Imparare dai propri errori è fondamentale quando si parla di guerre e conflitti. Riconoscere le sofferenze dalle atrocità di massa o altri crimini è significativo per servire la giustizia nel modo giusto. L’alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Michelle Bachelet ha parlato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU durante un dibattito aperto sul ruolo della giustizia di transizione – che include meccanismi come la verità e le commissioni di riconciliazione – nel costruire e sostenere la pace.
“Sappiamo che una pace duratura è collegata alla giustizia, allo sviluppo ed al rispetto dei diritti umani. Sappiamo che la pace non scoppia automaticamente quando le armi tacciono e cessano i crimini di atrocità. Per essere in grado di ricostruire vite – senza paura della ricorrenza – e per far progredire la società, la sofferenza deve essere riconosciuta; ristabilita la fiducia nelle istituzioni statali; e giustizia fatta”, ha detto, parlando da Ginevra tramite teleconferenza col Palazzo di Vetro.
Sia nella sua veste di capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, sia come cittadina ed ex presidente del Cile, la Bachelet ha assistito a quello che ha descritto come “il potere di trasformazione della giustizia di transizione”.
Questi processi hanno contribuito a far fronte a rimostranze e divisioni, ha detto, aggiungendo che spesso “rafforzano profondamente” le vittime, in particolare le donne, le comunità indigene e le minoranze emarginate.
“Sono appena tornata da una missione nella Repubblica Democratica del Congo, dove le recenti consultazioni sostenute dall’ONU nella regione del Kasai hanno permesso a molte vittime di esprimere le loro opinioni sulla verità, la riconciliazione, le riparazioni e la prevenzione di futuri conflitti. Queste consultazioni hanno gettato le basi per l’istituzione di una commissione provinciale per la pace, la giustizia e la riconciliazione”, ha affermato Michelle Bachelet.
Padre Francisco de Roux, un sacerdote gesuita della Colombia, ha espresso la sua prospettiva come presidente della commissione per il chiarimento della verità, della convivenza e della non ripetizione di questo paese. Quasi 250,000 civili sono morti nei combattimenti tra le forze governative ed il gruppo ribelle noto come FARC, che è durato cinque decenni e si è concluso con un accordo di pace sostenuto dall’ONU nel 2016. La Commissione ha ricevuto migliaia di testimonianze dalle vittime, nonché da individui delle istituzioni statali e militari.
“La verità è diventata la porta per la giustizia di transizione e la base per la costruzione collettiva di un futuro condiviso in paesi che sono stati divisi dalla guerra”, ha detto, parlando attraverso un interprete. Padre de Roux ha spiegato che la ricerca della verità assume forme diverse. Mentre il sistema giudiziario determina chi è il colpevole secondo la legge, la Commissione lavora per scoprire una “verità morale, storica e sociale” attraverso la testimonianza delle vittime di tutte le parti. “E’ il tipo di verità che ascolta i vari attori in un conflitto e confronta varie opzioni e interpretazioni. Non si tratta di individuare o alimentare l’odio, ma piuttosto di superare le divisioni sociali basate su una verità dolorosa ma liberatrice”, ha detto padre de Roux.
Riconoscendo pubblicamente “la dignità delle vittime e l’accettazione della responsabilità da parte dei colpevoli”, padre de Roux ha affermato che le commissioni per la verità aiutano a prevenire conflitti, citando come esempio il Sudafrica. L’avvocato per i diritti umani Yasmin Sooka è stata membro della Commissione per la verità e la riconciliazione istituita nel 1995 dal defunto Nelson Mandela, il primo presidente eletto democraticamente nel paese. Durante l’era dell’apartheid, decide di attivisti detenuti dal famigerato ramo della sicurezza della polizia sudafricana si sono suicidati nel quartier generale, saltando fuori dalle finestre e sbattendo la testa contro gli schedari, oppure impiccandosi nelle loro celle o scivolando sotto la doccia. Sooka ha confermato la riapertura di un’inchiesta al Consiglio su queste morti, dando speranza a innumerevoli famiglie.
“L’inchiesta riaperta in Sudafrica e l’ultimo rapporto secondo cui [l’ex presidente sudanese] Omar Al-Bashir potrebbe essere trasferito alla Corte penale internazionale per affrontare accuse di genocidio e crimini di guerra, dimostra l’importanza di affrontare l’impunità, che è direttamente collegata al ripristino dello stato di diritto, come prerequisito per la guarigione e la riconciliazione nazionali”, ha affermato.