Sono passate due settimane da quando la crisi del virus Ebola è stata dichiarata un’emergenza sanitaria di interesse internazionale. I primi focolai del virus, scoppiati nella regione del nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo, sono apparsi lo scorso agosto, causando, da allora, oltre 1800 morti. Questa mattina, mercoledì 31 luglio, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e il coordinatore per gli aiuti d’emergenza Mark Lowcock, il direttore esecutivo dell’UNICEF Henrietta Fore e il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale David Beasley hanno rilasciato una dichiarazione congiunta riguardo la situazione attuale del virus.
“Proprio ieri, un nuovo caso della malattia è stato confermato a Goma, con la morte del paziente, il secondo caso che sarà confermato questo mese nella città di circa 1 milione di persone. Quest’ultimo caso in un centro di popolazione così denso sottolinea il rischio reale di un’ulteriore trasmissione della malattia, forse oltre i confini del paese, e l’urgente necessità di una risposta globale rafforzata e di maggiori investimenti da parte dei donatori”, hanno annunciato i relatori.
Come citato prima, il virus ha già causato la morte di oltre 1800 persone delle quasi 2600 infette nel corso dell’anno. È stato classificato che circa un terzo dei pazienti sono bambini, e solo 770 del numero totale di affetti ha risposto favorevolmente alle cure, godendo di un pieno recupero.

I rappresentati delle organizzazioni coinvolte hanno poi elogiato la pronta risposta degli operatori locali, che come se non bastasse, stanno agendo in una zona di conflitto attiva, sottolineando, “Riconosciamo anche gli sforzi eroici degli operatori sanitari, prevalentemente congolesi, le persone delle comunità e dei partner colpiti. Nonostante il loro incessante lavoro, la malattia continua a diffondersi. Questo focolaio si sta verificando in una zona di conflitto attiva che rende una risposta efficace molto più complicata a causa dell’insicurezza, compresi gli attacchi armati agli operatori sanitari e alle strutture e lo sfollamento della popolazione. In alcune aree colpite, la violenza ci impedisce di raggiungere le comunità e di lavorare con loro per interrompere l’ulteriore trasmissione”.
Il secondo caso a Goma si presenta un solo giorno dopo che l’UNICEF ha dichiarato di dover triplicare il proprio budget per combattere la crisi, alla luce delle notizie recenti di un nuovo focolaio di morbillo, che complica ulteriormente la situazione già delicata.
La prevenzione e le cure degli affetti rimangono le priorità in questo momento, e fortunatamente sono già state messe in moto operazioni quali, la vaccinazione di oltre 170.000 individui, screening di 77 milioni di viaggiatori nazionali e internazionali, 3000 campioni settimanali analizzati in otto laboratori e diecimila siti dedicati all’igiene pubblica collocati in zone ad alto rischio di contaminazione.
Come dichiarazione di chiusura i rappresentanti in questione hanno ribadito, “In questo momento critico, riaffermiamo il nostro impegno collettivo nei confronti della popolazione della RDC; piangiamo per coloro che abbiamo perso; e chiediamo solidarietà per porre fine a questo focolaio”.