Lo aveva annunciato Elliott Abrams, rappresentante speciale USA in Venezuela, lo scorso martedì: gli Stati Uniti, aveva detto, entro questa settimana avrebbero presentato una risoluzione per obbligare Maduro a far entrare nel Paese gli aiuti umanitari bloccati da settimane fuori dai confini della Repubblica bolivariana. Questa risoluzione è giunta sul tavolo del Consiglio di Sicurezza poche ore fa, sfidata da una esattamente di segno opposto presentata dalla Russia, che invece sottolineava la necessità di rispettare la sovranità dello Stato sudamericano. Quella statunitense, che poneva l’accento sula crisi umanitaria in corso nel Paese ed esprimeva anche la necessità di tenere nuove elezioni, è passata in prima istanza con 9 voti a favore, il minimo perché una risoluzione possa essere adottata, ma è stata bloccata dal veto di Mosca e Pechino. Quella rivale, invece, ha ottenuto soltanto 4 voti a sostegno: Washington, dunque, non ha neppure avuto bisogno di esercitare il proprio potere di veto.
Gli alleati europei hanno sostenuto la posizione americana, e hanno lavorato nelle scorse ore per attenuare il linguaggio originario della bozza a stelle e strisce, rimuovendo ad esempio la parte del documento che definiva Maduro un elemento distruttivo per la pace e la sicurezza internazionale. Elemento – quello di considerare la crisi venezuelana ben più che un semplice affare interno del Paese – che, in effetti, la Russia ha sempre contestato. Prima del voto, l’ambasciatore di Mosca Vassily Nebenzy ha attaccato il “doppio standard” mostrato a suo avviso dagli USA sulla questione, ha definito la politica americana una “cortina fumogena” che nasconde l’intenzione di un cambio di regime, e ha sottolineato: “Se questa risoluzione passasse, sarebbe la prima volta che il Consiglio di Sicurezza decide di designare un Presidente e licenziarne un altro”. Quanto agli aiuti umanitari, la preoccupazione della Russia, già espressa nelle precedenti sessioni del Consiglio dedicate alla crisi, è che l’entrata dei convogli umanitari possa essere una operazione di copertura per portare avanti mosse militari contro Maduro.
“Il tempo per una transizione democratica pacifica è ora”, ha invece affermato Abrams nel suo intervento. “Ogni membro della comunità internazionale che ha partecipato nel riconoscere Guaidò sta supportando il popolo venezuelano nel tentativo di rivendicare la democrazia”. Il diplomatico ha anche ribadito le preoccupazioni americane in merito alla sicurezza del presidente ad interim Juan Guaidò quando rientrerà in Venezuela. Guaidò, infatti, è arrivato ore fa a Brasilia dalla Colombia per incontrare Bolsonaro, ma si teme per la sua incolumità quando cercherà di tornare nella Repubblica bolivariana. In seguito, davanti ai giornalisti, Abrams ha espresso “soddisfazione” per il voto al Consiglio di Sicurezza perché, ha spiegato, “la risoluzione americana ha avuto 9 voti a favore, che sarebbero bastati se non fosse stato per i veti di Russia e Cina, mentre quella russa ha ottenuto solo 4 voti a favore: penso che questo dia una giusta misura del supporto del Consiglio di Sicurezza per il presidente ad interim Guaidó e per la strategia di una transizione politica pacifica e democratica in Venezuela”.

“Il Venezuela ad oggi è in pace, una pace preservata dal presidente costituzionale Nicolas Maduro, che è in pieno esercizio dei suoi poteri legali e che garantisce la protezione del territorio nazionale, come il benessere della popolazione”, ha affermato il rappresentante permanente di Caracas all’ONU, Samuel Moncada Acosta”. Semmai, la minaccia, ha proseguito, “viene dall’estero”. Allo stakeout a margine del Consiglio, gli abbiamo chiesto cosa pensasse delle dichiarazioni di questa mattina di Antonio Tajani, presidente del Parlamento UE in queste stesse ore in visita a New York e all’ONU, a proposito della necessità che Maduro lasci il potere. “Che cosa c’entra il Presidente del Parlamento Europeo con il Venezuela?”, ci ha risposto Moncada Acosta. Il destino del Venezuela, ha proseguito, “ha a che fare con la sua sovranità e con quella del popolo venezuelano. È in corso un progetto di ricolonizzazione dell’America Latina”, ha sottolineato. “La legittimità del potere è data dal popolo del Venezuela. Governi l’Italia e l’Europa, ma non certo il Venezuela!”, ha concluso.
All’ambasciatore venezuelano all’ONU abbiamo anche chiesto conto dell’incidente tra Maduro e i giornalisti di Univisión, Jorge Ramos in testa, che hanno provato a intervistarlo alcuni giorni fa. Moncada Acosta ha rifiutato la ricostruzione secondo cui questi membri della stampa fossero stati detenuti per 7 ore ingiustificatamente nel Palazzo presidenziale, ma ha affermato che si erano presentati con l’esplicito scopo di “provocare l’incidente”, circostanza a suo avviso avvalorata dal fatto che, in seguito, abbiano rivendicato il sostegno del vicepresidente Mike Pence e di Marco Rubio.
“Riconosciamo Guaidò come presidente ad interim perché la sua proclamazione è avvenuta in accordo con la Costituzione del Venezuela”, ha detto pochi minuti più tardi Tajani, nel suo press briefing all’ONU a seguito dell’incontro con il Segretario Generale, Antonio Guterres. Il Presidente ha poi dichiarato la necessità di tenere nuove, libere elezioni, “ma basta”, ha proseguito, “con le prese in giro di questo signore, che continua a dire una volta ‘Parlo con il Papa’, poi ‘Parlo con Trump'”. “C’è un popolo che soffre, milioni di venezuelani che hanno lasciato il proprio Paese”, tra cui anche milioni di persone “che hanno collegamenti forti con l’Europa. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo in Venezuela la terza nostra comunità nel mondo, quindi non possiamo non ascoltare questo grido di dolore”, ha puntualizzato. Parole forti, quelle di Tajani contro Maduro, che ha accusato di “fare i capricci” e di pensare solo a “tenersi la poltrona”.
Quanto alla soluzione militare prospettata dagli USA, Tajani ha sottolineato che “non ritengo sia una soluzione giusta, siamo contrari”. Ma il presidente del Parlamento Europeo ha riservato dichiarazioni severe anche per il Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte: “Abbiamo invitato tutti i Paesi europei a riconoscere Guaidò come Presidente ad interim” e “abbiamo chiesto a Conte di fare di più da parte dell’Italia”. Il mancato riconoscimento del rivale di Maduro da parte dell’Italia, in effetti, con un veto in sede di riunione informale dei ministri degli Esteri europei è costato all’Europa intera la possibilità di riconoscere, in una dichiarazione, il leader dell’Assemblea Nazionale alla presidenza del Venezuela. “Un grave errore”, afferma Tajani della decisione italiana “di non schierarsi dalla parte della stragrande maggioranza dei Paesi del mondo”. “Di fatto”, ha aggiunto, “portare a casa il ringraziamento di un efferato dittatore quale Maduro mi sembra un errore gravissimo per l’Italia, che ne danneggia l’immagine – e questo lo dico da italiano – anche al di là dei confini nazionali”. Una “tirata d’orecchie” in veste di rappresentante (italiano) del Parlamento Europeo, la cui posizione però, paradossalmente non è sovrapponibile a quella dell'”Europa”, visto che un suo membro influente come l’Italia, tra Maduro e Guaidò, ha voluto scegliere una “terza via”.