Era il 2014, quando l’ex inviato speciale ONU in Siria, il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi, rassegnò le sue dimissioni dopo il fallimento dei negoziati di Ginevra perché, disse, il suo lavoro rappresentava una “missione impossibile”. 4 anni e 4 mesi più tardi, inaspettatamente, arrivano anche le dimissioni del suo successore, Staffan De Mistura. Inaspettatamente, perché la complicata e sanguinosa crisi siriana era arrivata a una pagina finalmente positiva quando, qualche settimana fa, dopo i suoi accorati appelli, a Idlib era stata sventata la catastrofe grazie a un accordo tra Russia e Turchia. In quella situazione, il diplomatico italo-svedese si era mostrato cautamente ottimista sul futuro del martoriato Paese mediorientale, individuando nella crisi sventata un punto di svolta per “andare avanti rapidamente” con il processo politico, regolato dalla risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza.
In effetti, le dimissioni improvvise sono state motivate soltanto da “ragioni meramente personali”: “Non deporrò le mie mansioni fino alla fine dell’ultima ora dell’ultimo giorno del mio mandato”, ha assicurato durante il briefing tenuto in Consiglio di Sicurezza. E del Segretario Generale, Di Mistura ha dichiarato di aver profondamente apprezzato “il costante supporto e il saggio consiglio sulla questione”.
La promessa è che, fino a novembre, l’inviato continuerà a lavorare per i negoziati di pace sostenuti dalle Nazioni Unite, e in favore della roadmap che condurrà al processo costituzionale. De Mistura ha dichiarato che spera che i progressi si realizzino non solo a proposito di un nuovo assetto costituzionale per una Siria del dopoguerra, ma anche sul “Gruppo di lavoro sulla liberazione di detenuti e rapiti, la consegna dei corpi e l’identificazione delle persone scomparse” aggiungendo che “continuiamo a sollecitare i primi risultati tangibili. Molte, molte persone in Siria lo stanno aspettando”. Quanto al processo politico, cinque membri del Consiglio di Sicurezza – Francia, Olanda, Polonia, Svezia e Regno Unito, sostenuti dall’Italia –, hanno oggi nuovamente espresso “il nostro pieno supporto agli sforzi di Staffan De Mistura a stabilire urgentemente una commissione costituzionale credibile e legittima per promuovere gli sforzi delle Nazioni Unite nel raggiungere una soluzione politica sostenibile del conflitto in Siria, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza”.
Gli ostacoli sulla quella strada sono però ancora molti. Lo stesso De Mistura ha puntualizzato come le obiezioni da parte di Damasco stiano ritardando il lancio della commissione, visto che il governo di Bashar al Assad si è opposto alla delegazione composta da 50 membri delle Nazioni Unite, rappresentanti esperti della Siria, della società civile, leader tribali e donne.
Di certo, il suo addio complicherà il terreno già minato dei negoziati di pace per la Siria, e della roadmap politica sulla quale non sembra esserci ancora accordo tra i membri del Consiglio di Sicurezza. Questi ultimi, peraltro, dovranno trovare la quadra anche sul nome del successore di De Mistura, che sarà indicato dal Segretario Generale ma dovrà passare al vaglio del Consiglio: tra i papabili, secondo fonti delle Nazioni Unite citate dall’agenzia AFP, ci sarebbero il coordinatore per il processo di pace del Medio Oriente Nickolay Mladenov e l’inviato speciale e l’inviato speciale per l’Iraq Jan Kubic.
La decisione dell’inviato uscente rischia inoltre di dare discontinuità alla roadmap sostenuta dalle Nazioni Unite, dopo che i negoziati paralleli di Astana, promossi da Russia, Turchia e Iran, sembrano aver marginalizzato il processo guidato dall’ONU che proprio De Mistura stava conducendo da Ginevra.