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UNCA Awards 2018, il discorso di Amal Clooney sulla libertà di stampa

L'avvocatessa per i diritti, moglie di George, è stata insignita di un prestigioso riconoscimento dalla United Nations Correspondents Association

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
UNCA Awards 2018, il discorso di Amal Clooney sulla libertà di stampa

Amal Clooney all'UNCA Awards 2018.

Time: 3 mins read

Ospite d’onore all’Annual United Nations Correspondents Associations (UNCA) Awards a New York, Amal Clooney ha tenuto un lungo discorso ai giornalisti sulla libertà di stampa nel mondo, valore, di questi tempi, sotto attacco in tutto il pianeta. Accompagnata dal marito George, dal suocero Nick e dalla suocera Nina Bruce Warren, Amal ha ricevuto un prestigioso riconoscimento per il suo attivismo in difesa dei diritti umani.

Nel suo discorso, la celebre avvocatessa ha voluto “onorare i giornalisti”, perché il giornalismo responsabile, ha detto, “richiede tempo e impegno per trovare fonti affidabili”, e per effettuare continui controlli sui fatti riportati. “Abbiamo bisogno più che mai di questo tipo di giornalisti”, in un tempo, ha affermato la signora Clooney, in cui siamo letteralmente sommersi da informazioni provenienti da piattaforme differenti, e in cui finiamo per essere paralizzati e incapaci di parlare delle principali crisi internazionali in quanto “non riusciamo a metterci d’accordo sui fatti essenziali”. “Come possiamo discutere dell’innalzamento del livello del mare”, ha chiesto Amal, quando qualcuno si ostina a negare il climate change? L’avvocatessa dei diritti umani ha fatto anche riferimento alla crescente propaganda che descrive i rifugiati e i migranti come pericoli per la società.

Amal ha riconosciuto che “voi membri della stampa siete sotto attacco come mai prima”. E ha ricordato i due reporter in queste ore incarcerati in Myanmar per aver raccontato, con parole e fotografie, l’esecuzioni di 10 uomini rohignya nello stato Rakhine. Un destino, questo, condiviso da tanti altri giornalisti in tante altre parti del mondo. Amal ha quindi raccontato le esperienze di alcuni dei suoi clienti, messi a tacere, processati e condannati dalle autorità, ma che alla fine, grazie al suo aiuto, ce l’hanno fatta. Come Mohammed Nasheed, giornalista diventato leader dell’opposizione nelle Maldive e poi il primo presidente democraticamente eletto nel Paese, e in seguito falsamente accusato di terrorismo, messo sotto processo e condannato a 13 anni. Una sentenza finalmente cancellata, di recente, dalla Corte Suprema. Altro esempio, quello di Mohamed Fahmy, giornalista egiziano di Al Jazeera, anche lui accusato di terrorismo e di fake news e condannato a 3 anni, ma ora finalmente libero di impegnarsi come avvocato per i diritti umani e di spendersi per il rilascio di altri giornalisti come lui perseguitati.

A settant’anni dalla Dichiarazione dei Diritti Umani, ha detto Amal, “possiamo solo concludere che siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi sanciti” in quel documento. Ma la moglie di Clooney, guardando alle storie delle persone coraggiose che ha difeso personalmente, si è detta ottimista. Uno degli esempi di maggior ispirazione, ha raccontato, è stato quello di Nadia Murad, donna yazida che non ha accettato di essere ridotta al silenzio dall’Isis, e che ha parlato pubblicamente delle torture subite. Portando in tutto il mondo, e alle stesse Nazioni Unite, un messaggio fondamentale: “L’Isis deve essere perseguito perché i sopravvissuti meritano giustizia”. Per questo, Nadia ha vinto quest’anno il Premio Nobel per la Pace. Dopo una lunga campagna, “Nadia e io ci siamo sedute nella camera del Consiglio di Sicurezza ONU, e abbiamo guardato finalmente alzarsi 15 mani, per l’adozione di una risoluzione che avrebbe mandato un team di investigatori ONU in Iraq”, ha sottolineato Amal. Che ha anche citato la causa da lei intentata contro la multinazionale francese Lafarge, considerata complice dell’Isis in crimini contro l’umanità.

Tra i ringraziamenti finali, quello al Segretario Generale, per il suo impegno personale in tante di queste cause, ma anche quello diretto al suocero, giornalista del Kentucky che, ha detto nella conclusione un po’ hollywoodiana del suo discorso, ha speso tutta la sua carriera “a lottare per coloro che avevano meno potere di lui, e a sfidare coloro che ne avevano di più”. Proprio alla sua storia, ha ricordato Amal, è ispirato “Good Night and Good Luck”, film del 2005 diretto dal marito George e vincitore dell’Oscar. Che, tra gli applausi della platea, si è mostrato particolarmente commosso, quando la bellissima moglie ha parlato dell’impegno della loro fondazione per la difesa della libertà di stampa – e di chi coraggiosamente la pratica – nel mondo.

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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