pesante questione economica del paese. Il generale Khalifa Haftar, con i consiglieri militari di Mosca, poco prima della conferenza internazionale di Berlino, nel gennaio 2020, aveva deciso la chiusura dei pozzi di petrolio, bloccando le esportazioni. Il blocco è già costato oltre sei miliardi di dollari in entrate perse e ha creato le condizioni per un deficit di bilancio di oltre il 50% del PIL libico.

Per questo con il sostegno degli Stati membri, le Nazioni Unite hanno intrapreso una mediazione volta a revocare il blocco del petrolio, al fine di risparmiare quest’area di vitale importanza dal conflitto, e da cui il paese ricava il 60% delle sue risorse; in questo modo sarebbe possibile alleviare le difficoltà economiche aggravate anche dalla pandemia.
Dallo scoppio della rivoluzione e della guerra civile, il 15 febbraio 2011, la Libia vive in una situazione di gravissima instabilità. A peggiorare le condizioni del paese è stata la caduta del regime del dittatore Muammar Gheddafi, nell’ottobre dello stesso anno (2011). Da allora la Libia non è mai riuscita a effettuare una transizione democratica. Ad oggi continuano gli scontri tra i due schieramenti: il governo di Tripoli, conosciuto come Governo di Accordo Nazionale (GNA), guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu; e il governo di Tobruk, con il generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo è sostenuto militarmente ed economicamente da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia. Mentre Italia, Qatar e soprattutto la Turchia appoggiano il governo riconosciuto a livello internazionale (GNA) di al-Sarraj.
A seguito di un incontro virtuale, con alcuni membri della conferenza di Berlino, ieri la National Oil Corporation ha dichiarato la sua intenzione di revocare la forza maggiore sul porto orientale di El Sider per consentire a una nave cisterna di caricare petrolio greggio ora in giacenza.

Il Ministro degli Esteri tedesco Maas Heiko ha invitato i partecipanti a discutere e concordare i prossimi passi fondamentali.
Innanzitutto l’interferenza straniera deve cessare immediatamente, poiché rimane il principale motore del conflitto in Libia. Il Consiglio di Sicurezza userà qualsiasi misura a disposizione, comprese sanzioni mirate, per assicurarsi che la Libia non sia più il campo di battaglia di una guerra straniera.
Allo stesso modo, devono cessare anche le operazioni di backdoor attraverso le quali attori stranieri ritagliano sfere di influenza.
Infine è necessario un cessate il fuoco – nel quadro dei colloqui 5 + 5 negoziati dalle Nazioni Unite.
Un primo passo importante per il raggiungimento di questi negoziati potrebbe essere una de-militarizzazione per Sirte e Jufra. Per questo, l’UNSMIL si sta impegnando nella creazione di una possibile zona smilitarizzata.
Anche l’ambasciatrice dell’ONU degli Stati Uniti Kelly Craft afferma “continueremo ad opporci a tutti gli interventi militari stranieri in Libia” e lanciando un’attacco afferma “lasciatemi essere chiara, non c’è posto per mercenari stranieri,… inclusi delegati del governo russo”.
Nicolas De Riviere, rappresentante permanente della Francia all’ONU al Consiglio di Sicurezza, concorda con la cessazione delle interferenze straniere nel conflitto libico e la prosecuzione di una tregua solida e duratura.
De Riviere spiega: “I rischi dell’escalation regionale e di una “sirianizzazione” della Libia sono reali”. Il continuo rafforzamento militare minaccerebbe gli interessi della Libia e rischierebbe di destabilizzare i suoi vicini e l’Europa.

La Francia ribadisce il suo pieno sostegno all’operazione Eunavfor-med Irini avviata dall’Unione Europea per garantire l’attuazione dell’embargo. “L’operazione avrebbe lo scopo di prevenire tutte le violazioni, in modo imparziale, qualunque sia la l’origine e chiunque siano i beneficiari” ha spiegato l’ambasciatore francese Nicolas De Riviere. “In questo contesto è importante evitare qualsiasi incidente del tipo che abbiamo recentemente sperimentato a seguito di pericolose manovre da parte della marina turca”.
L’ambasciatore Nicolas De Riviere, sottolinea che la Francia non sceglie una parte o l’altra in Libia e ha sempre affermato che non ci sarà soluzione militare a questo conflitto, e ribadisce l’importanza di nominare al più presto un nuovo Rappresentante speciale in Libia. “Il vuoto lasciato da Ghassan Salamé circa cinque mesi fa alimenta una dinamica deleteria”.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel suo intervento via video al Consiglio di Sicurezza, ha riaffermato “il convinto sostegno dell’Italia al Processo di Berlino secondo quattro prioritarie linee di azione: la fine di tutte le interferenze esterne in violazione dell’embargo ONU; il raggiungimento di un accordo sul cessate il fuoco effettivo; la rivitalizzazione senza ulteriore ritardi del dialogo politico a favore di una soluzione pienamente inclusiva; la tempestiva ripresa della produzione petrolifera”. Poi il ministro degli Esteri italiano ha sottolineato che “al fine di ridare slancio all’azione mediatrice delle Nazioni Unite nel Paese, diventa urgente nominare quanto prima un nuovo Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la Libia”.
Dopo aver ascoltato i vari briefing, l’ambasciatore permanente della Libia Taher Al-Sunni si chiede: “ora state parlando di dialogo, ma dove eravate quando più di un anno fa migliaia di civili, inclusi donne e bambini venivano uccisi? Dove eravate mentre le nostre città venivano bombardate? Tutte queste violazioni sono state commesse di fronte ai vostri occhi. Cosa avete fatto per fermarle?… Oggi si fa appello al dialogo e alla ragionevolezza, ma da chi sentiamo questo? Da Stati che hanno supportato e continuano a supportare gli aggressori segretamente e pubblicamente” e continua “sono stato tradito dalla maggior parte dei membri del Consiglio di Sicurezza… Come possiamo fidarci delle intenzioni della comunità internazionale in futuro? La Libia e tutte le persone del mondo sono stanche dei doppi giochi”.
Rifacendosi all’analisi di Ghassam Salamé, Taher Al-Sunni sostiene: “sfortunatamente le Nazioni Unite che sono state create 75 anni fa hanno perso il loro supporto, mentre il Consiglio di Sicurezza è diventato solo un’arena di argomenti e dichiarazioni vuote”.